Blixen, Karen - La signora venuta dal freddo

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una scrittrice di cui innamorarsi sia per i libri sia per la sua fantastica biografia. Consigliatissima e sempre all'altezza!

Karen Blixen, il cui vero nome era Karen Christence Dinesen, nasce il 17 aprile 1885 a Rungstedlund, in Danimarca. Figlia di un proprietario terriero dedito alla politica (poi morto suicida) visse per lungo tempo nella residenza di campagna che il padre prima acquistò e in seguito restaurò a sue spese. Oltre alla placida routine della campagna danese Karen conobbe, almeno per la prima parte della sua vita, gli agi, i pettegolezzi e le mollezze degli ambienti "upperclass" della vicina e moderna Copenaghen.
Nel 1913 si fidanza con il cugino svedese, il barone Bror von Blixen-Finecke, e insieme a lui decide di partire per l'Africa con l'idea di acquistarvi una fattoria. La vita "civile" non sembrava adatta al carattere ribelle e forse un po' romantico della futura scrittrice.
Nei salotti si annoia profondamente, quasi sentendo che la vita le sfugge fra le mani senza aver provato emozioni reali e autentiche. L'epilogo rosa di questa specie di fuga, anche se dai caratteri non propriamente tali (almeno agli occhi delle persone che circondano i due) è costituito dal matrimonio che li ufficializza come marito e moglie, celebrato a Mombasa nel 1914. Una volta uniti e in regola con la legge, di comune accordo si trasferiscono in una grande piantagione nei pressi di Nairobi.
Purtroppo l'iniziale idillio dopo qualche anno va in pezzi. Quella che sembrava una grande storia d'amore coronata da interessi e passioni comuni si rivela in realtà una prigione difficile da sopportare. Il 1921 è l'anno del doloroso divorzio. Bror lascia l'Africa mentre Karen continua a vivere nella piantagione di caffè, ormai sua ragione di vita, facendola crescere e dirigendola con intelligenza e tenacia per ben diciassette anni.
Ma anche questa laboriosa routine sarà destinata a terminare.
L'improvvisa crisi sopravviene nel 1931 quando crolla il mercato del caffè e Karen Blixen si trova costretta a chiudere l'attività della piantagione dopo alcuni anni di stentata sopravvivenza. A questo punto ragioni economiche più che sentimentali la costringono a lasciare l'Africa e a tornare alla casa di famiglia, dove si dedica con intensità alla scrittura.
Fra le molteplici storie che scrive una in particolare è destinata a rievocare i suoi anni africani. Questa sorta di diario intimo, considerato il suo capolavoro, altro non è che il celeberrimo "La mia Africa", titolo che vedrà la luce solo nel 1937.
La prima pubblicazione che però la vede affermarsi sul mercato è "Sette storie gotiche", edito in Inghilterra e in America nel 1934.
Malgrado la bruciante nostalgia per il Kenya, nostalgia che ha tutti i caratteri di un vero e proprio "mal d'Africa", la scrittrice passerà il resto dei suoi giorni in Danimarca, peraltro afflitta da una salute malferma e vacillante, forse attribuibile secondo alcune ricostruzioni ad una malattia venerea mal curata che avrebbe contratto dal marito durante il primo anno di matrimonio.
Gli ultimi anni dunque sono particolarmente tristi e delicati. Minata dall'inesorabile malattia che non le lascia un attimo di tregua, trascorre lunghi periodi in ospedale, talvolta impossibilitata addirittura a scrivere o ad assumere la posizione seduta. Per dare corpo alla sua creatività si affida alla segretaria, depositaria fedele e trascrittirce attenta delle sue flebili dettature.
La fine arriva il 7 settembre 1962 quando Karen Blixen ha da poco superato i settantasette anni.
Una particolarità di questa autrice è che lungo tutta la sua carriera ha amato celarsi dietro numerosi pseudonimi: da Isak Dinesen a Tania Blixen fino ad arrivare al mascheramento androgino con le pubblicazioni a nome di Pierre Andrazel. Questo strano e per certi versi incomprensibile atteggiamento attirò su di lei un gran numero di pettegolezzi, anche relativamente all'originalità dei suoi scritti. Resta il fatto che Hemingway, al momento della consegna del premio Nobel, insinuò che il suddetto premio avrebbe dovuto essere anche assegnato alla gran signora venuta dal Nord.
 
