Steinbeck, John - Furore

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Questo romanzo, molto intenso e di grande spessore, ambientato negli Stati Uniti degli anni 30, racconta le vicissitudini della famiglia Joad, costretta dalla siccità e dai latifondisti a emigrare dall'Oklahoma verso la California in cerca di fortuna. E' una storia, tutto sommato, tremendamente attuale, un romanzo che secondo me dovrebbe essere letto quasi come obbligo sociale, poichè la maestria di Steinbeck porta il lettore a vivere in prima persona l'odissea dei più deboli e a rifletterci su.
La storia è magistralmente costruita e i personaggi sono così "vivi" da poterli percepire quasi fisicamente. Indimenticabile il personaggio di Tom, la "mente" della famiglia, uscito dal carcere per aver commesso un omicidio e reso più saggio da questa esperienza, e quello della mamma, una donna fenomenale che inaspettatamente prenderà in mano la situazione e trasmetterà il suo coraggio e la sua dignità, che non verrà mai a mancare nel corso della storia, al resto della famiglia, la quale, giunta nell'Ovest dopo tante peripezie, troverà una situazione ben più drammatica di quella sperata.
Mi è rimasto impresso il personaggio un po' bislacco di Casy, che ha dismesso i panni di predicatore per aver compreso che la virtù è sostanza e non forma e che molti dei peccati condannati dalla chiesa non sono tali in quanto non danneggiano alcun essere umano; mi è parsa quasi una voce fuori campo, come se, attraverso questo personaggio, l'autore avesse voluto comunicare in maniera più diretta il suo pensiero, lanciando un chiaro messaggio: è necessario lottare fino all'ultimo per conquistare i propri diritti, pur pagando un prezzo molto alto.
Scena finale struggente, disperata e tenera allo stesso tempo.
E' un libro che mi ha trasmesso rabbia e indignazione, ma che secondo me lascia aperto uno spiraglio di speranza.
Un capolavoro.
 

mariangela rossi

New member
Questo romanzo, molto intenso e di grande spessore, ambientato negli Stati Uniti degli anni 30, racconta le vicissitudini della famiglia Joad, costretta dalla siccità e dai latifondisti a emigrare dall'Oklahoma verso la California in cerca di fortuna. E' una storia, tutto sommato, tremendamente attuale, un romanzo che secondo me dovrebbe essere letto quasi come obbligo sociale, poichè la maestria di Steinbeck porta il lettore a vivere in prima persona l'odissea dei più deboli e a rifletterci su.
La storia è magistralmente costruita e i personaggi sono così "vivi" da poterli percepire quasi fisicamente. Indimenticabile il personaggio di Tom, la "mente" della famiglia, uscito dal carcere per aver commesso un omicidio e reso più saggio da questa esperienza, e quello della mamma, una donna fenomenale che inaspettatamente prenderà in mano la situazione e trasmetterà il suo coraggio e la sua dignità, che non verrà mai a mancare nel corso della storia, al resto della famiglia, la quale, giunta nell'Ovest dopo tante peripezie, troverà una situazione ben più drammatica di quella sperata.
Mi è rimasto impresso il personaggio un po' bislacco di Casy, che ha dismesso i panni di predicatore per aver compreso che la virtù è sostanza e non forma e che molti dei peccati condannati dalla chiesa non sono tali in quanto non danneggiano alcun essere umano; mi è parsa quasi una voce fuori campo, come se, attraverso questo personaggio, l'autore avesse voluto comunicare in maniera più diretta il suo pensiero, lanciando un chiaro messaggio: è necessario lottare fino all'ultimo per conquistare i propri diritti, pur pagando un prezzo molto alto.
Scena finale struggente, disperata e tenera allo stesso tempo.
E' un libro che mi ha trasmesso rabbia e indignazione, ma che secondo me lascia aperto uno spiraglio di speranza.
Un capolavoro.

