La città dei morti

Vladimir

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Non chiamatelo cimitero per favore, non è solo quello. Staglieno è l'enciclopedia di una parte importante della storia europea. Nato in seguito all'editto di Saint-Cloude promulgato dal Napoleone nel 1804 (imponeva di sepellire i morti fuori città), fu iniziato nel 1835 e aperto nel 1851. Chi non lo visita non può capire le impressioni di fuoco con cui segna l'anima. In esso v'è tutto: il dolore di chi resta, la serenità di chi va, la speranza e infine la vittoria della vita eterna. Non aspettatevi un accolta di statuacce stregate che occhieggiano malefiche da sepolcri ormai coperti dalla bruma del tempo e delle intemperie; non è neanche un plesso di straduccie malinconiche e desolate; e non un contrada dimenticata e assopita dagli occhi spenti; è, al contrario, la città, incredibilemte viva, di coloro che non sono più, costruita e custodita interamente dau suoi abitanti. Contemplazione, solennità, eleganza, eroismo, terrore, serenità, si fondono nell'animo del pellegrino che, armato del rispetto che si deve ai nativi, si aggira fra le sontuose dimore della città eterna. Non bisogna temere malevolenza, superbia o perfidia, anzi, ogni porta è aperta e lo straniero è accolto gentilmente: famiglie di segretari celesti, di notabili angelici, di capitani coraggiosi, di scaltri commercianti, di diavoli, di piagnolose madonne, fanno a gare per raccontare allo straniero, in un allegro chiacchiericcio comaresco, la storia di quegli uomini e quelle donne che camminarono su questa terra.
In certi giorni che il calendario non segna, a certe ore che l'oroglogio non conosce, tutti i personaggi abbandonano la marmoreità dando vita a un matto spettaccolo di festa e banchetti, di dadi e osteria, di musici e ballerini, di amori facili e discorsi virili. A mezzanotte, quando l'orogologio ricomincia a battere il suo corso, le luminarie si spengono, la baldoria si arresta e l'enorme statua delle Fede che troneggia di fronte al Pantheon, si accerta che ognuno sia diligentemete rientrato alla sua casa.
Un'iscrizione su una lapide recita: al fine, qui, tutti inesorabilmente convengono. È la quint'essenza della città staglienina: la morte è solo una via, tutti dobbiamo prenderla.

Un po' di foto

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(Tomba di Mazzini)


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(De André)

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http://ww1.zenazone.it/archives/images/structures/e685c280123017b41afc9c8d19c655ba51.jpg (La Fede)



http://viatraveldesign.com/journal/archives/Staglieno_PorticatoSuperiore_Esterni_10web.JPG



http://farm4.static.flickr.com/3046/2762501091_4c44a6207f.jpg?v=0

(Tomba Gilberto Govi)
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
una città alquanto viva, a giudicare da alcune foto :)
 

franceska

CON LA "C"
Infatti non è solo un Cimitero ma è il Cimintero Monumentale. Grazie Vladimir le foto sono bellissime anche se non riescono a dare l'idea di ciò che sia veramente Staglieno. Io da piccola quando andavo a fare visita ai morti restavo incantata dalla bellezza di alcuni monumenti che vi sono all'interno e anche se può apparire strano per me era bellissimo andarci.
 
Posso parlarvi di un cimitero di Zagabria...? Si tratta di uno dei più belli cimiteri del Est Europa, anzi, qualcuno lo ha nominato come il più bello cimitero del intera Europa... Non voglio puntualizzare sul atributo, ma lo lascio giudicare a voi...

IL CIMITERO MONUMENTALE DI ZAGABRIA

ARTE E MEMORIA A MIROGOJ


Il cimitero monumentale di Zagabria si chiama Mirogoj, un nome che significa "luogo dove si coltiva la pace". Centoventisei anni fa, nel 1876, quando questo cimitero accolse i suoi primi abitanti - che fino ad oggi sono quasi trecento mila - il nome Mirogoj si trasmise dal luogo di villeggiatura dei vivi al luogo di riposo dei morti. La città acquistò allora l'antico podere di Ljudevit Gaj, che nella prima metà dell'Ottocento era stato il capo del movimento nazionale croato. Ed il nome di Mirogoj si è adattato perfettamente a questa trasposizione, mostrando così che anche il cimitero è il contenuto vivo della città, che anche la morte è un capitolo della vita.




