Boll, Heinrich - Foto di gruppo con signora

isola74

Lonely member
Pubblicato nel 1971, questo romanzo valse a Heinrich Böll il Premio Nobel per la Letteratura l'anno successivo.
Esso ruota intorno alla figura di Leni Gruyten, una donna tedesca più che quarantenne che ha vissuto la sua esistenza con coraggio e sfrontatezza negli anni dell'ascesa nazista, durante il secondo conflitto mondiale e nel dopoguerra. I suoi amori sempre troppo brevi e troppo intensi, le passioni profonde ma a volte senza spiegazione, fanno sì che in essa si racchiudano le contraddizioni e le follie di un'epoca che ha segnato la storia inesorabilmente.

La biografia di Leni è condotta dell'Autore come una biografia storica o un documentario scientifico, intervistando tutte le persone che in uno modo o nell'altro sono entrate a far parte della sua vita. Tale approccio dona originalità al romanzo, pervaso costantemente da un'ironia sottile.



Dico la verità: ho avuto difficoltà a finire il libro.... la storia non è mai riuscita a decollare e in più di un punto l'ho trovato noioso. Il metodo delle interviste usato dall'autore, anzichè un punto di forza mi è sembrato spesso una zavorra.
 

Zefiro

da sudovest
Geniale romanzo di Heinrich Boll, questo “Foto di gruppo con signora” è una incredibile miscellanea sapientemente raccordata di documenti vari alcuni inventati, altri autentici, che raccontano la storia di Leni, cinquantenne bella e sensibile ma assolutamente incapace di rapportarsi col reale e del tutto avulsa da qualsiasi tipo di convenzione. La sua figura emerge via via che si procede nella lettura fino a concretezza notevolissima

La tecnica di ricostruzione della vita di questa donna è originale ed efficacie: vengono rintracciate e contattate le persone che l’hanno conosciuta e frequentata nei vari periodi della sua vita. Il fratello, una prostituta, un uomo d’affari, una suora e così via… questo il “gruppo” cui allude il titolo. Ne risulta, oltre alla bellezza del storia in sé e della caratterizzazione dei personaggi che è profonda davvero, un incredibile ed acutissimo spaccato post bellico della Germania, della sua società, della sua cultura figlia di sconfitte pesantissime.

Strepitosa la trovata della voce narrante, sempre indicata con “A.” che sta per “autore” all’inizio davvero voce terza, avulsa e distaccata che col procedere dell’indagine però entra sempre di più nella storia, fino ad innamorarsi di una testimone fluendo così completamente all’interno della narrazione, anch’egli a pieno titolo parte fondamentale ed essenziale del gruppo.

Già... A ricordarci che crediamo talvolta di poter osservare qualcosa, ma nell’atto di guardarlo quel qualcosa cambia sotto i nostri occhi ed al contempo, almeno un po', a volte moltissimo, cambia noi...

Lo stile di scrittura è piano, pensoso, amaro, talvolta giornalistico e minimale. La lettura richiede un certo impegno e concentrazione per cogliere le filigrane sottese ad ogni passo.

Con questo romanzo Boll vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1972. Ce n’erano tutte le ragioni.

