shvets olga
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Georgij Ivanov 1894-1958
"Esordi come poeta nell’anno della crisi del simbolismo
(1910), firmo uno dei tanti manifesti d’avanguardia
dell’epoca (quello egofuturista), passo' presto al nascente movimento acmeista e ne organizzo' successivamente la Gilda dei poeti,emigro' nel 1922 viaggiando da Riga a Berlino,per sistemarsi poi definitivamente in Francia,
produsse poesia, prosa e saggistica, scrisse di se, della propria epoca e del proprio ambiente,conobbe grandi successi e cocenti umiliazioni,fu promotore e oggetto di scandali, conobbe miseria e disperazione, in ultimo mori
(di morte naturale) a 64 anni senza mai rivedere il proprio paese."
Domenica. Asfissia che va e viene,
mi sono fatto loquace oltremisura, una vergogna.
Ho ancora voglia di finir di dire,
spiegare, precisare, chiarire, dimostrare.
Voglio scambiare due parole col lettore
e quantimi abbiano aiutato – ringraziarli.
Ci sono splendide persone tra di loro.
Nella penultimamia ora – a quelle ilmio saluto terreno.
Ho nostalgia di voi, Aleksandr Sergeeviˇc.
Vorrei restare un po’ con voi davanti a un te.
Voi parlereste e io, credendo ad ogni cosa,
ascolterei e ascolterei.
Vi sento intimo, vi sento caro sempre piu.
Tocco anche a voi, infatti, Aleksandr Sergeeviˇc,
strozzarvi di dolore, andare in collera, sprezzare,
tocco anche a voi una morte tribolata, infatti.
Va un gatto furtivo per un viottolo chiaro,
quant’e penosa la sorte di un gatto?
Pensare a questo gatto inzaccherato
o a delle rose! Esser dimentichi di se!
Sera di luglio in cui l’afa tormenta.
Il cielo alla finestra e uno scialle persiano.
Anche per te io provo quasi indifferenza.
Anche per te quasi non provo pena.
Il greve sciame delle ore notturne.
Giaccio spossato dall’afa
e da sogni che piu non sono tali.
Nel silenzio arroventato
d’un tratto risuona un pianto fragile.
Chi piange cosi? E perche?
Figgo lo sguardo nel buiomaligno
e vado comprendendo senza fretta
che a piangere cosi e lamia anima,
piange di pena e di paura.
– Non piangere, suvvia.
Ah, se un carnefice
mi decollasse con un colpo secco!
C’e stato di tutto: prigione emiseria;
nel pieno dellamia lucidita,
nel pieno delmio talento,
da emigrante – sorte dannatissima –
iomuoio. . .
Nel cielo si sciolgono dolci le nuvole:
e statomeditato tutto e tutto e chiaro.
Non fosse stato per l’angoscia insonne
qui avrei vissuto inmodo quasi grato
e molto in pace. Allamattina
bere il caffe con gusto, passeggiare
e, intrapreso un gioco conme stesso,
abbandonarmi ai sogni tramimose e palme
e in giardino – proprio qui – sentirmi
come un ritratto dissomigliante in una ricca cornice. . .
Poter dimenticare che procedo
verso la morte a passi lunghi settemiglia!
da Diario postmortem, traduzione dal russo
di Alessandro Niero.
"Esordi come poeta nell’anno della crisi del simbolismo
(1910), firmo uno dei tanti manifesti d’avanguardia
dell’epoca (quello egofuturista), passo' presto al nascente movimento acmeista e ne organizzo' successivamente la Gilda dei poeti,emigro' nel 1922 viaggiando da Riga a Berlino,per sistemarsi poi definitivamente in Francia,
produsse poesia, prosa e saggistica, scrisse di se, della propria epoca e del proprio ambiente,conobbe grandi successi e cocenti umiliazioni,fu promotore e oggetto di scandali, conobbe miseria e disperazione, in ultimo mori
(di morte naturale) a 64 anni senza mai rivedere il proprio paese."
Domenica. Asfissia che va e viene,
mi sono fatto loquace oltremisura, una vergogna.
Ho ancora voglia di finir di dire,
spiegare, precisare, chiarire, dimostrare.
Voglio scambiare due parole col lettore
e quantimi abbiano aiutato – ringraziarli.
Ci sono splendide persone tra di loro.
Nella penultimamia ora – a quelle ilmio saluto terreno.
Ho nostalgia di voi, Aleksandr Sergeeviˇc.
Vorrei restare un po’ con voi davanti a un te.
Voi parlereste e io, credendo ad ogni cosa,
ascolterei e ascolterei.
Vi sento intimo, vi sento caro sempre piu.
Tocco anche a voi, infatti, Aleksandr Sergeeviˇc,
strozzarvi di dolore, andare in collera, sprezzare,
tocco anche a voi una morte tribolata, infatti.
Va un gatto furtivo per un viottolo chiaro,
quant’e penosa la sorte di un gatto?
Pensare a questo gatto inzaccherato
o a delle rose! Esser dimentichi di se!
Sera di luglio in cui l’afa tormenta.
Il cielo alla finestra e uno scialle persiano.
Anche per te io provo quasi indifferenza.
Anche per te quasi non provo pena.
Il greve sciame delle ore notturne.
Giaccio spossato dall’afa
e da sogni che piu non sono tali.
Nel silenzio arroventato
d’un tratto risuona un pianto fragile.
Chi piange cosi? E perche?
Figgo lo sguardo nel buiomaligno
e vado comprendendo senza fretta
che a piangere cosi e lamia anima,
piange di pena e di paura.
– Non piangere, suvvia.
Ah, se un carnefice
mi decollasse con un colpo secco!
C’e stato di tutto: prigione emiseria;
nel pieno dellamia lucidita,
nel pieno delmio talento,
da emigrante – sorte dannatissima –
iomuoio. . .
Nel cielo si sciolgono dolci le nuvole:
e statomeditato tutto e tutto e chiaro.
Non fosse stato per l’angoscia insonne
qui avrei vissuto inmodo quasi grato
e molto in pace. Allamattina
bere il caffe con gusto, passeggiare
e, intrapreso un gioco conme stesso,
abbandonarmi ai sogni tramimose e palme
e in giardino – proprio qui – sentirmi
come un ritratto dissomigliante in una ricca cornice. . .
Poter dimenticare che procedo
verso la morte a passi lunghi settemiglia!
da Diario postmortem, traduzione dal russo
di Alessandro Niero.