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dimenticata di inserire la bibliografia :shock:

La mia Africa
Capricci del destino
Il pranzo di Babette
Sette storie gotiche
Ultimi racconti
Dagherrotipi
I sognatori e altre storie gotiche
Carnevale e altri racconti postumi
Ehrengard
Ombre sull'erba
Racconti d'inverno
Il matrimonio moderno
I vendicatori angelici
 

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metto l'elenco delle opere con la data di pubblicazione, dove presente, tratta da wiki

 

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alcune immagini della scrittrice danese

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Le trasposizioni cinematografiche. Consiglio fortissimamente la lettura dei testi ma anche i film sono notevoli, Il pranzo di Babette poi è delizioso :)

  • Dal racconto La storia immortale, contenuto nella raccolta Capricci del destino, è stato tratto nel 1968 il film Storia immortale scritto e diretto da Orson Welles. Lo stesso racconto è stato anche oggetto di rappresentazioni teatrali.



(tratto da wiki)
 

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Ufficiale: il Nobel di Salvatore Quasimodo spettava a Karen Blixen



La Reale Accademia di Svezia ha svelato documenti che spiegano perché Karen Blixen non ha ricevuto il Nobel nel 1959: era scandinava.

La corsa al Nobel per la Letteratura del 1959 è stata una delle più combattute. Tra i candidati spiccavano nomi del calibro di Graham Greene, John Steinbeck e Salvatore Quasimodo. Ma i giurati non avevano dubbi, il premio doveva vincerlo lei, la danese Karen Blixen. Nata nel 1885 e vissuta per quasi vent’anni in Kenya, l’autrice è conosciuta soprattutto per il suo romanzo autobiografico La mia Africa, nel quale ha raccontato i diciassette anni passati nella sua piantagione di caffè, scattando una lucida fotografia degli ultimi decenni del dominio britannico in Africa.
Al momento di votare il candidato più adatto a ricevere il premio, quasi tutti i giurati erano decisi a conferire all’autrice danese il premio più prestigioso della letteratura mondiale. Ma prima di chiudere le votazioni, uno dei giurati, lo scrittore svedese Eyvind Johnson, prese parola per far un’obiezione: Karen Blixen era danese, dunque scandinava, e già troppi scandinavi avevano vinto il Premio Nobel, c’era il rischio di essere accusati di favoritismo. Stando a quanto scritto nei documenti rilasciati dalla Reale Accademia di Svezia, e pubblicati dal giornale danese Politiken, l’obiezione colpì tutti i giurati, che in ultima battuta preferirono conferire il premio al nostro Salvatore Quasimodo.
Ma questa storia ha un finale ancora più amaro. Perché quindici anni più tardi, a vincere il Nobel per la Letteratura fu proprio quell’Eyvind Johnson che tanto si animò contro i favoritismi verso gli scandinavi. Andando così ad allargare le fila degli scandinavi premiati dall’Accademia.

link http://blog.panorama.it/libri/2010/...-salvatore-quasimodo-spettava-a-karen-blixen/
 

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In Danimarca con Karen Blixen

Chi volesse conoscere la scrittrice attraverso i luoghi dove ha vissuto e nello stesso tempo volesse conoscere la Danimarca, esistono degli itinerari studiati apposta e anche un museo a lei dedicato (http://www.dinesen.dk/).

Interessante poi l'iniziativa di riproporre le portate ispirate al suo stupendo racconto Il pranzo di Babette.

Menù
Brodo di tartaruga
Blinis Dermidoff
Cailles in sarcofage
Insalata mista
Formaggi misti
Savarin
Frutta mista
Caffè con tartufi al rum
Friandises : pinolate, frollini, amaretti
Vini
Amontillado bianco ambra
Champagne Vouve Cliquot


In questo sito si possono trovare tutte le indicazioni per le visite

http://www.visitdenmark.com/italien/it-it/menu/turist/inspiration/detkulturelledanmark/dk-blixen.htm
 

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dalla quarta di copertina della raccolta di racconti Sette storie gotiche