Complimenti per la recensione, mi hai fatto venire il desiderio di rileggere il libro! ciao
 

Dorylis

Fantastic Member
Furore è un libro stupendo! Steinbeck scrive in maniera proverbiale, le pagine scorrono velocissime ed il pessimismo e le difficoltà della gente e del periodo che pervadono il romanzo non affliggono mai il lettore che pure si appassiona alla vicenda dei Joad. La storia è quanto mai attuale e si può ricollegare alle varie crisi finanziarie che da sempre affliggono l'economia e alla conseguente massa di profughi alla ricerca della terra promessa..
Meravigliosa la figura della mamma che pervade tutto il libro con la sua forza instancabile, la costanza, la presenza, l' amore non solo per Tom (a proposito, un altro personaggio interessante ) ma anche per tutti i figli che sperimenterà nel loro lungo viaggio verso la speranza: un viaggio lungo, faticoso, duro, disperato ed alla fine deludente, con stadi ulteriori di degrado ai quali i Joad dovranno abituarsi e che sembrano non avere mai fine.. Infatti ci sarà sempre un gradino ulteriore da scendere nella scala della povertà e della rabbia! Ma fintanto ci sarà un gradino da scendere, ci sarà anche una speranza da continuare a nutrire, una speranza che chiude il romanzo lasciando col sorriso sulle labbra!
Bellissimo! 5/5
 

Dorylis

Fantastic Member
Segnalo la pessima traduzione italiana..
Il titolo originale era The Grapes of Wrath, "I frutti della rabbia" ed è un verso tratto da The Battle Hymn of the Republic, di Julia Ward Howe:

Mine eyes have seen the glory of the coming of the Lord:
He is trampling out the vintage where the grapes of wrath are stored;
He hath loosed the fateful lightning of His terrible swift sword:
His truth is marching on.

A loro volta questi versi si riferiscono al passaggio dell'Apocalisse 14:19-20.

E la sorella incinta di Tom non ha un nome da appassionato di giardinaggio (Rosa Tea) ma il biblico Rose of Sharon (Cantico dei Cantici 2,1)

Parentesi chiusa, per il resto il libro è perfetto!
 

Dorylis

Fantastic Member
Citazioni

- Lo spirito è ancora in me; ma non ho più niente da predicare. Sento piuttosto la vocazione di trascinare le folle dietro di me, di guidarle. Ma dove non so.

- Non esiste né peccato, né virtù. Esiste solo quello che si fa e che è parte della realtà, e tutto ciò che si può dire con sicurezza è che la gente fa delle cose che sono simpatiche, altre che non sono simpatiche.

- La banca è qualcosa di diverso da un essere umano. Capita che chiunque faccia parte di una banca non approvi l'operato della banca, oppure la banca fa lo stesso. Vi ripeto che la banca è qualcosa di più di un essere umano. È il mostro. L'hanno fatta degli uomini, questo sì, ma gli uomini non la possono tenere sotto controllo.

- L'uomo è un animale che vive d'abitudini. Si affeziona ai luoghi, detesta i cambiamenti.

- Uno che medita un assassinio, se può sfogarsi in tempo, alle volte non lo commette più.

- C'è una cosa che in prigione s'impara: mai pensare al momento della liberazione, altrimenti c'è da spaccarsi la testa nel muro. Pensare all'oggi, al domani, tutt'al più alla partita di calcio del sabato; ma mai più in là. Prendere il giorno come viene.
 

Dorylis

Fantastic Member
E per concludere, a chi potrebbe essere interessato alla lettura, ecco l' incipit, un ottimo esempio della stupenda prosa di Steinbeck!