Da non perdere: 4,4/5
 
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bouvard

Well-known member
Il titolo "Foto di gruppo con signora" appena l'ho letto mi ha richiamato alla mente i titoli di alcuni quadri "Natura morta con ...", in cui il "con" indica un oggetto diverso, qualcosa di apparentemente estraneo che rompe l'unità della scena, ad esempio un pesce posto accanto ad un cesto di fiori o di frutta. Anche nel titolo di questo libro il "con" introduce un elemento apparentemente di rottura: la signora.
Ma come nei quadri l'estraneità è solo apparente - perché un pesce è "natura morta" esattamente come la frutta o i fiori, perciò il "con" piuttosto che indicare l'estraneità dell'oggetto serve a sottolinearne la presenza, attirando su di esso l'attenzione dello spettatore - allo stesso modo in questo libro il "con" serve a sottolineare che la foto è sì di gruppo, ma intanto il gruppo esiste ed ha ragione di esistere solo in funzione della signora. Ogni singola persona, infatti, a cui l'A. da la parola viene sì "fotografato" a sua volta, e descritto nei minimi particolari, ma solo in quanto persona informata sui fatti e quindi capace di fornire delle informazioni sulla signora.
E' davvero sorprendente come Boll sia riuscito a creare l'immagine di una donna così difficile da dimenticare facendola parlare ed agire così poco in prima persona. Leni Pfeiffer nata Gruyten non è una donna bellissima - e sì abbastanza bella da esser eletta "ragazza più tedesca della scuola", ma non abbastanza per essere eletta "ragazza più tedesca della città" - è soprattutto una donna molto sensuale, capace di suscitare desideri sessuali, senza che lei lo voglia, in tutti gli uomini che incontra. Non è neppure particolarmente intelligente, anzi è di un'ingenuità disarmante, così poco consapevole della portata storica dei fatti che avvengono intorno a lei, eppure ciò nonostante riesce ad attraversare a testa alta quegli anni così disumani, rimanendo dal lato giusto della Storia, non macchiandosi delle colpe di opportunismo o di condiscendenza come tanti altri. E' una donna che non vive mai la sua vita su calcoli di interesse, ma sull'istintività e paga sempre in prima persona le sue "colpe" o presunte colpe, se amare un altro essere umano si può considerare una "colpa".
Decisamente un libro denso, per le tante cose scritte e ancor di più per le tante sottintese che affiorano grazie all'ironia di Boll, una lettura lenta, per la forma stilistica scelta dall'autore, ma anche per la difficoltà di immedesimarsi in una donna che fa del silenzio la sua principale forza, eppure una lettura molto bella ed interessante. Dovendo esser sincera devo ammettere, però, di aver preferito Opinioni di un clown, mentre, infatti, la lettura di Foto di gruppo, almeno per me, è stata soprattutto una lettura "cerebrale", quella di Opinioni di un clown è stata una lettura fatta più con il cuore.
 
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ayuthaya

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Membro dello Staff
Una domanda mi frullava per la testa mentre leggevo questo libro, dallo stile e dai contenuti molto particolari: è il personaggio di Leni Gruyten a costituire un pretesto per parlare di altro (in questo caso della Germania prima, durante e immediatamente dopo la seconda guerra mondiale) o è l’intera vicenda un pretesto per parlare di Leni, così poco "etichettabile" da aver bisogno, perché la sua figura sia degnamente tratteggiata, di mobilitare una fittissima e variopinta galleria di personaggi?
Io credo che siano vere entrambe le cose. Perché se è innegabile che il racconto, anzi, il “resoconto” della vita di Leni, con tutte le sue vicissitudini (che pure sembrano toccare tutti fuorché lei stessa), è un’occasione colta da Böll per raccontarci una Germania come non ci era mai stata raccontata né dai romanzi né dai libri di storia, è anche vero che questo è possibile solo in virtù della natura eccezionale della protagonista, che, come dicevo, sfugge a qualsiasi definizione, a qualsiasi comprensione razionale...

In effetti, in questo romanzo, personaggio, vicenda e stile narrativo sono strettamente intrecciati, molto più di quanto non sembri all’inizio, quando la “scelta” di Böll di consegnarci il romanzo nella veste di un’inchiesta affidata a un immaginario Autore – il quale si impegna con tutto se stesso a ricostruire ed esporre la vicenda nel modo più oggettivo ed esatto possibile – sembra motivata solo da ragioni stilistiche, letterarie. In realtà mi sono pian piano resa conto che questa scelta (la quale condiziona notevolmente il lettore, in quanto gli impedisce un'eccessiva immedesimazione e lo costringe a un approccio più cerebrale) è profonda, sostanziale. Direi persino che ci offre la chiave di lettura di tutto il romanzo: ponendosi ironicamente dalla parte di chi tutto vorrebbe capire, definire, catalogare, registrare, Böll ci dimostra come in realtà ci siano non solo persone e vite che sfuggono a tale pretesa, ma persino situazioni, interi momenti storici, com'è appunto quello che fa da cornice alla storia.
Per questo la figura di Leni è fondamentale e tutt'altro che pretestuosa: in lei si incarna questa contraddizione fra una pretesa scientificità e la dimostrazione (data dall'uso della parodia) della sua assurdità. Leni è tutta materia, sensualità, concretezza, con dei risvolti persino discutibili se li valutiamo dal punto di vista del comune buon senso; allo stesso tempo la sua innocenza, la sua purezza sono fuori discussione, appunto perché la sua assoluta aderenza alla realtà, intesa non come razionalità ma proprio come realtà fisica, le impediscono qualsiasi forma di malizia. Molti comportamenti di Leni risultano persino autodistruttivi, in quanto sfuggono non solo a qualsiasi ideologia, ma persino a qualsiasi logica "ragionevolezza".

