Kundera, Milan - La vita è altrove

Dory

Reef Member
Siamo a Praga, secondo dopoguerra, Jaromil è un poeta e crede profondamente nella rivoluzione comunista come strumento per costruire un mondo nuovo. La sua vita ci viene raccontata dal suo concepimento al suo epilogo, la sua storia è la storia di molti poeti di quel periodo storico e, come dice lo stesso Kundera nella prefazione, gli ultimi che ebbero in Europa una parte importante sulla scena pubblica, Lermontov, Rimbaud, Shelly, Majakovskij, Eluard.
Sempre nella prefazione, Kundera spiega come abbia intrecciato la vita del protagonista alle vicende storiche non con l’intenzione di descrivere un’epoca, ma di cercare di capire che cos’è l’esistenza umana, cos’è la vita, la morte, la poesia.
Il libro parte molto bene, coinvolge, incuriosisce e fa pensare, poi dopo la prima metà diventa un po’ lento e noioso, per riprendersi solo alla fine.
E’ difficile per me darne un giudizio univoco perché se da un lato la scrittura di Kundera è sempre perfetta, con una caratterizzazione psicologica dei personaggi impeccabile, profonda ed estremamente realistica, dall’altra i suoi protagonisti hanno sempre un modo di affrontare la vita che non mi piace per niente. Non capisco se l’intento dell’autore sia semplicemente di narrare quel particolare punto di vista, e se fosse così sarebbe un genio, che riesce a fare ciò che nessuno dei suoi protagonisti sa fare, capire gli altri; oppure se lui stesso la pensa in quel modo.
In questo libro si parla di cosa sia “l’atteggiamento lirico”e quali siano le condizioni che lo favoriscono, nello specifico il rapporto del poeta con la propria madre e la giovinezza. I poeti citati hanno scritto delle poesie magnifiche, Shelly, che già conoscevo ed è uno dei miei poeti preferiti, o Lermontov, che ho conosciuto grazie a questo libro, e che ho trovato straordinari; ma da cosa nasce il loro lirismo? Secondo il quadro fatto da Kundera, nasce dalla frustrazione, dall’ossessione provocata dall’incapacità di raggiungere un obiettivo, e piuttosto che mettere in discussione i propri punti di vista e fare un passo verso l’esterno e verso il prossimo, il poeta ripiega in se stesso esasperando il proprio dolore e giungendo inesorabilmente al passo finale estremo: la morte. Non contempla altra via d’uscita perché la morte ha il valore poetico più alto. Mi viene in mente lo splendore delle tragedie shakespeariane, mai raggiunto da nessuna delle altre sue opere, l’Amleto, l’Otello, il Macbeth, Romeo e Giulietta. Con il gesto del suicidio fanno della loro stessa vita un’opera poetica.
Tutto questo è assurdo. Che cos’è dunque l’esistenza umana? Un richiudersi in se stessi e morire?
In conclusione un libro che fa riflettere molto su temi estremamente interessanti, mostrando un quadro con il quale sono decisamente in disaccordo, eppure posso confermare la grande maestria della scrittura di Kundera che tanto mi aveva colpito ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.
 

LearnToKill

New member
Dopo aver finito questa lettura non sapevo bene che tipo di commento scrivere.

Per prima cosa vorrei dire che ho odiato nel profondo la figura della madre, così altezzosa e opprimente. A momenti ho avuto anche l'impressione che avesse una sorta di complesso di Edipo al contrario, tanta era la gelosia nei confronti il figlio. Ho provato un leggero disgusto nella parte dove Jaromil porta la fidanzata "rossa" a casa e la madre la giudica in tutti i modi possibili e immaginabili, solamente perché non bellissima di aspetto, facente parte del proletariato, essendo di umili costumi e avendo un lavoro da commessa; cosa che, secondo me, andrebbe apprezzata, non giudicata! Secondariamente, in certi punti, Jaromil raggiunge una gelosia che rasenta la malattia; cosa che mi ha lasciata perplessa. E, sinceramente, nel corso della lettura, principalmente verso la fine del capitolo "Il poeta è geloso", ho pensato che non fosse del tutto a posto; egoista, paranoico, esagerato e anche violento. Tolta la violenza, è la descrizione esatta della madre. Anche Jaromil non ha riscontrato la mia simpatia.

Tutti noi possiamo rispecchiarci in alcuni modi d'essere di Jaromil che si chiede dove sia la vita. Tutti noi, ad un certo punto della nostra esistenza, ci siamo detti che la nostra vita non era dove eravamo esattamente, ma non ci siamo neanche mai mossi nella direzione opposta. E tutti noi abbiamo sognato di essere Xavier; liberi di fare ciò che si vuole, quando lo si vuole. In poche parole quello che sognamo di essere, appunto.

Ci ho messo incredibilmente tanto a leggere queste 300 pagine, circa. Il libro è scorrevole, la scrittura molto delicata, chiara e per niente difficoltosa, ma ciò nonostante non mi ha preso come libro. Una lettura sicuramente piacevole, ma niente di più. Per questo gli do 3.
 
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