Puskin, Alexsandr - 19 Ottobre

fabiog

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Lascia cadere il purpureo bosco i suoi ornamenti,
Inargenta il gelo il campo appassito,
Occhieggia il giorno come contro la sua volontà
E si nasconde oltre la cerchia dei monti circostanti.
Ardi, camino, nella mia cella deserta;
E tu, vino, amico dei freddi autunnali,
Versami nel petto un'ebbrezza di gioia,
Momentaneo oblio di amari tormenti.

Son triste: con me non c'è un amico,
Con il quale bere, dopo un lungo distacco,
Al quale stringere la mano di cuore
E augurargli molti anni felici.
Bevo da solo; invano l'immaginazione
Chiama intorno a me gli amici;
Non si sente un avvicinarsi noto,
E l'anima mia non aspetta una cara persona.

Bevo da solo, e sulle rive della Neva
Oggi gli amici fanno il mio nome....
Ma anche là sono tanti quelli che festeggiano ?
C'è ancora qualcuno che non avete contato ?
Chi ha tradito l'affascinante abitudine ?
Chi da voi ha portato via il freddo mondo ?
La voce di chi tace all'appello fraterno ?
Chi non è venuto ? Chi non c'è fra di voi ?

Non è venuto il nostro cantore riccioluto,
Con il fuoco negli occhi, con la chitarra dalla dolce voce :
Sotto i mirti della bellissima Italia
Egli quieto dorme, e uno scalpello amico
Non ha inciso su una tomba russa
Qualche parola nella lingua materna.
Perchè un tempo trovasse malinconico asilo
Il figlio del nord, che errava nel paese straniero.

Siedi tu forse, nel cerchio dei tuoi amici,
Inquieto amante di cieli stranieri ?
O di nuovo attraversi il tropico caldo
O i ghiacci eterni dei mari di mezzanotte ?
Felice cammino !... Dalla soglia del liceo
Tu scherzando hai avviato i passi sul vascello,
E da allora la tua strada è sui mari,
O tu, amato figlio delle onde e delle tempeste !

Tu hai serbato nel tuo errabondo destino
I vecchi costumi dei begli anni :
Il chiasso del liceo, i divertimenti del liceo
Tra le onde tempestose tu sognavi;
Tu tendevi a noi la mano di là dai mari,
Tu noi soltanto nella giovane anima portavi
E ripetevi : " A un lungo distacco
Il misterioso fato, forse, ci ha destinati ! "

Amici miei, bella è la nostra unione !
Essa, come l'anima, è indivisibile ed eterna
Incrollabile, libera e spensierata
Essa è cresciuta all'ombra delle amiche Muse.
Ovunque ci abbia gettati il destino,
E ovunque la sorte ci abbia condotti,
Noi siamo sempre gli stessi : a noi il mondo è estraneo;
La nostra patria è Carskoe Selo.

Di luogo in luogo cacciato dall'uragano,
Intrappolato nelle reti di un severo destino,
Con tremore nel seno di una nuova amicizia,
Stanco, ho chinato con affetto la testa...
Con la mia preghiera triste e ribelle,
Con la fiduciosa speranza dei primi anni,
Ad altri amici mi son dato con tenera anima;
Ma amaro è stato il loro non fraterno saluto.

E ora qui, in questo posto remoto,
Nella dimora delle deserte bufere e del freddo,
Mi si preparava una dolce consolazione :
Tre di voi, amici, dell'anima mia,
Qui io ho abbracciato. La casa, sospetta, del poeta,
O mio Puscin, per primo tu hai visitato;
Tu hai addolcito il triste giorno dell'esilio,
Tu l'hai trasformata, in un giorno del suo Liceo.

Tu, Gorcakov, fortunato dai primi giorni,
Lode a te - il freddo splendore della fortuna
Non ha tradito la tua libera anima:
Tu sei sempre tutto per l'onore e per gli amici.
Il severo destino ci ha assegnato strade diverse;
Entrando nella vitam, presto ci siamo separati:
Ma per caso in una via sterrata di paese
Ci siamo incontrati e fraternamente abbracciati.

