Pamuk, Orhan - Il museo dell'innocenza

elena

aunt member
Può un oggetto racchiudere un mondo di sentimenti? Per Kemal, protagonista di questo romanzo, si: tanto che egli dedica più di trent'anni della sua vita a raccogliere e catalogare una serie di oggetti che simboleggiano e rendono vivo e palese il ventaglio di emozioni che hanno accompagnato la sua singolare e tormentata storia d'amore. Questa smisurata collezione viene ad assumere valenza di “una sorta di casa della memoria, un museo sentimentale, dove ogni singolo oggetto era un ricordo, un frammento di passato intriso di significato”.
Pamuk utilizza la prima persona per guidare il lettore o il potenziale visitatore del “museo” nei meandri di una vicenda che prende avvio intorno all'anno 1975, in una Istanbul proiettata verso l'occidente ma ancora fortemente legata ai suoi valori tradizionali. Soprattutto i membri della c.d alta società, cui appartiene Kemal, tendono ad assumere un atteggiamento mondano, emancipato e, nello stesso tempo, critico nei confronti della loro cultura, spesso definita retrograda e antiquata: la loro “modernità” è in realtà una sottile patina di apparenza che, al di là dello sfoggio di abiti europei, feste in cui scorrono fiumi di alcol stranieri (rigorosamente di contrabbando), vacanze nelle mete di maggior richiamo, rimanda a rigidi rituali e convenzioni sociali. Su questo sfondo l'amore passionale tra Kemal e la giovanissima Fusun, non ha spazio per potersi manifestare apertamente e il loro sensuale, travolgente ma delicatissimo rapporto si consumerà in 44 giorni ma condizionerà tutta la loro vita. Il tema della perdita rappresenta il motivo occasionale attraverso il quale Pamuk sonda l'animo umano, rappresentando tutti sentimenti e le emozioni che esso può contenere: frustrazione, illusione, gioia, ossessione, speranza, disperazione, felicità, apatia, crescita, dolore. Di fatto il protagonista ripercorre a ritroso la sua vita per illustrare non solo la sua “storia” ma soprattutto i singoli istanti emotivi che l'hanno caratterizzata, racchiusi negli innumerevoli oggetti della sua vastissima e singolare collezione: foto, utensili per casa, forcine per capelli, soprammobili, mozziconi di sigaretta (oltre 4000).......etc.....ognuno rigorosamente catalogato.
Come uno sciamano riuscivo a percepire l'anima di quegli oggetti, a sentire le storie che volevano raccontarmi.


Mi è piaciuto moltissimo questo “romanzo di sentimenti”: notevole la capacità di Pamuk di penetrare e rendere partecipe il lettore della sfera di emozioni (negative e positive) che possono travolgere un individuo e bellissima l'onnipresente immagine di Istanbul, città affascinante nonostante (o forse proprio per) le sue intrinseche contraddizioni.
 

zolla

New member
gran bel libro,lo sto leggendo adesso scritto in modo esemplare,una delle migliori opere dell'anno
 

Wilkinson

Member
Che dire, dopo una decina di pagine ho guardato la copertina per accertarmi che l'autore fosse veramente Pamuk. Libro di una banalità sconcertante tanto da sembrare un romanzetto rosa di Liala. Non scherzo: se fosse stato un manoscritto anonimo avrei detto che l'autore era Federico Moccia, o un suo imitatoe che aveva scritto una storia simile a Scusa ma ti chiamo amore.

Già la trama ( un ricco trentenne che sta per sposarsi e si innamora di una diciottenne ) doveva essere trattato con cautela. Pamuk invece lo infarcisce di melassa a più non posso. Certo è un romanzo scorrevole, piacevole se si vuole, di buoni sentimenti e ingenuità (l'innocenza), ma l' esagerato sentimentalismo rende piatta una storia già raccontata molte e molte volte. In qualche modo ricorda l'ossessione amorosa presente nel Marquez di L'amore ai tempi del colera, ma là almeno lo spessore del romanzo era ben maggiore. O ancora Il grande Gatsby ma li siamo proprio in un altro pianeta letterario.

Ovvio il titolo è azzeccato, le pagine superano le 400 cose che già fa pensare al lettore che il libro sia "complesso", certo gli editori dopo il premio volevano un romanzo che sarà stato certamente un successo commerciale mondiale, ma un nobel non può scrivere un libro così.
Lo riscatta parzialmente l'idea del museo e certe descrizioni di Instanbul ma per il resto....L'idea stessa del finale tragico pare un'inversione del finale della Noia moraviana e per certi versi anche lo stile pare in qualche modo del moravia de la Romana. La protagonista a cui vengono dedicate almeno i due terzi delle 575 pagine rimane incosistente, l'accumulazione dei particolari, delle descrizioni non la rende affatto vivida e originale, così come i personaggi secondari. Un buon 200 agine a mio avvsio potevano essere tagliate salvando molti alberi.
 

