Hillesum, Etty - Diario

Cutty

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Difficile fare una mia recensione di un libro sul quale sono stati già scritti altri libri e pubblicate tesi di laurea. Però è uno dei miei preferiti, quindi ci provo perchè ho visto che qui manca. Il Diario di Etty Hillesum, pubblicato da Adelphi in 260 pagine, è una raccolta di pagine scelte dagli scritti personali dell'autrice, morta nei campi di concentramento nazisti a soli 29 anni. Non potrei farne un riassunto in quanto non si tratta di un romanzo con trama, ma troviamo le annotazioni, quasi quotidiane, di questa giovane donna che capisce a fondo ciò che sta avvenendo in Europa in quegli anni. Etty ci appare nelle prime 80-100 pagine una persona fragile, ripiegata su se stessa, piena di timori e di debolezze umane, poi pian piano trova (e noi con lei) un cammino interiore verso la comprensione di un significato profondo dell'esistenza, qualsiasi cosa, anche terribile, questa possa riservarci. Il Diario, pur citando distrattamente alcuni eventi storici, è e rimane una serie di riflessioni e pensieri. Vorrei darne un'idea citando alcune frasi (poche perchè me ne sono piaciute tantissime!!!).
All'inizio Etty ci dice che "forse ogni vita ha il proprio senso, forse ci vuole una vita intera per riuscire a trovarlo" (pag 48) e che "la nascita di un'autentica autonomia interiore è un lungo e doloroso processo" (pag 68). Pian piano che le restrizioni imposte agli ebrei diventano sempre più pesanti, Etty allarga il suo sguardo interiore: "Ma sopra quell'unico pezzo di strada che ci rimane, c'è pur sempre il cielo, tutto quanto" (pag 126) e non manca di ironia "oggi è cominciata l'era delle non-biciclette.... non dobbiamo più temere che le nostre bici vengano rubate. Per i nostri nervi è sicuramente un vantaggio. Anche nel deserto abbiamo dovuto farne a meno, per ben 40 anni" (pag 132). Secondo la Hillesum "la sofferenza non è al di sotto della dignità umana. Cioè: si può soffrire in modo degno, o indegno dell'uomo" (pag 136).
Ad un certo punto per questa giovane coraggiosa si presenta un'opportunità, forse la salvezza. Lei decide di rifiutarla per andare incontro al destino di milioni di ebrei perchè dice "dubito che mi sentirei bene se mi fosse risparmiato ciò che tanti invece devono subire" (pag 168), e parte come volontaria per Westerbork. Forse la pagina più toccante è la Preghiera della domenica mattina (pag 169) in cui, come in altre numerosi riflessioni, Etty si dimostra preoccupata di salvare in sè e negli altri l'immagine di Dio "Ti cerco in tutti gli uomini e spesso trovo in loro qualcosa di te. E cerco di disseppellirti dal loro cuore, mio Dio" (pag 194). "Si è a casa sotto il cielo. Si è a casa dovunque su questa terra, se si porta tutto in noi stessi..... dobbiamo essere la nostra propria patria" (pag 206)
A un certo punto il Diario si interrompe, la giovane è stata deportata ad Auschwitz. Le ultime parole del Diario (seguito poi da alcune lettere scritte da Westerbork) sono "Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite" (pag 239).
Terminato il libro non mi è parso di avere finito l'enensimo volume, ma di avere iniziato a scoprire qualcosa. L'ho riletto sottolineando ciò che mi aveva più colpito (le frasi che ho citato, seppure tante forse troppe, non sono che un assaggio delle molte che leggo e rileggo) e spesso lo riprendo in mano, come un vademcum dell'amore alla vita.
Spero di non essere stata troppo lunga o noiosa ma di aver offerto uno spunto per invitare alla lettura.
Grazie, Francesca
 
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