Quando mi ha raggiunto l'ira della sorte,
Straniero a tutti, come un orfano senza casa,
Sotto la bufera ho chinato la mia languida testa
E ho atteso te, araldo delle vergini Muse,
E tu sei venuto, figlio ispirato della pigrizia,
O mio Del'vig : la tua voce ha risvegliato
L'ardore del cuore, così a lungo assopito,
E io arditamente ho benedetto il destino.

Dalla fanciullezza ardeva in noi lo spirito dei canti,
E la divina emozione abbiamo conosciuto;
Dalla fanciullezza due Muse son volate a noi,
E dolce fu il nostro destino per le loro carezze :
Ma io già amavo gli applausi,
Tu, orgoglioso, cantavi per le Muse e per l'anima;
Ho sperperato il mio dono come la vita, senza riguardo,
Tu hai educato il tuo genio nel silenzio.

Il servizio alle Muse non sopporta la vanità;
Il bello deve essere maestoso :
Ma con furbizia ci consiglia la gioventù,
E i sogni rumorosi ci rallegrano...
Ci ravvediamo- ma tardi ! E malinconicamente
Guardiamo indietro, e là non vediamo tracce.
Dimmi, Vil'gel'm, non c'è stato forse questo con noi
Mio fratello d'anima nella Musa, e per il destino ?

E' tempo, è tempo ! I nostri tormenti spirituali
Non li merita il mondo; via gli errori !
Nascondiamo la vita all'ombra della solitudine !
Io ti aspetto, mio amico ritardatario
Vieni; col fuoco di un racconto incantato
Ravviv le tradizioni care al cuore;
Parleremo dei tumultuosi giorni del Caucaso,
Di Schiller, della gloria, dell'amore.

E' tempo anche per me... festeggiate o amici !
Ho il presentimento di un gioioso incontro;
Ricordate le predizioni del poeta:
Passerà un anno, ed io sarò di nuovo con voi,
Si realizzerà la promessa dei miei sogni;
Passerà veloce un anno, e io sarò con voi !
O quante lacrime e quante esclamazioni,
E quante coppe, alzate verso il cielo !

E la prima che sia più colma, amici, più colma !
E beviamola fino in fondo in onore della nostra unione !
Benedici, Musa esultante,
Benedici : Evviva il Liceo !
Ai maestri, che hanno protetto la nostra giovinezza,
A tutti loro, e morti e vivi, onore,
Alzando alle labbra la riconoscente coppa,
Senza ricordare il male, ripaghiamo per il bene.

Più colma, più colma ! E ardendo nel cuore,
Di nuovo fino in fondo, bevete fino all'ultima goccia !
Ma per chi ? Amici, indovinate...
Urrah ! Il nostro zar ! Proprio ! Beviamo per lo zar!
Egli è un uomo! Il momento lo domina.
Egli è schiavo delle voci, dei dubbi e delle passioni;
Perdoniamogli l'ingiusta persecuzione :
Egli ha conquistato Parigi, egli ha fondato il Liceo.

Festeggiate, dunque, mentre siamo ancora qui !
Ahimè, il nostro circolo diventa sempre più e più rado;
Chi dorme nella tomba, chi è lontano, come un orfano;
Il destino guarda, noi appassiamo; corrono i giorni;
Impercettibilmente piegandoci e raffreddandoci,
Noi ci avviciniamo al nostro principio...
A chi di noi in vecchiaia il giorno del Liceo
Sarà dato di celebrare in solitudine ?

Infelice amico ! fra le nuove generazioni
Ospite importuno e superfluo ed estraneo,
Egli ci ricorderà nei giorni degli incontri,
Chiudendo gli occhi con mano tremolante...
Che egli almeno con gioia pur triste
Allora trascorra questo giorno davanti a una coppa,
Come ora io, eremita sotto sorveglianza,
L'ho trascorso senza amarezza e senza preoccupazioni
 
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