Nella regione rossa e in parte della regione grigia dell'Oklahoma le ultime piogge erano state benigne, e non avevano lasciato profonde incisioni sulla faccia della terra, già tutta solcata di cicatrici. Gli aratri avevano cancellato le superficiali impronte dei rivoletti di scolo. Le ultime piogge avevano fatto rialzare la testa al granturco e stabilito colonie d'erbacce e d'ortiche sulle prode dei fossi, così che il grigio e il rosso cupo cominciavano a scomparire sotto una coltre verdeggiante. Agli ultimi di maggio il cielo impallidì e perdette le nuvole che aveva ospitate per così lungo tempo al principio della primavera. Il sole prese a picchiare e continuò di giorno in giorno a picchiar sempre più sodo sul giovane granturco finché vide ingiallire gli orli d'ogni singola baionetta verde. Le nuvole tornarono, ma se ne andarono subito, e dopo qualche giorno non tentarono nemmeno più di ritornare. Le erbacce si vestirono d'un verde più scuro per mascherarsi alla vista, e smisero di moltiplicarsi. La terra si coprì d'una sottile crosta dura che impallidiva man mano che il cielo impallidiva, e risultava rosa nella regione rossa, bianca nella grigia.
 

Brethil

Owl Member
Ho divorato questo libro, adorandone ogni singola pagina. La scrittura di Steinbeck mi è piaciuta moltissimo, anche se ho il sentore che nella versione originale il modo di parlare dei protagonisti non fosse proprio quello riproposto nella versione italiana (attendo conferme o smentite :D).
Il personaggio di mamma Joad è unico, anche se personalmente il mio preferito è lo strambo zio John, con la sua continua e inutile ricerca di redenzione.
Mi sarebbe piaciuto sapere quale sorte è toccata a Noè, mi incuriosiva molto come personaggio.
Mi ha piacevolmente stupita l'alternanza di capitoli dedicati al racconto delle peripezie dei Joad con capitoli dedicati a riflessioni e monologhi dell'autore sulla situazione economico-politica del tempo.
Ho trovato veramente utilissima l'introduzione al libro, contenente riferimenti alla realtà degli anni '30 americani e a Roosvelt.

Promosso a pieni voti!
 

Zefiro

da sudovest
Ho divorato questo libro, adorandone ogni singola pagina. La scrittura di Steinbeck mi è piaciuta moltissimo, anche se ho il sentore che nella versione originale il modo di parlare dei protagonisti non fosse proprio quello riproposto nella versione italiana (attendo conferme o smentite :D).
Il personaggio di mamma Joad è unico, anche se personalmente il mio preferito è lo strambo zio John, con la sua continua e inutile ricerca di redenzione.
Mi sarebbe piaciuto sapere quale sorte è toccata a Noè, mi incuriosiva molto come personaggio.
Mi ha piacevolmente stupita l'alternanza di capitoli dedicati al racconto delle peripezie dei Joad con capitoli dedicati a riflessioni e monologhi dell'autore sulla situazione economico-politica del tempo.
Ho trovato veramente utilissima l'introduzione al libro, contenente riferimenti alla realtà degli anni '30 americani e a Roosvelt.

Promosso a pieni voti!

quoto tutto. Un gran libro. Quel giusto mix tra vivere conservando la capacità di guardare la vita con il plus della lettura politica, assente nella valle dell'Eden, FUrore è più "impegnato".

Commovente il dialogo tra Tom e la madre. Ottima lettura per gente come noi, generazioni sazie.

Curioso, ma ho fatto anche io la stessa considerazione sulla traduzione... Nella copia che ho io, che è vecchissima e risale ai primi anni 70, della Rusconi, stranamente non c'è scritto il nome del traduttore... :?
 
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SALLY

New member
L'unico libro che ho letto di Steinbeck è "Al Dio sconosciuto",anche quì si parla della migrazione di una famiglia all'ovest,mi è piaciuto tanto,e da quello che leggo,anche questo merita,lo prenderò sicuro....:D
 

mame

The Fool on the Hill
Curioso, ma ho fatto anche io la stessa considerazione sulla traduzione... Nella copia che ho io, che è vecchissima e risale ai primi anni 70, della Rusconi, stranamente non c'è scritto il nome del traduttore... :?

Negli anni Settanta il libro fu pubblicato da Bompiani e da UTET, entrambi nella traduzione di Carlo Coardi. Si potrebbe pensare che anche Rusconi abbia acquistato la traduzione da Bompiani, che sembra essere stata la prima a pubblicarlo, ma avrei bisogno di informazioni più precise su questa edizione Rusconi perché non risulta registrata.

