Avvakum - Vita dell'arciprete Avvakum scritta da lui stesso

Vladimir

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È opinione diffusa che la grande stagione del realismo russo cominci con questo testo. Aspro, feroce, crudelmente satirico a tratti, quest'opera, per vie misteriose, trasmise tutta la forza dell'umanità e della lingua russa ai grandi paladini del realismo ottocentesco. La vita di Avvakum è un perenne epopea, un naufragio, dove a sprazzi intravediamo l'ecclesiastico aggrappato a sottili relitti di speranza, i quali puntalmente affondano. Tempi duri: il XVII secolo fu zeppo di sconvolgimenti politici (i Romanov salirono al potere), sociali, religiosi. L'arciprete si lanciò con tua la sua energia nella questione della chiesa ortodossa. La sua parte era quella dei "Vecchi Credenti" contrari a qualsiasi grecizzazione sia della liturgia che della dottrina, quella insomma, che non voleva vendere la vera fede russa al "turco invasore" e alla "puttana romana". Ma, oltre la disputa teologica e idelogica, vi è qualcosa nelle pagine e nella voce di Avvakum di profondamente umano: egli si azzuffa coi diavoli come fossero ubriaconi da osteria; combatte il peccato come se fosse un nemico fisico; insegue assieme allo Spirito Santo, ribaldo e furbesco compagno di mattane, i nemici che continuamente attentano alla sua persona. Roghi, lingue strappate, torturei, frustate, deportazioni, la fanno da padrona in questo libro profondo ma cattivo e crudo; però, nonostante tutto, in mezzo alla bestialità la profonda umanità di Avvakum non viene mai meno. Abbiamo così pagine colme di commozione dedicate alle figlie, alla moglie, ai compagni di sventura torturati crudelmente. Stupiscono, a tratti, la sua profonda sensibilità, la sua bontà, la sua tolleranza e la sua capacità di perdonare. Il sigillo di fuoco di questo libro sta nella sua chiusa: "Lo vedi, mio ascoltatore, Cristo chiama nella libertà e non ha ordinato agli Apostoli di bruciare col fuoco e di far pendere dai capestri i recalcitranti." Da leggere.
 
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