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Con questo volume diamo inizio alla pubblicazione delle opere di Karen Blixen, una delle più grandi scrittrici del secolo, che oggi viene riscoperta con passione negli Stati Uniti, in Francia, in Germania. La Blixen, nota anche sotto il nome d'arte di Isak Dinesen, era un'aristocratica danese: negli anni venti amministrò la sua vasta piantagione di caffè nel Kenya, e su quel periodo scrisse un celebre libro di memorie: La mia Africa. Ma la parte più importante della sua opera è quella narrativa che doveva rivelarsi nel 1934 con le Sette storie gotiche. In questo libro la Blixen, esordiente a quasi cinquant'anni, dispiega in un sontuoso ventaglio una visione giunta alla maturità perfetta. Le sue 'storie gotiche' sono racconti lunghi, che spesso si svolgono in un tempo sospeso tra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento, l'età aurea del Fantastico e del Nero, mentre i luoghi variano tra le spettrali marine del Nord e un'Italia carica di malie. E ovunque vi vediamo intrecciarsi le figure dell'Amore e della Morte, dell'Avventura, della Magia, delle Maschere, del Mito, della Passione, degli Enigmi. Ognuno ci offre, con l'arte che si dice abbiano i marinai nel raccontare le storie, ricami sottilissimi di destini, vicende che si inscatolano in altre vicende, che scoprono molteplici fondi, che toccano quell'irriducibile ambiguità che è della vita. Slmilmente a Hofmannsthai, la Blixen vede il narratore come un imprendibile califfo Harun al-Rashid che si abbandona a tutti i travestimenti per inseguire gli infiniti travestimenti del mondo, il continuo camuffarsi di una divinità che ama la beffa, il paradosso, le corrispondenze, le occulte simmetrie. In una lingua dalla ricca architettura, dove ogni parola sprigiona nella frase tutta la sua intensità latente, la Blixen tocca il sordido e il sublime con assoluta equanimità: il vascello fantasma della sua prosa vaga senza tregua nelle regioni più familiari e nelle più inaccessibili e le sue storie sembrano doversi tutte concatenare ( come di fatto la Blixen progettava ) in una sequenza vertiginosa dove tutto rimanda a tutto, tutto risuona con tutto.
 
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il romanzo più famoso della Blixen
(da www.feltrinellieditore.it)


La mia Africa

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Vissuta fino al '31 in una fattoria dentro una piantagione di caffè sugli altipiani del Ngong, Karen Blixen ha descritto con una limpidezza senza pari il suo rapporto d'amore con un continente. Sovranamente digiuna di politica, ci ha dato il ritratto forse più bello dell'Africa, della sua natura, dei suoi colori, dei suoi abitanti. I Kikuyu che nulla più può stupire, i fieri e appassionati Somali del deserto, i Masai che guardano, dalla loro riserva di prigionieri in cui sono condannati a estinguersi, l'avanzata di una civiltà "che nel profondo del loro cuore odiano più di qualsiasi cosa al mondo". Uomini, alberi, animali si compongono nelle pagine della Blixen in arabeschi non evasivi, in una fitta trama di descrizioni e sensazioni che, oltre il loro valore documentario, rimandano alla saggezza favolosa di questa grande scrittrice, influenzando in modo determinante i contenuti della sua arte : "I bianchi cercano in tutti i modi di proteggersi dall'ignoto e dagli assalti del fato; l'indigeno, invece, considera il destino un amico, perché è nelle sue mani da sempre; per lui, in un certo senso, è la sua casa, l'oscurità familiare della capanna, il solco profondo delle sue radici".
 
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Incipit del romanzo La mia Africa



“In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong.
A un centocinquanta chilometri più a nord
su quegli altipiani passava l’equatore;
eravamo a milleottocento metri sul livello del mare.
Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole,
ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi,
e di notte faceva freddo.
La posizione geografica e l’altezza contribuivano
a creare un paesaggio unico al mondo.
Nulla che fosse grasso e lussureggiante:
era un’Africa distillata lungo tutti i suoi milleottocento metri
di altitudine, quasi l’essenza forte e raffinata di un continente.”
 