Non ho a disposizione l'edizione italiana del libro. L'ho letto in originale molto tempo fa e per me Steinbeck è strepitoso proprio per l'uso del linguaggio. Come ho già scritto nella scheda su "Uomini e topi", riproduce il modo di parlare territorialmente e culturalmente caratteristico dei personaggi, con la loro grammatica da "analfabeti", che muta continuamente di costruzione semplicemente perché non sanno quale sia la forma corretta.
 

Zefiro

da sudovest
Negli anni Settanta il libro fu pubblicato da Bompiani e da UTET, entrambi nella traduzione di Carlo Coardi. Si potrebbe pensare che anche Rusconi abbia acquistato la traduzione da Bompiani, che sembra essere stata la prima a pubblicarlo, ma avrei bisogno di informazioni più precise su questa edizione Rusconi perché non risulta registrata.

Non ho a disposizione l'edizione italiana del libro. L'ho letto in originale molto tempo fa e per me Steinbeck è strepitoso proprio per l'uso del linguaggio. Come ho già scritto nella scheda su "Uomini e topi", riproduce il modo di parlare territorialmente e culturalmente caratteristico dei personaggi, con la loro grammatica da "analfabeti", che muta continuamente di costruzione semplicemente perché non sanno quale sia la forma corretta.


Ricontrollato, hai ragione. Bompiani.
Ben più retrodatata di quanto ricordassi a memoria: XXIII^ edizione del 1963.
 

Brethil

Owl Member
Non ho a disposizione l'edizione italiana del libro. L'ho letto in originale molto tempo fa e per me Steinbeck è strepitoso proprio per l'uso del linguaggio. Come ho già scritto nella scheda su "Uomini e topi", riproduce il modo di parlare territorialmente e culturalmente caratteristico dei personaggi, con la loro grammatica da "analfabeti", che muta continuamente di costruzione semplicemente perché non sanno quale sia la forma corretta.

Infatti io mi aspettavo un linguaggio simile a quello usato da Twain per Huckleberry Finn (ad esempio).
Invece non mi pare di aver riscontrato costruzioni mutevoli come tu dici Mame, nella mia traduzione i personaggi si limitano ad usare forme che ancora oggi si posson sentire in Toscana e dintorni, come "Noi si era..."
Ecco perchè mi è sorto il dubbio :?
 

mame

The Fool on the Hill
Infatti io mi aspettavo un linguaggio simile a quello usato da Twain per Huckleberry Finn (ad esempio).
Invece non mi pare di aver riscontrato costruzioni mutevoli come tu dici Mame, nella mia traduzione i personaggi si limitano ad usare forme che ancora oggi si posson sentire in Toscana e dintorni, come "Noi si era..."
Ecco perchè mi è sorto il dubbio :?

Le traduzioni di quel periodo erano abbastanza accomunate da questa caratteristica: l'uso di toscanismi per rendere l'idea del parlato. Lo si trova ad esempio in edizioni dell'epoca di "Senza Famiglia". Pare fosse diffusa l'idea che si dovesse veicolare l'idea che il parlante non fosse una persona acculturata, ma per evitare di utilizzare dialetti locali italiani che sarebbero suonati strani in un testo di ambientazione straniera e non sarebbero stati comprensibili a tutti i lettori italiani, si utilizzavano i toscanismi in virtù del fatto che dal toscano deriverebbe la lingua italiana. Su questa base, si riteneva che tutti i lettori italiani avrebbero compreso l'espressione, percependola allo stesso tempo come colloquiale. La resa del parlato da una lingua straniera è una delle operazioni più difficili in traduzione. Praticamente le case editrici richiedono di abolirla sostituendola con espressioni di chiara matrice colloquiale tipo l'uso dell'imperfetto indicativo al posto del condizionale e del congiuntivo o altri tratti del genere. Ma si perde moltissimo. (La domanda in merito alla traduzione del dialetto fu posta a George Steiner, uno dei più grandi esperti in materia, in occasione di alcune conferenze all'Università di Siena.)
 

