Croce, Giulio Cesare - Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

elisa

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Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno Titolo di tre popolarissimi racconti (i primi due scritti da Giulio Cesare Croce e l'ultimo da Adriano Banchieri, pubblicati per la prima volta in un'unica raccolta nel 1620), che riprendono e rielaborano novelle antiche, in particolare la medievale Disputa di Salomone con Marcolfo. Nel Bertoldo si narra dell'immaginaria corte di re Alboino a Verona e delle furberie di Bertoldo, contadino rozzo di modi ma di mente acuta, che finisce per diventare consigliere del re. Bertoldo è affiancato nelle sue imprese dalla scaltra moglie Marcolfa e dal figlio sciocco Bertoldino. Nel racconto di Banchieri il protagonista è invece lo stolto Cacasenno, figlio di Bertoldino, il quale crescendo ha messo un po' di giudizio.
Principio narrativo comune ai racconti di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno è la contrapposizione tra la vita semplice dei contadini e quella artificiosa e vana dei cortigiani. 'Bertoldo' è passato poi a indicare, per antonomasia, il contadino rozzo ma saggio e dotato di senso pratico.

Io l'ho letto e credetemi, anche se scritto in un italiano un po antico è veramente divertente.
 

bludemon

New member
eh eh segnato sulla lista... anke se forse andrà in corsia preferenziale.. :)
 
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Shoofly

Señora Memebr
Imperdibile! A questa introduzione di Piero Camporesi non saprei davvero cosa altro aggiungere:


<< Bertoldo è il saggio, Bertoldino il matto.
La sapientia può generare l' insipientia perché entrambe escono dalla stessa matrice, la buffoneria.
Tipi come Marcolfo, Till Eulenspiegel, Bertoldo e la sua propaggine bertoldinesca ripropongono il sacrum del riso, il mistero della vita «umile» che nasce dagli escrementi, dalla fermentazione di terra e di feci.
L'azione profilattico-apotropaica riconosciuta al linguaggio e al gesto osceno in tutte le culture, il valore deterrente del parlar «grasso» e l'inscindibile rapporto riso-oscenità - una specie di «corto circuito solutorio, che si verifica nell'opposizione fra emergenza di un nucleo emozionale "serio" (ansia da crisi) e un evento "banale" o "triviale" (oscenità)» - ci autorizzano a considerare i buffoni gli interpreti più accreditati del rituale del riso.

«In greco gheloia e in latino ridicula sono le oscenità verbali del mimo buffonesco, le quali determinano il riso... Gheloia erano anche gli amuleti sessuali».

Potenza fecondante, il riso entra come componente basilare nella commedia greca perché «attraverso il principio della magia simpatica, un'energia genetica potrebbe determinare una congiunzione ierogamica fra cielo e terra, e una fertilità simile, anche più ricca, potrebbe essere assicurata alla prossima stagione». Uscita dai boschi e dai villaggi, inventata dai contadini per le loro feste agrarie (sacra), la commedia buffonesca «a pagis dicta est... ubi rustici gestientes, humanos actus laetissimis carminibus irridebant» (Cassiodoro, Variae IV 51).

Fenomeno fisiologico e non soltanto psicologico, il riso scaturisce da sorpresa e sensazione dell'inatteso, da travestimento, da gesti e mimiche grottesche, da motti di spirito, da beffa, da astuzia, da atto sconveniente di altri.

Antropologia e psicologia ci prestano gli strumenti più adatti per una lettura nuova sia del Bertoldo che del Bertoldino, due opere situate nel territorio della «belle matière fecale» - come scriveva un maestro del riso «grasso» e liberatorio, Rabelais - che devono essere esaminate soprattutto in chiave comico-fisiologica.
Infatti, qui de terra est, de terra loquitur, e il buffone che conosce d'istinto le sorgenti del riso, sguazza nella trivialità e nello scatologico come un bambino non ancora diventato adulto: partendo dal basso, dalle feci e dall'urina, coinvolge nella risata potenti e gentiluomini.

Così Dolcibene, il Gonnella, Stecchi, Martellino, il Mattello, lo Scocola, così tutti gli innumerevoli milites de curia, i quali conoscevano il segreto elementare di far ridere, la chiave fisiologica adatta a disserrare la bocca e la borsa dei detentori del potere, sommovendo i visceri e scompaginando l'equilibrio degli umori (...).>>
 

Shoofly

Señora Memebr
Incipit

LE SOTTILISSIME ASTUZIE DI BERTOLDO


Qui non ti narrerò (benigno lettore) il giudicio di Paris, non il ratto di Elena, non l'incendio di Troia, non il passaggio d'Enea in Italia, non i longhi errori di Ulisse, non le magiche operazioni di Circe, non la distruzzione di Cartagine, non l'esercito di Serse, non le prove di Alessandro, non la fortezza di Pirro, non i trionfi di Mario, non le laute mense di Lucullo, non i magni fatti di Scipione, non le vittorie di Cesare, non la fortuna di Ottaviano, poiché di simil fatti le istorie ne danno a chi legge piena contezza; ma bene t'appresento innanzi un villano brutto e mostruoso sì, ma accorto e astuto, e di sottilissimo ingegno; a tale, che paragonando la bruttezza del corpo con la bellezza dell'animo, si può dire ch'ei sia proprio un sacco di grossa tela, fodrato di dentro di seta e oro.
Quivi udirai astuzie, motti, sentenze, arguzie, proverbi e stratageme sottilissime e ingegnose da far trasecolare non che stupire.
Leggi dunque, che di ciò trarrai grato e dolce trattenimento, essendo l'opera piacevole e di molta dilettazione.


:mrgreen:
 
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