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Ehrengard

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Pubblicato postumo nel 1963, Ehrengard è stato giudicato «la conclusione trionfale» dell'opera della Blixen – e di fatto si potrebbe facilmente includere in un'ideale lista dei racconti perfetti di ogni tempo. Riprendendo gesti e scenari del suo primo libro, le Sette storie gotiche, ma immettendoli in un gioco se possibile ancora più affilato, in una occulta matematica delle immagini, la Blixen ci racconta qui la storia della splendida vergine guerriera Ehrengard e del demoniaco pittore Cazotte, che vuole sedurla – ma senza neppure sfiorarla, facendola solo arrossire di complicità (così vuole la sua suprema perversione di artista) –, mentre intorno a loro e attraverso di loro si intreccia una contorta trama dinastica, in un felice, piccolo regno da operetta. Il tema kierkegaardiano della seduzione e dell'estetico si mescola a quello mitologico del «bagno di Diana». Ma la Blixen, sempre ironica e metafisica, ci offre qui una variazione che rovescia tutti i termini come un guanto, svelandoci la seduzione del seduttore e l'inganno di cui è vittima eterna l'ingannatore – e alla fine lasciandoci con una sorpresa abbagliante, quale solo potrebbe mostrarci un grande prestigiatore prima che il sipario lo nasconda. In quella sorpresa è il segreto del libro: un imprevisto rossore, un Alpenglühen, che è quell'insolito irradiarsi di luce sulle cime delle montagne dopo il tramonto: «Dopo di che spariscono, e non si può immaginare nulla di più drammatico: hanno tradito la loro più intima essenza e ormai non possono che annientarsi». Scritto in una prodigiosa estate di San Martino dalla Blixen vecchia e malata, sulla soglia della morte, questo racconto può essere visto come l'Alpenglühen della sua opera.

(da ibs)
 

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Capricci del destino

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Capricci del destino, l'ultimo libro pubblicato in vita da Karen Blixen, contiene cinque fra i suoi racconti più significativi. Queste storie ambientate in luoghi diversi (dalla Persia alla Norvegia, alla Cina, alla Danimarca) e tuttavia parallele in quanto costituiscono delle variazioni sul tema del contrasto tra mondo immaginario e mondo reale, tra le umane fantasie e le convenzioni dell'agire quotidiano, appartengono a quella particolarissima sfera in cui l'arte diventa più vera della realtà stessa. Tra gli straordinari personaggi dei racconti, ricordiamo la figura femminile al centro di Il pranzo di Babette, la cuoca comunarda che, al crollo dei suoi ideali rivoluzionari, è costretta a sacrificare tutto e a vivere esule (lei, "grande artista") a contatto con un mondo grigio e frugale. Ma il potere visionario di Babette trionfa, paradossalmente e orgogliosamente, sulle miserie della quotidianità.

(da Feltrinelli)
 

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Il matrimonio moderno

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Giunta a un punto critico della sua vita, tra l'infelicità del suo matrimonio e la passione per Denys Finch Hatton che la chiudeva in un cerchio magico, Karen Blixen si lanciò in questa divagazione sul «matrimonio moderno» (1924), dedicata al fratello Thomas. Il tema viene preso da lontano, come da un giovane falco che si avvicini alla preda con ampie volute. E a tratti leggiamo queste pagine come un brillante componimento di una fanciulla piena d'ingegno. Ma, prima per brevi avvertimenti, poi con irruenza, l'animus che spingeva allora la Blixen finisce per svelarsi: ed è un animus di violenza e sarcasmo. Raramente il «matrimonio moderno», quello che non può più appellarsi all'imperativo di una stirpe e ormai copre come una «foglia di fico» i rapporti amorosi, tentando di soffocarli fra l'ipocrisia e il «cannibalismo spirituale», raramente questa intuizione è stata attaccata con pari sprezzo, e con una penetrazione così crudele nei suoi tristi segreti. Sepolto per decenni fra le carte del fratello, questo pamphlet venne pubblicato per la prima volta nel 1977. Oggi lo leggiamo non soltanto ammirati per la sua verve devastatrice, ma anche curiosi per quanto indirettamente ci rivela sui sentimenti della Blixen in un momento teso e drammatico, incline alle posizioni estreme. E, dietro al pathos trattenuto di queste pagine, riconosciamo l'immaginazione nordica della Blixen, che le faceva sognare una scena del crepuscolo degli dèi, quando «gli Asi troveranno, tra l'erba della pianura di Ida, i dadi d'oro con cui avevano giocato all'alba dei tempi». Per loro, come per la Blixen, l'immagine della «felicità piena» stava nell'atto del giocare. La furia contro il matrimonio celava il tentativo disperato di ritrovare, per l'uomo e per la donna, i «dadi d'oro» della passione.

