le donne dei vinti
Io ho orari di lavoro molto lunghi, spesso rientro a casa la sera tardi, a volte, quando necessario anche più tardi, quando la notte è già cominciata…
Il muro a me fa pensare alla guerra, fredda forse, ma pur sempre guerra, con morti e feriti ed infinite sofferenze che si è combattuta tra i due blocchi per decenni. E la sua caduta rimanda pertanto inevitabilmente alla fine della guerra, con tutto ciò che di bello e di meno bello questo comporta. Già, perché se la fine di una guerra è cosa buona di per se, non va dimenticato che finire una guerra significa anche che ci sono vincitori e vinti. Si, gli sconfitti.
Ricordate le guerre, quelle del passato anche recente, o di attualità, e poi su su fino a romani, greci, persiani? Erano affare spietato. Conquista, saccheggio, distruzione ed un comun denominatore: l’appropriarsi delle donne dei vinti. Prenderle, usarle, violentarle, stuprarle. Questo era il primo atto, dopo mesi di assedio che i vincitori si davano premura di porre in essere alla caduta di una città: stuprare le donne dei vinti. Brutta cosa. Eppure è sempre andata così.
Non riesco a togliermi dalla mente che la guerra fredda, in cui due sistemi si sono confrontati ed affrontati senza esclusione di colpi proponendo (e imponendo) a pezzi di mondo due diverse concezioni di economia, organizzazione e struttura di stato, abbia avuto la sua ultima battaglia sugli scaffali del supermercato, sulla capacità di riempirli, sulla capacità di metter nelle tasche della gente abbastanza denaro per comprare. Insomma, ciò che gli economisti pomposamente chiamano capacità ed efficienza di produzione e redistribuzione della ricchezza.
Ho orari lavorativi lunghi dicevo, e quando torno a casa tardi in macchina le vedo lì, sui nostri marciapiedi, le donne degli sconfitti, a disposizione dei vincitori, le donne di coloro che hanno perso la guerra. Le vedo sfilare all’indietro attraverso il vetro del finestrino della mia auto, mentre guido, con la musica bassa, il led dell’autoradio che brilla al buio. Grazie al cielo, penso a volte, qui abbiamo vinto. Pensiero antipatico: già… siamo sempre un po’ meschini…
Indipendentemente dalla bontà o meno del sistema politico di riferimento, a me la caduta del muro fa pensare a questo: alla fine della guerra. Alla peculiarità dei dirigenti politici dell’est, unici nella storia ad esser stati capaci di far violentare le donne dei loro paesi non dopo aver eroicamente combattuto tra lacrime e sangue ed esser stati sopraffatti (brutta cosa dicevo, ma è sempre andata così, non nuova se non altro) ma a colpi di offerte speciali, lì, tra gli scaffali del supermercato, tra la nutella e il nescafè.