La città che costruiva questo complesso monumentale, aveva allora - e questo va messo in rilievo - non più di ventiquattro mila abitanti. Era la capitale di uno stato che dopo la scomparsa della propria dinastia nazionale, nel 1102, aveva conservato per nove secoli la sua continuità tramite il parlamento indipendente, sempre però all'interno delle diverse strutture politiche straniere, e spesso diviso tra più di una. Il popolo croato, piccolo di numero, sempre costretto a difendere la propria esistenza, frustrato per la mancanza di un potere politico effettivo, compensava la realtà politica sfavorevole onorando con una particolare enfasi la cultura e la memoria della nazione. La memoria, che lotta contro la morte ma al tempo stesso rivela quanto questa sia profondamente presente nella vita, è senz'altro uno dei temi privilegiati dalla sensibilità di tutta l'Europa Centrale. Ed il Mirogoj di Zagabria, quel tributo straordinario di una piccola nazione alla memoria, è una delle espressioni più belle e simboliche di questo spirito mitteleuropeo.


La città di Zagabria si trova in una posizione pittoresca sotto il monte Medvednica (il Monte degli Orsi). Mirogoj nacque quando si decise di riunire gli antichi cimiteri, sparpagliati dal Medio Evo presso le varie chiese parrocchiali, su una delle sue verdi colline. Il più noto di questi cimiteri era quello di San Giorgio al nord della Città Alta: molti dei suoi monumenti sono stati trasferiti a Mirogoj. La scelta di questa ubicazione ha accentuato l'importanza di Mirogoj come motivo urbano. Poiché Mirogoj si è trovato di fronte e al di sopra della città dei vivi. Ed il progettista che l'ha ideato, l'architetto Hermann Bollé, ha offerto alla città il riflesso idealizzato della sua immagine, costruendo la visione monumentale della Gerusalemme celeste che con una serie sontuosa di cupole si delinea magnificamente sullo sfondo del cielo. Hermann Bollé (1845-1926) è uno dei più importanti architetti dell'Europa storicista. Discendente di una nota famiglia di costruttori di Colonia, fuggita a suo tempo dalla Francia per le persecuzioni degli Ugonotti, Bollé era discepolo e collaboratore del famoso architetto viennese Friedrich von Schmidt. Il vescovo croato Josip Juraj Strossmayer, celebre per essersi opposto al dogma sull'infallibilità del Papa al Concilio Vaticano, aveva invitato Bollé in Croazia. Il suo soggiorno qui è durato cinquant'anni, cioè fino alla morte. In Croazia Bollé ha costruito innumerevoli edifici, lasciando la sua impronta sulle città e sui paesaggi; ha intensamente partecipato alla vita culturale, fondando istituzioni, educando generazioni di architetti e di artisti; fu uno dei fondatori ed il primo direttore della famosa Scuola e del Museo delle Arti Decorative, fra le prime d'Europa. La città di Zagabria ottocentesca è in un certo senso la sua opera di autore. Molto importante il suo restauro della cattedrale zagabrese medioevale; e Mirogoj è il suo capolavoro.

Costruito nelle forme neorinascimentali, per la purezza delle sue superfici e dei suoi volumi Mirogoj dà l'impressione di essere una architettura moderna. È molto forte il contrasto tra la facciata esteriore completamente chiusa - come una fortezza - e la trasparenza luminosa del porticato interno. La bellezza delle prospettive, la ricchezza delle visioni, il gioco delle luci e delle ombre, la chiarezza perfetta del ritmo e l'armonia delle proporzioni - insieme ai viali ombreggiati ed ai vari elementi dell'arte dei giardini e del paesaggio - costituiscono uno spazio dove l'anima si rappresenta l'al di là come un mondo migliore.

Per le difficoltà finanziarie Mirogoj fu in costruzione durante più di mezzo secolo; la cappella centrale del Cristo Re è stata compiuta dopo la morte di Bollé. Ma il suo progetto fu rispettato in tutto.

La forza della sua architettura era tale che quando la città di Zagabria, cento anni dopo Mirogoj, costruì il complesso del crematorio nell'area del cimitero monumentale, i suoi autori, gli architetti Hrzi´c, Krznari´c e Mance, hanno reinterpretato i temi principali di Bollé in chiave moderna. Creando la migliore opera architettonica della Zagabria contemporanea, questi architetti hanno riaffermato il significato del "tema morte" per la cultura croata e mitteleuropea.

