XXIII G.L. - Il cappotto (Nikolaj Gogol)

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elisa

Motherator
Membro dello Staff
Eccoci arrivati a commentare il vincitore del XXIII Gruppo di lettura:

Il cappotto di Nikolaj Gogol

tutti quelli che l'hanno letto per il Gruppo di lettura possono dire la loro in questa discussione :YY
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
se qualcuno vuole appendere qui il cappotto, prego, faccia pure :D
 

isola74

Lonely member
Breve racconto che si legge molto velocemente. E' la prima opera che leggo di Gogol e devo dire che mi ha molto colpita.. Una storia "drammaticamente ironica", al tempo stesso amara e divertente, in cui l'autore mette a nudo l'ipocrisia e la cattiveria della burocrazia e della società perbene.
In più di un punto il povero impiegato Akakij Akakievic mi ha fatto una gran pena..
Surreale la fine, che avrei preferito diversa (ma solo per gusto personale: non mi piace troppo il genere Fantasy), ma tutto sommato ben amalgamata nel racconto.
Da leggere!
 

Palmaria

Summer Member
Anch'io oggi, presa una pausa dal libro che sto leggendo, ho iniziato e terminato questo racconto di Gogol, prima opera dell'autore cui mi sono avvicinata.

Mi è piaciuto molto soprattutto lo stile ricercato e al tempo stesso coinvolgente con cui lo scrittore guida il lettore per la San Pietroburgo dell'Ottocento, in cui un semplice copista, il protagonista Akakij, viene sbeffeggiato e deriso dai colleghi finchè non compie un balzo in avanti nella gerarchia sociale, potendo finalmente permettersi, dopo inenarrabili sacrifici, l'acquisto di un cappotto nuovo.

E proprio quando il racconto sembra terminato, Akakij, le cui vicende tanta compassione hanno suscitato nel lettore, acquista una forza inaspettata......

Sicuramente da leggere, anche se il mio voto si ferma a 4/5 perchè non prediligo particolarmente il genere del racconto...non faccio in tempo ad affezionarmi ai personaggi che già mi abbandonano.....:wink:
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
prima tornata di sintesi :YY

isola74: una storia amara e divertente, da leggere
Palmaria: piaciuto lo stile ricercato e coinvolgente, da leggere, 4/5




buona la prima :wink:
 

lettore marcovaldo

Well-known member
Gogol propone una satira del mondo borghese del suo tempo.
Usa il personaggio di Akakij Akakievic e la vicenda del suo cappotto per mostrare, la struttura di una nazione , al tempo sostanzialmente feudale e che sarebbe rimasta tale per molto tempo.
Nella rigida gerarchia della società del tempo e della burocrazia imperiale anche il semplice acquisto di un cappotto nuovo può servire a distinguersi e dare senso di importanza a chi si trova sui gradini più bassi della piramide sociale. Allo stesso tempo la perdita di considerazione può essere altrettanto fortuita e improvvisa e il povero Akakij Akakievic cade vittima di un meccanismo che fatalmente finirà per farlo soccombere.
Alla fine il protagonista trova in qualche modo la sua rivalsa , non in questa vita dove avrebbe ben poche possibilità , ma una volta che si è tramutato in fantasma.
Un racconto che mi è piaciuto anche se in alcuni passaggi ho trovato lo stile poco scorrevole, ma questo credo sia una caretteristica di molti scrittori dell'ottocento.
Amo molto i racconti brevi e questo è un degno rappresentante del genere.
Il mio voto è 4/5 .
 

Evy

Member SuperNova
Non avendolo trovato in biblioteca, lo sto leggendo da un file di word- grazie al link che qualcuno ha postato- ed è un pò stancante leggere al pc, considerando che son miope forte...
Diciamo che son arrivata a metà e son rimasta piacevolemnte sorpresa dallo stile di Gogol...
Il voto lo metto alla fine :wink:
 