(da IBS)
 

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Racconti d'inverno

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Karen Blixen finì di scrivere questi "Racconti d'inverno" nel 1942, quando due suoi libri - le "Sette storie gotiche" e "La mia Africa" - erano già stati accolti trionfalmente nel mondo. La Danimarca era allora sotto l'occupazione tedesca, così la Blixen dovette portare il manoscritto all'ambasciata inglese a Stoccolma, perché lo spedissero negli Stati Uniti. Come garante diede il nome di Churchill. Seppe del loro grande successo solo verso la fine della guerra, quando cominciò a ricevere molte lettere di soldati americani, che avevano letto il libro nell'edizione per l'esercito. Da allora, sempre più numerosi sono i lettori che hanno visto reincarnarsi in lei quel "piccolo personaggio profondo e pericoloso, ben solido, vigile e spietato" che è "il novelliere di tutti i tempi". Al pari di un suo personaggio, la Blixen "narrava le sue storie, anche le più strane, come se le avesse viste accadere coi suoi occhi, e non è affatto escluso che così fosse". E guardava alla sua opera, da tessitrice inarrestabile, come a una sterminata sequenza di racconti intrecciati. Così questi "Racconti d'inverno" rimandano punto per punto alle "Sette storie gotiche" e insieme alle narrazioni successive. Ma allo smalto del primo libro, a quella "luminescenza sulfurea" che vi avrebbe notato un'altra grande scrittrice, Carson McCullers, fa seguito qui una nebbia sognante, un perdersi degli orizzonti, uno slancio migratorio fra i boschi, i ghiacci e acque. Su questi sfondi, vibranti di malinconia, si distaccano le variegate figure chiamate volta a volta a giocare quel Gioco degli Opposti che è la perenne ossessione della Blixen. I destini dei suoi personaggi si rovesciano continuamente come guanti, ma non potremo mai dire quale ne è il rovescio e quale il diritto. Desiderio e realtà, schiavo e padrone, uomo e donna, scrittore e lettore, fedeltà e tradimento, onore e vergogna si alternano e mutano senza tregua di abito, come le due silenziose sorelle di uno di questi racconti.

(da bol.it)
 

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Dagherrotipi

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Karen Blixen, che diceva di se stessa «io sono una cantastorie e nient'altro che una cantastorie», era anche una trascinante conversatrice: ne sono prova questi saggi – o piuttosto divagazioni – spesso scritti per essere letti davanti a una platea, visibile o invisibile, nel corso di conferenze e trasmissioni radiofoniche. Passiamo dall'Africa alla Berlino nazista, descritta in un memorabile reportage (prima e unica esperienza giornalistica della Blixen, interrotta dall'invasione tedesca della Danimarca), o dall'ornitologia ai motti, tema, quest'ultimo, ricchissimo per un essere così naturalmente fedele a una visione aristocratica del mondo. E ogni volta è come se la Blixen estraesse da un cassetto, adagio e con delicatezza, un dagherrotipo e, prendendo spunto da quell'immagine che pochi saprebbero far parlare, ci trasmettesse qualcosa di prezioso appreso un giorno – qualcosa che ora, come un vecchio marinaio, vuole far giungere a noi.I dieci saggi che qui presentiamo coprono un arco cronologico che va dal 1938 al 1959. (ibs.it)
 