Brethil

Owl Member
Il mistero è svelato, grazie Mame! :YY
Anche se non capisco perchè non si possa dare una svecchiata alle traduzioni :?
 

mame

The Fool on the Hill
Il mistero è svelato, grazie Mame! :YY
Anche se non capisco perchè non si possa dare una svecchiata alle traduzioni :?

Si dà, si dà.... Ne ho già svecchiate io tre. Il problema sono i diritti d'autore. Se l'autore non è morto da almeno settant'anni, bisogna pagare i diritti alla casa editrice che lo ha già tradotto o alla casa editrice che gestisce i diritti d'autore o agli eredi. C'est l'argent, come sempre. Considera anche che con l'avvento di internet, le nuove traduzioni non sono soltanto più aggiornate, ma anche più corrette, perché la gamma di conoscenze oggi a disposizione di un traduttore è immensa rispetto a quella di traduttori anche solo di trent'anni fa, e tante castronerie possono essere emendate.
Questo però non risolve il problema del parlato nei romanzi. Anche oggi la perdita nella resa è grande.
 

pigreco

Mathematician Member
Un romanzo intenso, una saga familiare sui generis considerando che in realtà l'arco temporale del racconto è brevissimo (circa nove mesi...) e che uno dei requisiti di una saga è quello di rappresentare la storia di più generazioni. I personaggi della famiglia Joad sono però così ben delineati che alla fine del romanzo si ha la stessa sensazioni di familiarità con i protagonisti che si può provare alla fine dei Buddenbroock o de La casa degli spiriti (per non citare sempre Cent'anni di solitudine...).

Molto piacevole l'idea di alternare capitoli generici sulla situazione americana di quel periodo alle vicende dei Joad. Le pagine scorrono velocemente e la trama è appassionante. Il finale rappresenta una delle scene più drammatiche ma allo stesso tempo piene di speranza che abbia mai letto. Che dire... Da leggere!
 

Ira

Retired member
Questo romanzo, molto intenso e di grande spessore, ambientato negli Stati Uniti degli anni 30, racconta le vicissitudini della famiglia Joad, costretta dalla siccità e dai latifondisti a emigrare dall'Oklahoma verso la California in cerca di fortuna. E' una storia, tutto sommato, tremendamente attuale, un romanzo che secondo me dovrebbe essere letto quasi come obbligo sociale, poichè la maestria di Steinbeck porta il lettore a vivere in prima persona l'odissea dei più deboli e a rifletterci su.
La storia è magistralmente costruita e i personaggi sono così "vivi" da poterli percepire quasi fisicamente. Indimenticabile il personaggio di Tom, la "mente" della famiglia, uscito dal carcere per aver commesso un omicidio e reso più saggio da questa esperienza, e quello della mamma, una donna fenomenale che inaspettatamente prenderà in mano la situazione e trasmetterà il suo coraggio e la sua dignità, che non verrà mai a mancare nel corso della storia, al resto della famiglia, la quale, giunta nell'Ovest dopo tante peripezie, troverà una situazione ben più drammatica di quella sperata.
Mi è rimasto impresso il personaggio un po' bislacco di Casy, che ha dismesso i panni di predicatore per aver compreso che la virtù è sostanza e non forma e che molti dei peccati condannati dalla chiesa non sono tali in quanto non danneggiano alcun essere umano; mi è parsa quasi una voce fuori campo, come se, attraverso questo personaggio, l'autore avesse voluto comunicare in maniera più diretta il suo pensiero, lanciando un chiaro messaggio: è necessario lottare fino all'ultimo per conquistare i propri diritti, pur pagando un prezzo molto alto.
Scena finale struggente, disperata e tenera allo stesso tempo.
E' un libro che mi ha trasmesso rabbia e indignazione, ma che secondo me lascia aperto uno spiraglio di speranza.
Un capolavoro.


QUOTO QUOTO QUOTO - l'ho letto negli anni 70 e lo rileggerò sicuramente
 
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