Niffoi, Salvatore - La sesta ora

alessandra

Lunatic Mod
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Bachis nasce ad Ularzai, un paese che non ha orizzonte, un paese dove il tempo è segnato dall'orologio maledetto della torre pisana. E' l'ottavo figlio di babbo Tidoru, duro e aggressivo uomo di campagna, e mamma Masedda, che "sforna" figli uno dietro l'altro per vincere la solitudine. Sin da piccolo rivela una particolare attitudine per l'uso dell'ago, del filo e della macchina da cucire; tuttavia suo padre, non essendo questa un'attività adatta ad un uomo e tanto meno ad un uomo della sua famiglia, lo costringe a fare il servo pastore, finchè, trovatosi improvvisamente tra la vita e la morte, non "rinsavisce" all'improvviso, permettendo a suo figlio, il quale nel frattempo ha sviluppato un odio viscerale nei suoi confronti, di inseguire finalmente il suo sogno. L'improvvisa visita a Ularzai di un famoso regista, con contorno di conturbanti modelle, rappresenta per Bachis la svolta: il regista porta con sè nella capitale il ragazzo, il quale, nel frattempo, ha avuto modo di affinare le sue arti di sarto rivelando il suo talento fuori del comune.
E' così che Bachis, non ancora adolescente, scopre un mondo del quale non sospettava neppure l'esistenza: un mondo governato dai soldi e dal potere, dal sesso, dalla droga, in fin dei conti l'opposto del mondo semplice e chiuso nel quale ha vissuto fino a quel momento.

Con il suo linguaggio decisamente forbito che rappresenta, secondo me, uno dei suoi punti di forza, e il suo modo di narrare piuttosto bizzarro, a tratti persino un po' pulp, Niffoi ci porta in una parte della Sardegna che non ha niente a che vedere con quella "turistica"; un luogo in cui il legame degli abitanti con le proprie radici è più viscerale, più forte che altrove. Trovo molto difficile giudicare questo libro poichè, essendo sarda, paradossalmente l'ho letto con un istintivo maggior senso critico rispetto al solito.
In fin dei conti il mio giudizio è abbastanza positivo, nonostante varie perplessità; mi è piaciuta quella che credo sia l'idea di base, ossia la descrizione della reazione di Bachis nel trovarsi tra due fuochi: l'incontro e lo scontro tra due mondi opposti, l'uno statico, che rifiuta tutto ciò che è progresso, l'altro esageratamente frettoloso e movimentato, oltrechè corrotto, genera in lui un tale disorientamento da giungere spesso a rifiutarli entrambi; di certo sarà il suo paese di origine a rifiutare lui, ma non voglio svelare di più.
Alcune parti sono molto belle; in particolare mi ha colpito la descrizione della vera figura rappresentativa del mondo di Ularzai: quella quasi commovente di babbo Tidoru, rude, violento e orgoglioso, visceralmente attaccato alle proprie radici e al proprio modo di vivere, tanto da rifiutare ostinatamente tutto il resto, anche quando avrebbe la possibilità di vivere nel più confortevole benessere. Un personaggio che forse mi è rimasto particolarmente impresso perchè vagamente familiare, nel senso che mi ha fatto pensare ad alcuni personaggi d'altri tempi di cui ho sentito parlare da chi è più anziano di me.
A tratti però la storia mi è sembrata sviluppata in modo semplicistico e il contrasto tra i due mondi è reso, secondo me, in maniera esagerata e in vari punti decisamente improbabile; per esempio ho trovato eccessiva e piuttosto affrettata l'ultima parte.
 
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