Ma Mirogoj non è solo una architettura di massimo livello. Questo cimitero è un monumento alla tolleranza come pochi altri ambienti possono offrire. Il cimitero era diviso in sezioni particolari, secondo le confessioni, pari nei diritti. E nell'immagine magnifica delle cupole di Mirogoj tutti i simboli confessionali si trovano ugualmente elevati sopra la città: la croce cattolica, la croce ortodossa, la stella ebraica, e nessuna guerra, nessun evento storico ha rimosso questa immagine dal cielo di Zagabria.

Mirogoj è il Pantheon della storia croata; dalle "Vittime di luglio" che nel 1845 hanno dato le loro vite per la libertà della patria, dai grandi artisti e uomini politici del rinascimento nazionale, fino ai grandi poeti e scrittori del nostro tempo come Tin Ujevi´c, Miroslav Krleza, Ivana Brli´c Mazurani´c, o gli idoli della gioventù sportiva come Drazen Petrovi´c. Gli abitanti di Zagabria hanno un vero culto par la tomba di Stjepan Radi´c, il capo politico del popolo croato, ferito a morte nel 1928 nel parlamento di Belgrado. Non si potrebbero nominare tutti i personaggi illustri che in questo cimitero hanno trovato la loro requie. Alcuni defunti, quei vinti che non scrivono la storia, soltanto oggi hanno ottenuto il diritto di manifestare la propria presenza silenziosa, insieme con i vincitori. Così i soldati tedeschi uccisi nella seconda guerra mondiale, le cui tombe sono state riarate dopo la vittoria del comunismo nel 1945; o le vittime di Bleiburg e della Via della Croce, i calvari del popolo croato dopo la seconda guerra. Le vittime dell'ultima guerra per la Croazia sono un nuovo capitolo della storia di Mirogoj.

Chi viene a visitare Mirogoj per Ognissanti o per il Giorno dei Morti può trovarsi davanti ad una scena del cielo stellato in terra: migliaia e migliaia di candele e lumini che luccicano nella notte fredda e che si uniscono in una unica fiamma presso la Grande Croce. Ogni fiammella è una memoria, un ricordo di noti e di ignoti. E tutti insieme sono l'anima della città che rende omaggio alla sua storia.

Il cimitero è anche una galleria ricchissima di opere d'arte. La storia di Mirogoj è la storia della scultura, dell'arte decorativa, ed anche della pittura croata. Tanti artigiani-artisti, soprattutto quelli della scuola di Bollé, ci hanno lasciato le loro opere. Molti monumenti sepolcrali anonimi illustrano la storia degli stili. Nel verde rigoglioso, tutti insieme custodiscono la quiete di questo parco, questo luogo di contatto tra le due realtà, tra i due mondi.


 

shvets olga

Member
Noi abbiamo una cultura di seppellimento diversa da vostra, ma so che con voi abbiamo in comune il grande rispetto ai morti. Mi sembra questa triste e chiara poesia di Marina Cvetaeva e' adatta per questo post.

Passante
Cammini, a me somigliante,
gli occhi puntando in basso.
Io li ho abbassati- anche!
Passante, fermati!

Leggi - di ranuncoli
e di papaveri colto un mazzetto
- che io mi chiamavo Marina
e quanti anni avevo.

Non credere che qui sia - una tomba,
che io ti apparirò minacciando...
A me stessa troppo piaceva
ridere quando non si può!

E il sangue fluiva alla pelle,
e i miei riccioli s'arrotolavano...
Anch'io esistevo, passante!
Passante, fermati!

Strappa uno stelo selvatico per te
e una bacca - subito dopo.
Niente è più grosso e più dolce
d'una fragola di cimitero.

Solo non stare così tetro,
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami,
con leggerezza dimenticami.

Come t'investe il raggio di sole!
Sei tutto in un polverio dorato...
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra.


Прохожий
Идешь, на меня похожий,
Глаза устремляя вниз.
Я их опускала - тоже!
Прохожий, остановись!

Прочти - слепоты куриной
И маков набрав букет,
Что звали меня Мариной,
И сколько мне было лет.

Не думай, что здесь - могила,
Что я появлюсь, грозя...
Я слишком сама любила
Смеяться, когда нельзя!

И кровь приливала к коже,
И кудри мои вились...
Я тоже была, прохожий!
Прохожий, остановись!

Сорви себе стебель дикий
И ягоду ему вслед, -
Кладбищенской земляники
Крупнее и слаще нет.