elesupertramp

Active member
Iniziato e finito in poco più di un'ora, lo stile di Gogol mi ha decisamente appassionata e mi ha coinvolto emotivamente, facendomi provare una gran compassione per questo povero impegato offeso e vilipeso da tutti i personaggi con cui ha a che fare.
Mi ha ricordato molto il protagonista de Il sosia di Dostoevskij, anch'egli consigliere titolare nell'infernale apparato burocratico russo, entrambi schiacciati dalla logica del potere del più forte e senza alcuna possibilità di rivalsa, se non nei sogni o nella loro follia.
Bello: 4/5
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
secondo me, vista la brevità dell'opera, questo racconto potremmo leggerlo tutti :D

isola74: una storia amara e divertente, da leggere
Palmaria: piaciuto lo stile ricercato e coinvolgente, da leggere, 4/5
lettore marcovaldo: piaciuto, 4/5
elesupertramp: appassionato e coinvolto emotivamente, bello, 4/5
 

Minerva

New member
Il "Cappotto" è un racconto tragicomico con una morale, sorprendentemente, attuale.
La grigia e mediocre vita di un burocrate di Pietroburgo viene, dopo immani sforzi e sacrifici, "illuminata", per un giorno, dal possesso di un bel cappotto nuovo. Smesso il vecchio, soprannominato la "vestaglia", il protagonista può, dopo aver indossato il nuovo acquisto, entrare per una volta a testa alta al Ministero ed essere oggetto di ammirazione, e non di derisione, da parte dei colleghi.
Il cappotto è un mezzo per Akàkij per elevarsi socialmente, quasi uno status symbol: "se indossi un cappotto nuovo sei uno che conta", sembra l'interpretazione dello sguardo inquisitore dei colleghi, "se indossi un vecchio cappotto, liso e rattoppato, non sei nessuno".
Ecco, proprio in questa situazione, ovviamente "esasperata" dal bravo "Pirandello russo" (leggendo il racconto ho notato una assonanza tra l'ironia di Pirandello e quella di Gogol), trovo che ci sia attualità nella morale del racconto.
Se la nostra società, che vive per l'apparire, ci giudica, molto spesso, per ciò che abbiamo e per quello che indossiamo e non per ciò che siamo, analizzandoci: dal jeans al cellulare; dalla borsa al computer; dalle scarpe all'automobile passando per l'orologio; allora mi sento di affermare che c'è tanto di attuale in un burocrate della Pietroburgo del '1800 che si sente finalmente realizzato sol perché possiede un cappotto nuovo e "competitivo".
Penso che prima o poi leggerò anche il resto de "I racconti di Pietroburgo" di Gogol. :)
 

darida

Well-known member
Bello! Scritto egregiamente, una storia semplice resa interressante dall'uso magistrale delle parole, mi piace molto la parte del distacco-riscatto dalla realta' :) Amo i racconti brevi e questo e' di una completezza sorprendente.
 

Spilla

Well-known member
Akakij Akakievich... certo, c'era già un programma, in questo nome! Non conoscevo Gogol' e a tutta prima la sensazione che mi ha colto è stata di dejà vu (oddio, spero si scriva così:boh:). Ma non sono tratte da Dostoevskij, queste atmosfere tipiche dei vicoli e delle prospettive di Pietroburgo? E non è da Pirandello, questo connotare fortemente i personaggi nei gesti, nei colori, nelle righe del volto? Poi ho dato una scorsa alla biografia e mi sono messa a ridere da sola: Gogol' è venuto prima, quindi lui è l'imitato, gli altri gli imitatori!
Leggero e "moderno" questo racconto. Scorre, nella prima parte, come acqua di torrente. L'intento è certo di denuncia sociale, ma a colpire è la gigantesca figura di questo piccolo impiegato, che attrae le simpatie dell'autore non tanto per la povertà o la mansione di scarso rilievo, quanto per l'assoluta dignità con cui accetta -non rassegnato, ma contento!- la propria condizione. Akaij non vorrebbe cambiamenti, non solo non li cerca, ma li rifugge, presentendo forse che modificare qualche elemento di questa vita perfettamente statica gli sarebbe fatale.
Ma c'è bisogno d'un cappotto... ecco l'elemento nuovo, disarmonico, inopportuno. Certo, un cappotto per l'inverno pietroburghese è necessario, che farsene ormai della vecchia vestaglia? Eppure qui Akakij osa troppo, si illude, addirittura, di poter essere ammesso di diritto nella vita sociale dei suoi superiori. Come accade a tutti i vinti della letteratura, questa speranza di riscatto è destinata a finir male.
La morte consente al mite impiegato di realizzare una piccola vendetta personale. Che sia il suo fantasma o il rimorso che la sua scomparsa suscita in chi prima lo calpestava senza pensiero, è difficile ora non sentire il gelo nelle ossa quando si percorrono i freddi ponti sul fiume.
Di sorprendente modernità e freschezza, il racconto perde un po' di compattezza nella seconda parte, un po' slegata dal resto. Ma la prima parte è magistrale, tiene in sospeso il lettore che già sa come all'arrivo del cappotto seguirà una qualche sciagura per il malcapitato possessore. Come si può non parteggiare per questo Akakij Akakievich?
Splendida la pagina in cui si descrive la madre del protagonista, che "proprio non poteva" scegliere un altro nome.