estersable88

dreamer member
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Quando entra nella boutique Champs élisés per comprare una borsa per la fidanzata Sibel, nella primavera del 1975, il trentenne Kemal Basmaci capisce subito che nulla sarà più come prima: è stato letteralmente folgorato dalla visione di Füsun, la commessa diciottenne del negozio che, oltre ad essere una sua lontana parente quasi dimenticata, ben presto diventerà la sua amante.
Nella primavera di quegli anni Füsun e Kemal vivono momenti felici nella clandestinità di ore rubate in un appartamento pieno di vecchi ricordi d’infanzia. I due amanti sono coscenti del sentimento fortissimo ed inevitabile che stanno vivendo, ma quando Kemal si fidanza ufficialmente con Sibel, Füsun scompare dalla sua vita. Il sentimento che invade il corpo, il cuore e l’anima del giovane, però, non accenna a scomparire e ben presto si trasforma in una vera e propria ossessione, in una malattia difficile da ignorare. Quando appare chiaro che Kemal non guarirà da questo amore, la sua fidanzata Sibel rompe il fidanzamento e l’uomo, sempre più preda di atroci sofferenze che allevia solo a contatto con gli oggetti precedentemente toccati da Füsun, si chiude in un inesorabile e degradante isolamento. Quando finalmente ritrova la sua amata e si propone di chiedere la sua mano, però, scopre che la ragazza nel frattempo ha dovuto sposarsi. Invece di allontanarsi da lei, Kemal, al quale basta anche solo vederla per stare meglio, instaura un’assidua frequentazione con la sua famiglia e la sua casa, che durerà ben otto anni. Quando, dopo tanta paziente e costante attesa, le cose sembrano finalmente andare per il verso desiderato, la vita di Kemal e Füsun subisce un’ultima, definitiva scossa ed i due non riusciranno a conservare la felicità tanto agognata che stavano cercando di costruirsi. Kemal, però, non si rassegna e, se non potrà più avere la sua Füsun, vuole che tutti possano conoscere la loro storia, che tutti vivano il suo amore per Füsun, gli oggetti della quotidianità, le locandine dei film, le foto delle strade in cui sono stati. Così crea il museo dell’innocenza e commissiona ad Orhan Pamuk la scrittura di un romanzo, di questo romanzo.
Pamuk scrive la storia di Kemal in prima persona, come se fosse proprio il protagonista a parlare, e lo fa in modo assolutamente realistico e partecipato. La terza protagonista di questa storia, oltre ai due innamorati, è poi la meravigliosa città di Istanbul che ha un ruolo fondamentale nella vita di Kemal, Füsun e gli altri personaggi, una città in bilico fra tradizione e modernità, in cui le contraddizioni fra oriente ed occidente sono vive e pregnanti nella vita di ognuno. Istanbul, con il suo fascino e la sua storia, è lo sfondo perfetto per un amore profondo, travagliato, struggente ed appassionato come quello vissuto da Kemal.
Le sensazioni che emergono da questo libro sono diverse ed anch’esse contraddittorie: troviamo fascino per le descrizioni di Istanbul e della vita in questa città; troviamo apatia, noia ed a tratti strazio per i tanti (troppi) momenti di attesa ed imbarazzo vissuti da Kemal negli otto anni di frequentazione della casa di Füsun; troviamo la sofferenza autentica vissuta da quest’uomo innamorato e combattuto fra la felicità e la colpa. Tutto questo in un racconto dettagliatissimo di trentaquattro anni di vita, attraverso i quali Kemal ci guida raccontandoci i momenti salienti ma anche quelli più comuni, ordinari o apparentemente insignificanti, con estrema venerazione di Füsun, del suo amore per lei e persino della sua sofferenza, talvolta sfiorando anche il ridicolo, l’umiliazione, la pedanteria.
Leggere questo libro per me è stata un’esperienza lunga ed estenuante. Non posso assolutamente dire che non mi sia piaciuto, non direi la verità… ma ho vissuto ogni pagina di questo romanzo sin troppo intensamente, interiorizzando e talvolta portando all’estremo le sensazioni che ne sgorgavano: ho provato dentro di me gran parte delle sensazioni descritte dal protagonista, la sofferenza, l’apatia, la pena per le umiliazioni… perciò lo consiglio, anche se credo che non lo rileggerò più, anche perché arrivare alla fine è stato oltremodo sfiancante, vista la quantità di emozioni scatenate. Però un pregio che devo riconoscere a questo romanzo è quello di avermi fatto amare ancora di più una città che mi affascina da sempre e che vorrei tanto visitare: Istanbul, la città che nel suo nome racchiude un’esperienza di vita totalizzante.
Non avevo mai letto nulla di Pamuk, ma ora anch’io riconosco l’amore che quest’autore nutre per la sua città, del quale avevo letto e che gli è valso un premio Nobel. Credo che, nonostante l’esperienza traumatica di questo bel libro, io e quest’autore ci rincontreremo… a voi non posso che augurare buona lettura.
 
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