Но только не стой угрюмо,
Главу опустив на грудь,
Легко обо мне подумай,
Легко обо мне забудь.

Как луч тебя освещает!
Ты весь в золотой пыли...
- И пусть тебя не смущает
Мой голос из-под земли
 

shvets olga

Member
com'è la vostra cultura di seppellimento?


Nostri cimiteri non hanno i loculi. Tradizone cristiana ortodossa prevede un pranzo(convito di commemorazione) dopo le esequie con piatti semplici, alla fine di pranzo parenti del defunto sempre distribuirono i dolci. Anche fanno pranzo ai 9 e 40 giorni.
Ecco foto di un solito cimitero ortodosso (ci sono ben curati, molto verdi)

http://www.ucrainaviaggi.com/blog/wp-content/uploads/2007/11/cimiteri-ortodossi-2.jpg

http://lh6.ggpht.com/_ZW8nTO9amLU/Sg8jJNJ2dvI/AAAAAAAAAEw/-Bx0Yn-WULE/s400/DSCN9101.JPG

Nella cultura cristiana ortodossa c'era tradizione seppellire i morti alle catacombe:
"Pechersk Lavra è uno dei più grandi musei a Kiev. L'attuale esposizione ospita più di 100 testimonianze architettoniche del passato. La raccolta all'interno delle chiese e delle grotte comprende oggetti in metalli preziosi, stampe e rari ritratti della gerarchia ecclesiastica. L'esposizione principale è rappresentata da oggettistica risalente al sedicesimo secolo fino agli inizi del ventesimo e comprende calici, crocifissi, e tessili ricamati dai maestri ucraini. Il resto della collezione si compone di rari pezzi iconografici. Il museo prevede anche visite alle catacombe, che contengono resti mummificati di santi ortodossi o loro reliquie"

http://www.blog.ukrbiznes.com/users/717278_0bbe0ab89e4c2c7bXL.jpg

http://www.cirota.ru/forum/images/63/63130.jpeg


http://club.foto.ua/uploads/photos/34/34476_2.jpeg

http://www.tourshar.ru/i/foto/kiev_may.jpg

C'e in Ukraina la chiesa-cripta con il corpo imbalsamato di Nikolai Pirogov, illustre medico e scienziato che nel settembre 1862 curo' Garibaldi in Aspromonte:(http://ruvr.ru/main.php?lng=ita&q=514&cid=94&p=07.08.2007&pn=1)

http://www.vintur.com.ua/img/pirogov_museum.jpg

http://www.pirogov.com.ua/upload/Image/fotos/big/cf2e63593df197bfc83fb5a94150da1b.jpg
 

Mizar

Alfaheimr
La necropoli di Pompei è un ironicamente diabolico ripetersi di Pompei stessa. E' il suo satirico sdoppiarsi. Di necropoli ve ne son, così, due.

L'una

pompei_IT07NA352.jpg


L'altra

pompei_02.jpg
 

lillo

Remember
Spero di non essere OT ma leggendo questo thread mi è venuta in mente ques'ode che ho amato tanto

I Sepolcri - Ugo Foscolo

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l'illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l'amico estinto
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra 'l compianto de' templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t'appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de' buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d'ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov'io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch'or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d'ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l'immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto. Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi
all'etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a' fasti eran le tombe,
ed are a' figli; e uscían quindi i responsi
de' domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d'anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
fean pavimento; né agl'incensi avvolto
de' cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d'effigïati scheletri: le madri
balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l'amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l'urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell'uom cercan morendo
il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d'aura de' beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de' suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe' la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d'inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l'opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell'Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l'amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l'esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t' invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l'austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l'ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a' Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtú greca e l'ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de' venti,
Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l'antenna
oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
certo udisti suonar dell'Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l'armi d'Achille
sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all'Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l'onda incitata dagl'inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d'onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de' sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l'armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a' peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d'Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento a' giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de' Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l'altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
 
Eh si vi capisco, anche a me piacciono molto i cimiteri monumentali o di vecchia data (come il Lafayette a New Orleans, che ho visitato quando sono stata negli State! *__* meraviglioso!). Comunque anche in Italia ce ne sono molti che ne valgono la vistita! Primo tra tutti "il certosa" a Bologna...pongo qui un po di img :mrgreen::

certosa3.jpg


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certosa1.jpg


rebraico2.jpg


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E qui metto il link del sito internet per chi volesse vedere e capire di piu' :)
Photos - Certosa di Bologna
 
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