Leggerò anche gli altri racconti, ora, chiaro!
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Sicuramente da leggere, anche se il mio voto si ferma a 4/5 perchè non prediligo particolarmente il genere del racconto...non faccio in tempo ad affezionarmi ai personaggi che già mi abbandonano.....:wink:

Quoto in pieno queste parole. Anch'io, per lo stesso motivo di Palmaria, prediligo i romanzi rispetto ai racconti.
"Il cappotto" è comunque, nel suo genere, un gioiello, proprio per la sua completezza nonostante il ristretto numero di pagine.
La società russa del tempo è descritta magistralmente, mentre si legge il libro sembra di essere lì, forse anche perchè, con i dovuti "arrangiamenti", la società che noi conosciamo di persona non è poi così diversa: arrampicatori sociali, abusi di potere, emarginazione e sopraffazione dei più deboli...tutti elementi, purtroppo, presenti in ogni società e in ogni tempo.
Akakij ispira tenerezza nel suo scegliere di non lottare per migliorare la propria vita, quasi inconsciamente pensasse di non meritarlo. Mi ha colpito molto vedere la sua trasformazione nel momento in cui comincia a risparmiare per comprare il cappotto, osservare come uno stimolo, un obiettivo anche minimo possa modificare in breve tempo l'approccio alla vita anche da parte della persona più spenta.
L'ultima parte - la vendetta del "fantasma" - mi è sembrata quasi un episodio de "Il maestro e Margherita" di Bulgakov, che sto leggendo in questo momento. Mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca, come una sensazione di incompiutezza, forse ingenuamente desideravo che il riscatto di Akakij avvenisse nella vita "reale" e che "tutti vivessero felici e contenti"...
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
aggiungo :YY

isola74: una storia amara e divertente, da leggere
Palmaria: piaciuto lo stile ricercato e coinvolgente, da leggere, 4/5
lettore marcovaldo: piaciuto, 4/5
elesupertramp: appassionato e coinvolto emotivamente, bello, 4/5
Minerva: sorprendentemente attuale
darida: bello, di una completezza sorprendente
Spilla: di sorpendente modernità e freschezza, 4/5
alessandra: un gioiello nel suo genere


direi un coro unanime, consiglio a questo punto di guardare il film Il cappotto, capolavoro di Alberto Lattuada
 

shvets olga

Member
Ripeto il mio vecchio commento sul Cappotto:mi sembra che A.A. era felice a modo suo: lui amava il suo lavoro e questo gia non e' poco : Sarebbe stato difficile trovare un uomo che vivesse così del suo lavoro. È poco dire che egli prestava servizio con zelo; no, prestava servizio con amore. Lì, in quel copiare, egli vedeva un certo mondo proprio, vario e piacevole. Noi siamo tutti un po' (o anche di piu) come A.A. sognando possedere chi la macchina, chi la casa, chi la pellicia, sentendo le stesse emozioni.