Attraverso Leni la denuncia di Böll è spietata, perché oggetto di questa denuncia è non solo l'orrore del nazismo e della guerra, ma qualsiasi tentativo di ridurre questo dramma a qualcosa di definibile, di semplificarlo in una sorta di lotta “bene contro male” che non corrisponde a verità, in quanto lascia fuori una miriade di personaggi, di situazioni, di sfumature.
Indubbiamente il capitolo che mi ha colpito di più, per la sua profondità, bellezza, intensità, è quello dedicato alla “fine della guerra” che, come sottolinea l'A., erroneamente viene definito “pace”. Be', ammetto di essere rimasta sorpresa dalla complessità dell'universo che mi si è spalancato davanti, a partire dall'analisi del drammatico lasso di tempo che va dalla presa di coscienza dell'imminente sconfitta alla capitolazione vera e propria: dove rifugiarsi? da che parte stare? chi sono i buoni e i cattivi in questo limbo? e soprattutto chi o cosa mi permette di sopravvivere? che “ruolo” devo rivestire perché mi sia data salva la vita? Questi sono solo alcuni dei disperati interrogativi che la fine della guerra, ancor più della guerra stessa, porta con sé, e che i libri di storia non raccontano.
Quelli (riferito agli americani) certo avevano creduto che la classificazione nazisti e antinazisti fosse più semplice, un po' troppo semplice; non era semplice affatto, invece, come si erano immaginati nel loro animo infantile.

Non ci sono eroi in questo romanzo, e nemmeno anti-eroi. Di ogni personaggio è mostrata l'unicità, l'umanità, l'irriducibilità a qualsiasi schema, per cui – a dispetto dell'intento pseudo-documentaristico che si pone l'A. – il risultato è un affresco vivo, vibrante, indimenticabile.

Ho fatto una veste
per la mia canzone
l'ho tutta trapuntata
di vecchie saghe.
Ma i pazzi l'hanno presa
portata agli occhi del mondo
quasi fosse opera loro.
E la portino pure.
Ci vuole più coraggio
ad andare in giro ignudi.
 

LearnToKill

New member
Considero questo libro molto particolare, a prescindere dallo stile narrativo con cui sia stato scritto. Come ho detto nel gruppo di lettura, non l'ho trovato un libro coinvolgente o un libro da leggere tutto d'un fiato, anzi. Per quanto mi riguarda, è stata una lettura lentissima e ammetto di aver anche pensato più volte di abbandonarla. Nonostante questo sono comunque contenta di essere arrivata alla fine. Alcuni paragrafi mi hanno entusiasmato, arricchito, invogliato ad andare avanti, altri, invece, tutt'altro. Ci sono tanti di quegli aspetti che lasciano senza fiato. Ricco di storia, di contenuti e di una realtà che siamo abituati solamente a leggere nei libri di storia o a sentirne parlare nei documentari. In questo libro, invece, vediamo il dipinto della Germania della seconda guerra mondiale e del dopoguerra raccontata da coloro che l'hanno davvero vissuta (quindi vere e proprie testimonianze) nel mentre che l'autore cerca di ricostruire il quadro generale della vita di Leni. Ci sono stati dei pezzi molto forti e non voglio giustificare tutto ciò che accadde in Germania durante la seconda guerra mondiale ma, in questo libro, viene messo proprio in evidenza che gli innocenti ci sono ovunque e la guerra colpisce sopratutto loro, fatto che spesso viene dimenticato o dato per scontato. Non troviamo solamente una descrizione approfondita della Germania nazista sotto l'aspetto politico, ma anche sotto l'aspetto sociale ed economico. Insomma, davvero un libro che, come detto sopra, arricchisce la persona che lo legge e dà una visione molto più ampia di cosa voglia dire, per un popolo, "essere in guerra".


Voto 4/5.
 

Ugly Betty

Scimmia ballerina



Dico la verità: ho avuto difficoltà a finire il libro.... la storia non è mai riuscita a decollare e in più di un punto l'ho trovato noioso. Il metodo delle interviste usato dall'autore, anzichè un punto di forza mi è sembrato spesso una zavorra.


