“Si poteva chiamare storia d'amore questa pagliacciata di trent'anni e più, Ricardito?”
Ecco, per buona parte del romanzo non ho fatto altro che rivolgermi io stessa questa domanda. E solo alla fine ho capito che stavo sbagliando del tutto approccio, perché alla fine la risposta a questa domanda (che, tra l'altro, per me è un grosso “no”) conta solo molto relativamente. Conta relativamente per il fluire della storia, e conta relativamente per me, che di questo libro ho apprezzato molto tutto ciò che faceva da contorno alla relazione tra Ricardo e la nina mala , e non tanto la relazione in sé.
“Le avventure della ragazza cattiva” racconta la storia di Ricardo, un giovane peruviano che, da ragazzino, si invaghisce perdutamente della vivace e sfrontata Lily, una cilenita che sembra voler giocare con lui tenendolo sulle spine, comportandosi con lui come una fidanzata ma senza mai cedere e accettare le sue dichiarazioni d'amore.
Ricardo poi, seguendo un sogno molto idealizzato e poco concreto, lascia il suo Perù per trasferirsi a Parigi, la città che fin da bambino popola i suoi sogni con un'aura magica da Terra Promessa.
La nina mala farà presto ritorno nella vita di Ricardo, ogni volta in panni diversi, con nomi e maschere diverse, e ogni volta Ricardo, che più che un nino bueno io nella mia testa chiamavo il nino zerbino , casca con tutte le scarpe alle prime moine di questa donna. Inizialmente ero anche affascinata da questa relazione turbolenta e folle, fatta di passioni tremende e totalizzanti, sconvolgenti, perché credevo che ci fosse altro dietro il comportamento della nina mala . Credevo che si stesse andando verso la risoluzione di un mistero, credevo che il suo comportamento celasse dei sentimenti che sarebbero prima o poi esplosi, e invece no, tutto quello che Vargas Llosa ha fatto esplodere è stato un fuoco d'artificio di avvenimenti sempre più assurdi e poco credibili, che ad un certo punto mi hanno proprio lasciata a leggere con un sopracciglio inarcato.
Per carità, non è che lo abbia terminato controvoglia o senza interesse, perché la prosa di Vargas Llosa è decisamente magnetica e scoppiettante, però non mi importava più scoprire che cosa avesse in serbo la nina mala nel capitolo successivo, perché sapevo che sarebbe stata solo l'ennesima esagerazione priva del minimo realismo.
All'inizio, ammetto di aver provato molta tenerezza per Ricardo, inguaribilmente innamorato di una donna sfuggente e inafferrabile come l'acqua, e per un po' ho fatto il tifo per lui. Ma poi, e dai e dai, l'empatia si è trasformata solo in compassione e pietà, per trasformarsi alla fine in irritazione: fino a dove si può spingere l'ossessione e la muta subordinazione nei confronti di una persona che ha dimostrato in tutti i modi di non essere interessata ad una vera relazione? E che caspita, ad un certo punto la perseveranza di Ricardo a farsi spremere il cuore come un limone rinsecchito è diventata davvero irritante.
Oltretutto, se la prosa di Vargas Llosa è sempre stata coinvolgente ed estremamente vivida nel descrivere le città, le atmosfere e il clima del Perù, di Parigi, di Londra, di Tokyo e di Madrid, ad un certo punto mi sono ritrovata ad interessarmi solamente delle digressioni storiche o riguardanti la vita di tutti i giorni di Ricardo, al punto che mi ritrovavo a sperare che la nina mala evitasse di ricomparire a rompere le scatole e a sviare l'attenzione da un racconto che stava iniziando a farsi interessante. Soprattutto perché ad un certo punto il meccanismo è diventato estremamente prevedibile e noioso: Ricardo ci presenta una nuova città e degli amici dalle personalità interessantissime, il lettore comincia a credere di aver trovato qualcosa di bello da leggere, la nina mala arriva con una nuova posizione sociale, fa perdere un po' di bava al povero Ricardo che si trasforma in un essere non senziente, se ne va e lascia Ricardito a raccogliere i pezzi della sua vita.
Va bene una volta, va bene la seconda, ma poi, capito il trucco, il gioco diventa noioso.
Comunque, ho trovato la nina mala un personaggio estremamente affascinante, e probabilmente se Vargas Llosa avesse affidato la voce narrante a lei avrei amato decisamente di più questo romanzo: ho sofferto con lei, l'ho odiata, ho provato una tenerezza infinita per le sue bugie che le sono crollate addosso come un castello di carte, e credo che, alla fine, se in questo romanzo qualcuno ha amato davvero, quel qualcuno sia stata lei. Non Ricardo, che si è crogiolato nella sua ossessione e nell'autocompiacimento, senza mai fare davvero un passo, a livello umano, per cercare di comprendere davvero chi fosse la cilenita di Miraflores, ma questa donnina minuta che, al netto di tutta la sua crudeltà e le sue scelte a dir poco discutibili, si è rivelata di un'umanità e di una fragilità che sono impossibili da condannare.
Insomma, mi sono piaciuti molto lo stile e la cornice narrativa di questo romanzo, ma la storia in sé mi ha un po' delusa. Non avevo mai letto niente di Vargas Llosa, ma sicuramente cercherò di procurarmi qualche altro suo romanzo, perché sono convinta che potrei apprezzarlo molto, se solo trovassi un racconto più nelle mie corde.