Il fine di racconto Gogol ha scritto con tutta la sua geniale providenza- trovare la giustezza e' una fantasia anche oggi.
I tipi di Gogol' sono molto precisi e purtroppo immortali.
5/5

Dostoevskij ha il suo A.A.-e’ Makar Devushkin- il protagonista del suo primo romanzo Povera gente.Lui (Makar) legge Il cappotto e offendersi dice: E’ semplicemente inverosimile, perche’ non puo’ capitare che vi sia un simile funzionario. Per lui questo libro e’ libello e malevolo. Invece a lui molto piace racconto Direttore della stazione di Pushkin con suo uomo piccolo-Samson Vyrin. E' molto interessante discorso di Makar (di Dostoevskij) sul Cappotto di Gogol (lettera da 8 luglio).
P.S.
Paolo Nori:"Ettore Lo Gatto considera I racconti di Belkin un’opera fondamentale tanto da dire che non e’ vero , quell che disse Dostoevskij che i romanzieri russi dell’Ottocento sono usciti tutti dal Cappotto di Gogol’, e’ vero piuttosto che sono usciti dal Direttore della stazione, uno dei Racconti di Belkin"
 

gio84

New member
Anche io mi sono avvicinata a Gogol per la prima volta con questo racconto.
Mi è piaciuta la scelta dell'editore di mantenere la traduzione italiana dell'Ottocento, che ben si addice alla descrizione e narrazione di una Pietroburgo di due secoli fa.
Un racconto così datato, ma così contemporaneo.
Il cappotto per A.A. è il nostro status symbol di oggi. L'oggetto cappotto ha avvicinato il protagonista alla casta sociale più elevata, ma si tratta della stessa classe sociale che disprezza nel racconto.
Il finale? Un fantasy un po' grottesco... ma la rivincita ci sta!!!

Voto: 3,5 su 5
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
continuo con la sintesi :YY

isola74: una storia amara e divertente, da leggere
Palmaria: piaciuto lo stile ricercato e coinvolgente, da leggere, 4/5
lettore marcovaldo: piaciuto, 4/5
elesupertramp: appassionato e coinvolto emotivamente, bello, 4/5
Minerva: sorprendentemente attuale
darida: bello, di una completezza sorprendente
Spilla: di sorpendente modernità e freschezza, 4/5
alessandra: un gioiello nel suo genere
shvets olga: 5/5
gio84: datato ma contemporaneo, 3,5/5

sarebbe una bella cosa se tutti gli utenti del forum leggessero e commentassero questo racconto :wink:
 

shvets olga

Member
Dopo che ho letto thread sul film Il cappotto di Lattuada Alberto voglio aggiornare il mio commento.Molti critici hanno accusato Gogol’ che i suoi personaggi sono maschere , che lui non apre tutta la psicologia dei suoi personaggi ,come per esempio A.A. che parla poco e male al contrario di Makar che esprime bene e lungo i suoi pensieri (Dostoevskij e’ Dostoevskij). Voglio dire che Dostoevskij, che e’ maestro di effigie psicologico, spiega tutto,noi cerchiamo capire i suoi personaggi e prenderli(o non prenderli), ma Gogol’ lascia spazio infinito per nostra fantasia,immaginazione, creatività.Secondo me stesso Dostoevskij aveva scritto Povera gente per sfidare l'opinione di Gogol'.
Ho trovato soltanto un ritratto di Makar

invece tanti ritratti di A.A. da diversi artisti:

http://a4-format.ru/book-titles.php?lt=195&author=26&dtls_books=1&title=151&submenu=5