Purtroppo è stato così anche per me! :boh:

Peccato!

P.s.: comunque ne è valsa la pena solo per leggere di suor Rahel! :mrgreen:
 

francesca

Well-known member
“Foto di gruppo con signora” è uno di quei libri per i quali il titolo dice già molto.
La signora in questione è Leni Gruyten, presentata all’inizio della narrazione come una signora tedesca quarantottenne. E’ lei il fulcro di tutta la storia, attorno al quale si sviluppano e avviluppano le storie di tutti gli altri personaggi chiamati uno per uno a dare la loro testimonianza, come in un’inchiesta giornalistica, sulla vita della signora, sulle sue vicende, il suo carattere, le sue stravaganze. In questa ricostruzione in realtà ognuno di loro prende vita a sua volta, così che spesso nei loro racconti si perde di vista la protagonista stessa.
Si arriva quindi ad immaginarsi davvero questa foto: gli occhi vagano da una figura all’altra, da un particolare all’altro, ogni dettaglio viene messo in risalto da ciò che lo circonda, lo sguardo torna sempre verso la signora, ma immediatamente qualche particolare lo richiama altrove.
In tutto ciò non si può prescindere né dal luogo, né dal periodo di ambientazione delle storie che ci vengono raccontate: siamo nella Germania nazista, nei primi cinquant’anni del Novecento.
E così come Leni è il fulcro del gruppo di personaggi che le girano attorno, la Seconda Guerra Mondiale, vissuta dall’interno della Germania, è la vicenda attorno a cui ruotano tutte le altre. Lo è così tanto che tutto il libro sembra in realtà solo un pretesto per analizzare quel particolare periodo storico da un punto di vista inusuale e originale: ogni personaggio nel raccontare gli eventi della vita di Leni viene in realtà chiamato a raccontare il proprio rapporto con un periodo tanto controverso e doloroso, viene chiamato ad una sorta di confessione spontanea sui compromessi che gli hanno permesso di sopravvivere.
Si creano così quasi due piani di narrazione: quello delle vicende della stravagante Leni che attraversa gli orrori della Berlino nazista prima in guerra e alla fine vinta dagli alleati indenne nell’anima, senza riportare ferite evidenti, mantenendo la sua purezza, e quello del vissuto di tutti coloro che nel parlare della vita di Leni, in realtà parlano di se stessi, ognuno con le mani sporche di fango, di sangue, nessuno veramente salvo alla fine della guerra.
Il libro non solo sorprende per la particolare costruzione narrativa, ma anche e soprattutto per lo stile, sempre di un’ironia garbata e originale, anche nel raccontare le vicende più misere e cupe.
Secondo me questo stile ha una ragione profonda e sorprendente: è grazie a questo registro narrativo che l’autore, a sua volta protagonista della storia, riesce a non cadere né nella giustificazione né nel giudizio di un popolo come quello tedesco che ha seminato l’orrore in un intero continente fin quando questo stesso orrore gli si è rivoltato contro, annientandolo; riesce cioè a mantenere un distacco che non è indifferenza o mancanza di opinione, ma piuttosto rispetto per tanto dolore.

Insomma un libro sorprendente, originale, che nella sua coralità dà al lettore infiniti spunti di riflessione diversi su temi fondamentali della vita.


Voto: 5/5

Francesca
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Romanzo complesso proprio per la sperimentazione che l'autore compie nel ricostruire la vita di Leni attraverso tesimonianze e documenti, questo modo frammentato di raccontare una storia ti obbliga a ricostruirla dentro di te e non sempre questo riesce facile per cui certi passaggi restano un po' oscuri. Molto lento nella lettura proprio perché c'era sempre bisogno di riallacciare decine di fili e d personaggi per rendere il tutto lineare. Se Boll voleva comunicarci l'impossibilità di arrivare alla verità attraverso la soggettività c'è riuscito perfettamente, la verità non è che un frammento di realtà che si riflette in ognuno di noi e solo ricostruendo tutti i frammenti forse riusciamo a capirci qualcosa. Sembra molto il mito della caverna platoniano perché sparsi nel romanzo ci sono pulviscoli di comprensione quasi totale di quello che sta succedendo, ma restano sospesi come la polvere in un giorno accecante di sole.
Resta la consapevolezza di aver faticato ma non invano, la polvere, si sa, prima o poi su una superficie si posa e più è lucida e più la rende opaca e reale.
 
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