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I vendicatori angelici

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Questo romanzo, l'unico della Blixen, deve la sua origine alla guerra. La Danimarca era stata invasa dai nazisti e viveva in un'atmosfera di soffocante oppressione. Non vi era, per la scrittrice, nessun pericolo, ma questo rendeva ancora più umiliante il suo stato. Così la Blixen si sentì spinta a scrivere I vendicatori angelici: una metafisica del pericolo sotto forma di romanzo. Con suprema eleganza, si mise in maschera (assumendo lo pseudonimo Pierre Andrézel) per scrivere un romanzo di maschere. Come certi grandi compositori hanno depositato i loro ultimi segreti in studi per sciogliere la mano, volle nascondere l'essenza del Male in una tessitura ariosa e leggera di feuilleton pieno di colpi di scena. E, ben sapendo quanto lenti a capire questi camuffamenti siano in genere i lettori, volle porre in margine al libro, come avvertimento, alcune parole che nel romanzo stesso sono pronunciate da una delle sue incantevoli eroine: «Voi persone serie non dovete essere troppo severe verso gli esseri umani su come scelgono di divertirsi quando sono rinchiusi in una prigione e nemmeno è loro concesso di dire che sono prigionieri. Se non avrò presto un po' di divertimento, morirò».Oggi, a distanza di quarant'anni dall'apparizione del libro (1944), possiamo renderci conto che questo inquietante divertimento è una delle opere più azzardate della Blixen e, nella sua ingannevole facilità, una delle più cifrate. La «prigione» a cui accennano quelle parole, ben più che la Danimarca occupata, è il mondo stesso. E quel divertimento la cui assenza provoca la morte è innanzitutto la letteratura nella accezione temeraria che sola era cara alla Blixen. Sarebbe ingiusto per l'autrice e per i lettori anticipare qui la trama di un libro che riesce a tenere avvinti nella notte come pochi altri, scritti da autori nobili. Ma basterà accennare qual è uno dei suoi più rari meriti: aver creato un'immagine convincente, chimicamente pura e romanzescamente vividissima, del Bene e del Male.
(adelphi.it)
 

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Ultimi racconti

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«Le storie si raccontano da quando esiste la parola, e priva di storie la razza umana sarebbe perita, come sarebbe perita priva d’acqua» dice un personaggio di questi Ultimi racconti, frase che possiamo leggere come un codicillo testamentario. Tutta l’opera della Blixen presuppone infatti che il narrare storie corrisponda a una nostra esigenza primordiale, a un desiderio che va costantemente nutrito, se non vogliamo che la vita stessa si inaridisca. Ed è un desiderio demoniaco, l’invito a un «gioco spietato e crudele». Quanto alle domande sulle cose ultime, per la Blixen non era opportuno, né adeguato, rispondervi con un qualche concetto o sentenza, ma con una storia. E nessuna vera storia pretenderà mai di essere in sé la risposta, ma rimanderà sempre a un’altra storia: fondamento della vocazione della letteratura a non avere mai fine. Su questo presupposto Karen Blixen concepì un «romanzo» che doveva essere composto di cento racconti intrecciati e sarebbe stato la corona della sua opera. Non giunse a compierlo, ma la prima, mirabile parte di questi Ultimi racconti – pagine in cui la Blixen si è avvicinata come mai prima a pronunciare il segreto della sua arte – contiene sette storie che sarebbero dovute appartenere a quel libro dallo strano titolo: Albondocani, nome di un principe italiano derivato da quello di un sultano delle Mille e una notte, personaggio che sarebbe apparso e scomparso più volte nel corso del libro. Se il grande progetto della Blixen non giunse a compiersi (e avrebbe mai potuto?), tutta la sua opera compiuta va però vista nella sua luce: come un’architettura aerea e sapientemente ponderata, dove alcune parti sono rimaste da costruire, ma altre sono cesellate in ogni dettaglio. Così anche gli altri racconti che compongono questo libro, pubblicato nel 1957, cinque anni prima della morte dell’autrice, si riallacciano alle «storie gotiche» e ai «racconti d’inverno», quali nuovi anelli di un’unica catena, quali nuovi intarsi di una cornice che avrebbe avuto al centro una piccola pezza di lino immacolato, quel silenzio che sta al di là di tutte le storie e tutte le vere storie evocano. (dal risvolto, Adelphi)
 

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Il pranzo di Babette

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Il romanzo è ambientato in una cittadina della Norvegia. Narra di due anziane sorelle, figlie di un pastore luterano fondatore di una setta che "rinuncia ai piaceri di questo mondo" perché fonti soltanto di illusione. In questo ambiente parco irrompe Babette, comunarda in fuga dalla Francia rivoluzionaria che viene assunta come cuoca dalle due sorelle. Babette non solo si inserisce rapidamente nella piccola comunità, ma diviene ben presto indispensabile. La sua presenza rappresenta l'elemento esotico in un'atmosfera fredda e austera, mentre la sua arte culinaria emana una sorta di fascinazione magica, che risveglia negli uomini antiche passioni sopite.

si trova nell'edizione trilingue dell'Einaudi con il titolo: Babette's feast-Babette's gaestebud-Il pranzo di Babette

da Ibs
 

stella66

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ciao

Me lo hanno consigliato in molti, e anche qui vedo che ne parlate bene
mi sa che sarà il prossimo acquisto...:)
 
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