Mi sembra e' molto importante scontro letterario tra Gogol’ e Dostoevskij, in nostro caso tra comportamento di A.A. di Gogol’ e Makar Devushkin di Dostoevskij( per paragonarli vi consiglio leggere se non intero romanzo solo lettera di Makar da 8 luglio) provo spiegare perche’:
A.A. di Gogol’ quando e’ stato offeso cosa fa?Cerca rassegniarsi? No,soffre in silenzio e muore, il male rimane impunito. E Gogol’ da possibilita fare giustizia a fantasma di A.A. Si e’ vero che possiamo discutere sul metodo: fantasma di A.A. castiga non soltanto il colpevole: "Per Pietroburgo si sparsero a un tratto delle voci, che al Ponte Kalinkìn e anche molto più lontano aveva cominciato ad apparire un morto dall'aspetto d'un impiegato che cercava un cappotto rubato e, con il pretesto del cappotto rubato, strappava da tutte le spalle, senza badare a grado o titolo "
Ma importante che Gogol’ cosi ci dice: non subire la umiliazione.
Cosa fa Makar di Dostoevskij? Accetta la sua sorte, secondo lui mondo cosi com’e, uno comanda l’altro deve subire, uno nasce ricco l’altro povero e cosi via. Parole, riflessioni ancora parole, ancora riflessioni…
Scusate per i post lungo ma voglio inserire ancora un pezzo da La disintegrazione dell'atomo di G.Ivanov:
"Il precoce tramonto pietroburghese si e’ spento da tempo. Akakij Akakievic, uscito da lavoro, procede verso il ponte Obuchov. La mantella e’ gia stata rubata? Oppure sta soltanto sognando una mantella nuova? L’uomo russo smarrito si trova su una strada estranea, di fronte a una finestra estranea, e la sua coscienza masturbatoria immagina ogni sospiro, ogni spasmo, ogni piega sul lenzuolo, ogni vena pulsante. Una donna lo ha gia ingannato, si e’ gia dissolta senza lasciare trace nel cielo nuvoloso della sera? Oppure lui prevede soltanto un incontro con lei? Che differenza fa?...
Akakij Akakievic riceve lo stipendio, copia delle scartoffie, mette da parte I soldi per una mantilla, pranza e beve tè. Ma tutto questo e’ solo la superficie, un sogno, una sciocchezza, qualcosa di assolutamente distante dall’essenza delle cose. Il punto, l’anima, e’ immobile e cosi piccolo che non la si riesce a scorgere nemmeno col piu’ potente dei microscopi. Ma all’interno, nel nucleo impenetrabile della solitudine, c’e un’infinita e assurda complessita, una terrificante forza esplosiva, sogni misteriosi, corrosive come acido solforico. L’atomo e’ immobile. Dorme pesantamente.Sogna il lavoro e il ponte Obuchov. Ma se provate a smuoverlo, a urtarlo, a frantumarlo…
La figlia di un generale, Psiche, un angioletto, corre, tutta in mussolina, verso l’ufficio di sua eccelenza mentre un topo d’ufficio, un omino, una nullita, ombra servile in finanziera di spalle altrui, le fa un profondo inchino. Tutto qua. Psiche balbetta: bon jour, papa, bacia la rosea guancia generalizia, risplende in un sorriso, fruscia con la mussolina e vola via. E nessuno sa, nessuno sospetta che vision sia questa, che sogno, vanita…
Con la testa, ottenebrata dalla noia della vita e dalla birra, sotto l’insinuante mormorio di una chitarra, Akakij Akakievic abbandona la vanita’ e la superficie e sprofonda nell’essenza delle cose. Sogni misteriosi avvolgono la figura di Psiche, e a poco a poco il pensiero avido di lui trasfonde nella carne desiderata di lei. Le barrier, tanto invalicabili di giorno, cadono da sole.Lui senza far rumore scivola lungo la vuota citta’ assopita, senza essere notato da nessuno entra nelle oscure stanze di sua eccelenza, come un’ombra silenziosa, fra una statua e uno specchio, lungo parquet e tappet si avvicina alla camera da letto dell’angioletto. Apre la porta, si ferma sull’uscio, guarda “il paradiso che nemmeno nei cieli”. Vede la biancheria di lei buttata sulla poltrona, vede il suo visetto addormentato sul cuscino, vede il panchettino dove lei ogni mattina poggia i piedini infilandosi le calzette candied come la neve. Lui era consigliere titolare, lei figlia di un generale. Ed ecco… Niente, niente, silenzio…
Al mormorio di una chitarra, ottenebrato da sogni misteriosi, da un’immaginazione decisa, infiammata, concentrate per lunghe ore, per lunghi anni verso un unico punto, lui materializza Psiche, la costringe a entrare nella sua soffitta, a giacere sul suo letto. E lei arriva, si sdraia, solleva l’orlo di mussolina, distende le ginocchia nude, di raso. Lui era consigliere titolare, lei figlia di un generale. Durante l’incontro le si era inchinato con fare servile, non osando sollevare gli occhi dale proprie scarpe risuolate. Ed ecco che spalancate le ginocchia, sorridendo con quell suo innocente sorriso angelico, attende ubbidiente che lui goda di lei a sazieta, pienamente, pienamente."
 

risus

New member
Questa è la storia di un impiegato qualunque che lavora in un dipartimento qualunque della grande macchina burocratica della San Pietroburgo di inizio '800. Un impiegato anonimo, un eterno consigliere titolare senza alcuna ambizione, oggetto dello scherno dei colleghi, dell'indifferenza di tutti gli altri... una sorta di ragionier Ugo Fantozzi ante litteram...

