Cambosu, Gianfranco - Pentamerone Barbaricino

franceska

CON LA "C"
In un Paesino della Barbagia si tenta il “colpo della vita”, ma qualcosa va storto… un fuoco incrociato, un fiume di sangue, e dentro la banca si ritrovano in quattro: i rapinatori Tinteri e Cadena, un imbelle impiegato e una distinta dottoressa. Passano le ore e, mentre il mondo esterno si dimostra sempre più indifferente al fatto, nei cinque giorni di “assedio” i protagonisti si confessano: i “banditi” narrano di pastorizia, faide e sangue, la donna di mistero e satanismi. Il finale a sorpresa svelerà l’arcano di questo “romanzo Criminale” originale, avvincente e amaro.
Un libro molto bello in cui si respira l’amarezza della Sardegna, quella staccata dai lidi turistici. La Sardegna segnata dalle faide di paese, dove non esiste legge sull’abigeato se non quella diretta di chi lo ha subito. Una legge che indurisce il cuore. E anche se la coscienza di un padre è capace di offrire la propria vita per un figlio, è la stessa legge per la quale una madre, in silenzio, cova rancore sotto uno scialle nero. Nero di un lutto interminabile. Donne incapaci di profondere amore, lo stesso amore mai ricevuto e che rende deboli e avviliti i figli rimasti. Figli sfiduciati che si aggrappano al nulla. Capaci di farsi forti con l’arroganza di una pistola e potenti con la prepotenza di un coltello. Ragazzi allo sbando nelle loro fragili insicurezze. E’ un libro che fa riflettere sugli errori della vendetta, un libro senza amore nel quale non si comprende bene dove realmente abbia inizio il romanzo e dove termini la realtà.di un popolo in cui rivivono le cronache di un tempo.
Mi ha davvero colpito, ho apprezzato meno le scene che si susseguono all’esterno della banca durante l’assedio e anche la storia dell’affresco, così come il finale un po’ assurdo e inaspettato o forse non l’ho capito (diamo per buona la seconda). La storia raccontata da Eleonora, l’ho trovata libera dal contesto e a mio parere talmente bella e scritta così bene che meritava un libro a parte. Complimenti a Gianfranco Cambosu, un autore al quale toglierei subito l’aggettivo “emergente” ma padrone di una scrittura scorrevole, in un racconto che può apparire a tratti tortuoso, ma sicuramente un libro da leggere.
 
In un Paesino della Barbagia si tenta il “colpo della vita”, ma qualcosa va storto… un fuoco incrociato, un fiume di sangue, e dentro la banca si ritrovano in quattro: i rapinatori Tinteri e Cadena, un imbelle impiegato e una distinta dottoressa. Passano le ore e, mentre il mondo esterno si dimostra sempre più indifferente al fatto, nei cinque giorni di “assedio” i protagonisti si confessano: i “banditi” narrano di pastorizia, faide e sangue, la donna di mistero e satanismi. Il finale a sorpresa svelerà l’arcano di questo “romanzo Criminale” originale, avvincente e amaro.
Un libro molto bello in cui si respira l’amarezza della Sardegna, quella staccata dai lidi turistici. La Sardegna segnata dalle faide di paese, dove non esiste legge sull’abigeato se non quella diretta di chi lo ha subito. Una legge che indurisce il cuore. E anche se la coscienza di un padre è capace di offrire la propria vita per un figlio, è la stessa legge per la quale una madre, in silenzio, cova rancore sotto uno scialle nero. Nero di un lutto interminabile. Donne incapaci di profondere amore, lo stesso amore mai ricevuto e che rende deboli e avviliti i figli rimasti. Figli sfiduciati che si aggrappano al nulla. Capaci di farsi forti con l’arroganza di una pistola e potenti con la prepotenza di un coltello. Ragazzi allo sbando nelle loro fragili insicurezze. E’ un libro che fa riflettere sugli errori della vendetta, un libro senza amore nel quale non si comprende bene dove realmente abbia inizio il romanzo e dove termini la realtà.di un popolo in cui rivivono le cronache di un tempo.
Mi ha davvero colpito, ho apprezzato meno le scene che si susseguono all’esterno della banca durante l’assedio e anche la storia dell’affresco, così come il finale un po’ assurdo e inaspettato o forse non l’ho capito (diamo per buona la seconda). La storia raccontata da Eleonora, l’ho trovata libera dal contesto e a mio parere talmente bella e scritta così bene che meritava un libro a parte. Complimenti a Gianfranco Cambosu, un autore al quale toglierei subito l’aggettivo “emergente” ma padrone di una scrittura scorrevole, in un racconto che può apparire a tratti tortuoso, ma sicuramente un libro da leggere.

Ciao Francesca, sono imbarazzato e commosso per questa recensione. Credo che tu abbia colto molto bene gli aspetti salienti della vicenda. Riguardo al finale, in effetti già altre persone mi hanno fatto notare che è poco convincente, quindi non credo che sia un problema legato alla tua interpretazione.

Un grazie formato gigante e un abbraccio

Gianfranco
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Un libro originalissimo, frutto di una fantasia decisamente notevole, a partire dall'idea di base fino al finale grottesco (come in effetti tutto il resto) e un bel po' surreale, che a me è piaciuto molto forse anche proprio in quanto assolutamente inimmaginabile, oltre al fatto che come per magia in un attimo tutto (o quasi :??) appare chiaro e anche elementi apparentemente indipendenti l'uno dall'altro si incastrano fra di loro come tasselli di un puzzle che combaciano perfettamente. Tutto, anche il fatto o il personaggio che pareva meno significativo, trova un suo posto, una sua ragione di esistere all'interno della storia.
Forse il vero protagonista di questo romanzo è il sangue in tutte le sue manifestazioni: il sangue come tragico vincolo familiare, il sangue "fisico" delle vittime, quasi palpabile. Il sangue come elemento decisivo nella parte finale. E il sangue che scorre amarognolo anche dove sembra più dolce. E dove è più dolce, è più dolce perchè il nutrimento è stato migliore.
Nessun confine tra bene e male, niente buoni e cattivi, solo persone a cui è toccato in sorte un destino duro al quale non vi è modo di sfuggire, non meno duro dove il sangue è apparentemente più dolce, come nel caso di Eleonora, la cui storia è particolarmente toccante. Persone nelle quali il libro ci costringe a immedesimarci, dimenticando per un attimo ogni moralismo.
Condivido in buona parte la bella riflessione di Franceska, soprattutto quando dice che è un libro "senza amore".
Un noir pervaso da un'amarezza di fondo, sebbene non manchi una leggera ironia e diverse volte mi abbia fatto sorridere. Il modo di scrivere dell'autore, semplice e incisivo, riesce a rendere credibili i dialoghi fra "illetterati" e sembra alleggerire la cruda e drammatica realtà narrata, per poi colpire forte e a sorpresa in determinati punti, come il passo che ho riportato.
Decisamente promosso e consigliato :D
Non ho capito una cosa, non so se qualcuno possa chiarirmela:
SPOILER Gli impiegati della banca erano anche loro tutti d'accordo? La morte del primo impiegato è stata un incidente? Mi sfugge qualcosa ma sicuramente sono io a non essere ben connessa
 
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