Una storia astratta, dai contorni indefiniti, fumosi, con un finale tutt'altro che tangibile. Ma per essere gustata, l'astrazione va riportata a particolari reali... e questo racconto affonda le radici proprio nella realtà...
Intanto i riferimenti autobiografici: un giovanissimo Gogol' era stato scrivano appena arrivato a San Pietroburgo, guadagnando la misera cifra di 400 rubli l'anno (toh, esattamente quanto Akakij Akakievic :wink:). In una lettera alla madre scriveva, in riferimento al suo stipendio e alle spese da sostenere, che non riusciva "nemmeno a farsi un soprabito caldo, indispensabile per l'inverno".
Precisi e molto concreti sono i riferimenti ai soldi, ai rubli, agli stipendi, ai cambi, quasi un'ossessione che caratterizza la prima parte della storia per evidenziare le enormi difficoltà dell'impiegato nel racimolare la giusta somma per il cappotto (più o meno 1000 euro per uno che ne guadagna 400/500 al mese :??:??).
Reale è San Pietroburgo, scenario della vicenda: una città in cui forte è il contrasto tra periferia e centro e che si regge su una rigida divisione in classi sociali; una città governata da polizia e burocrazia che figurano nel racconto a diversi livelli (guardie, commissari, capi, pezzi grossi :mrgreen:); una città piena di povera gente.

E povero è il nostro Akakij Akakievic, forse non per ceto ma per "vocazione", umile, docile, rassegnato, arrendevole... uno venuto al mondo per regredire...
Il suo nome la dice tutta: Acacio dovrebbe significare "docile, non malevolo", sembra costretto dal destino all'ubbidienza, quasi quasi un santo... esolo un santo, o giù di lì, è in grado di fare quello che fa Acacio alla fine della storia... :mrgreen::mrgreen:

Gogol' ci fa un grande regalo confezionando questo racconto che suscita riso, avolte amaro; un racconto grottesco e pieno di pietas, comico e fantastico, tutto allo stesso tempo, e che richiama alla mente la satira di Bulgakov nei confronti dei burocrati sovietici, l'apatia dello scrivano Bartleby sapientemente descritta da Melville, la rendenzione del signor Scrooge favorita da "fattori soprannaturali" di dickensiana memoria.
Ci fa un regalo perchè secondo molti dà il via allo sviluppo della successiva letteratura russa (E.M. de Vogue vede la mantella di Gogol' come eredità, "manto d'un profeta biblico lasciato ai discepoli"... per chi aveva ancora dubbi sul fatto della santità... :mrgreen::mrgreen::mrgreen:)
Ci fa un regalo perchè ci presenta un personaggio che non scorderemo facilmente. Akakij Akakievic, umile sì ma che non riesce a sottrarsi ad un unico peccato di vanità, alla regola non scritta che l'abito fa il monaco, come scriveva G.G. Belli in un sonetto composto pochi anni prima de Il cappotto... e chissà che Gogol' non l'abbia avuto tra le mani durante il suo soggiorno romano...
:wink::wink:

L'abbito nun fa er monico

L'abbito nun fa er monico? Eh, sse vede!
Pròvete intanto una sorvorta sola
De presentatte ar Papa in camisciola
E poi sappime a ddì ccome t'agnede.

Senza er landàvo sai che tte succede?
Che ssi tt'hanno da dì mmezza parola,
Pare, per dio, che jjè s'intorzi in gola:
E cquanno parli tu, nnun te se crede.

Hai tempo, fijjo caro, d'arà ddritto
E dd'esse galantomo immezzo ar core:
Tristo in ner monno chi sse mostra guitto.

Cqua er merito se tajja dar zartore.
Cqua la vertù in giacchetta è un gran dilitto.
Una farda ppiù o mmeno, ecco l'onore.
 
Stato
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