Schmitt, Eric Emmanuel - Il Vangelo secondo Pilato

Cutty

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Dopo aver letto il brevissimo delizioso Piccoli Crimini coniugali, in stile teatrale, un paio di anni fa mi sono addentrata in questo autore con vari libri. Secondo me il presente in oggetto è uno dei migliori.
Riassunto: L'autore, romanzando i Vangeli da un lato ed attingendo a fonti storiche dall'altro, immagina una sorta di "giallo" in cui Pilato si rode il cervello per scoprire chi ha veramente rubato il corpo di Gesù, che i discepoli si ostinano a dire Risorto. Testimonianze e dati tecnici contraddittori mettono in crisi l'illustre personaggio, e a complicargli le cose il sogno di Claudia.... alla fine scoprirà o no il "colpevole"? Una sorta di poliziesco a fondo storico, originalissimo e intrigante.
Per chi volesse avere un'idea di come va a finire..... ecco qua:
Pilato rimarrà nel dubbio, ma in questo cercare intorno la Resurrezione (oppure no) di Gesù, troverà se stesso e soprattutto ritroverà un legame e un amore più forte con l'amata moglie. Il romanzo termina vedendoli camminare insieme, lei di ritorno da un incontro dei primissimi cristiani, lui con nel cuore la domanda "Quod est Veritas, Claudia?".
 

sergio Rufo

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Pilato

tutto cio' che riguarda Pilato e' estremamente interessante. Si puo' dire, a ben ragione, che Pilato sia l'unico serio di tutto il Vangelo. Si puo' aggiungere persino che Pilato fu l'unico a capire che questo signor Gesu' era poca roba, un predicatore come tanti altri del passato e come tanti altri a venire.
Certo, Pilato dubito' e forse intui' qualcosa , ma sapeva bene che a Roma il disinteresse verso questo Gesu' era al massimo grado e se ne lavo' le mani.
Si legga a riguardo la Storia della guerra Giudaica di Giuseppe dove in ben 800 pagine, lo storico prigioniero dei Romani, dedico' solo 2/3 paginette alla vicenda della Crocifissione. Ne dedico', invece, decine alla crocifissione Romana di massa davanti alle porte di Gerusalemme.
" Non c'era piu' legno per le croci, non c'era piu' spazio per le crocifissioni"

E in piu': il bellissimo racconto di Anatole France, Il procuratore della Giudea, e le sue bellissime parole finali...sulla collina...:
Pilato :" Gesu'?....non ricordo questo nome..."
 

Zefiro

da sudovest
una questione di volumi

(...) che questo signor Gesu' era poca roba, un predicatore come tanti altri del passato e come tanti altri a venire. (...)

GULP! Questa mi sembra invero dura assai da sostenere. Non parlo del crederci o meno, ma di una questione di "volume" inteso come rilevanza dell’ effetto a cascata.
Il Cristianesimo in fondo ha “solo” modellato duemila anni di storia in una parte non trascurabile di mondo. Per tacer degli effetti sul pensiero, sull’arte, sulla cultura, sulla politica, sul potere e quant’altro. Il tutto nel bene e nel male a seconda delle circostanze e delle opinioni.

L’osservazione a supporto poi non dimostra nulla. Non sarebbe né la prima né l’ultima volta che uno storico o più storici o tutti gli storici, nonchè il potere del momento, non colgano la rilevanza di un fatto che nel tempo si rivela poi discriminate o quantomeno non marginale.

Insomma, “poca roba un predicatore come tanti altri” mi sembra un tantinino eccessivo perfino per un osservatore di parte. :wink:
 

sergio Rufo

New member
Zefiro, ovvio che " poca roba" si tratti solamente di un rafforzativo. :)
Gesu' e il Cristianesimo hanno rappresentato molto per l'occidente nessuno lo discute, ma anche questo non dimostra niente di piu' niente di meno che una grande credenza. Non certo la verita'.
Ma si sa: quando si parla di fede , inutile discutere a lungo. Per un buddista Budda e' tutto.

Il mondo, del resto , vive di grandi fraintendimenti o poca roba.:)
 

Zefiro

da sudovest
Zefiro, ovvio che " poca roba" si tratti solamente di un rafforzativo. :)
Gesu' e il Cristianesimo hanno rappresentato molto per l'occidente nessuno lo discute, ma anche questo non dimostra niente di piu' niente di meno che una grande credenza. Non certo la verita'.
Ma si sa: quando si parla di fede , inutile discutere a lungo. Per un buddista Budda e' tutto.

Il mondo, del resto , vive di grandi fraintendimenti o poca roba.:)

E con questo post invece non posso che convenire.
Come cercavo di spiegare, ne facevo una oggettiva questione di "volumi" appunto. Non riesco ad immaginare nulla di più "voluminoso" per il mondo occidentale. :wink:
 

bouvard

Well-known member
Ho deciso di leggere Il Vangelo secondo Pilato perché mi affascinava l’idea di leggere un altro Vangelo “alternativo” dopo quello (ben riuscito) di Saramago. E mi incuriosiva l’idea che a scriverlo fosse stato proprio un credente.
Nella prima parte del libro a parlare è direttamente Jeshua che ci da la sua “versione dei fatti”. Conosciamo così prima un bambino che immagina di essere dio e scopre miseramente di non esserlo. Poi un credente che non accetta passivamente le Scritture, ma snerva i rabbini con le sue continue domande perché vuole capire. Ed infine un uomo che dubita, sempre, fino all’ultimo istante, perché il dubbio è parte stessa della sua Fede.
Nella seconda parte del libro a parlare è invece Pilato. E il libro diventa una sorta di giallo: chi ha rubato il corpo di Cristo dal sepolcro? E come in ogni giallo che si rispetti gli indiziati su cui cadono i sospetti riescono uno alla volta a scagionarsi. La scomparsa è un complotto di Caifa? Di Giuseppe d’Arimatea? O invece semplicemente Jeshua non è mai morto? La ricerca del suo corpo diventa per Pilato anche una ricerca di se stesso e stando all’enigmatica frase finale…
Le premesse perché questo libro potesse piacermi c’erano tutte, ma qualcosa è andata storta da qualche parte. Probabilmente per colpa mia e non del libro. Purtroppo quando si parla di religione sono ipercritica, l’enfasi eccessiva, i facili entusiasmi, le “sdolcinature” mi danno prurito. E il problema è che il mio concetto di “sdolcinature” in questo ambito è piuttosto ampio.
Il Jeshua di Schmitt dubita di tutto, ma di questi dubbi l’autore non è riuscito mai a farmi cogliere il dramma, la lacerazione, il dolore interiore. “Una frase mi fa tremare più di un paragrafo” così Schmitt giustifica le sue frasi lapidarie inanellate una dietro l’altra con poco approfondimento. Se la frase è “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” sono d’accordo, è una frase che dice tutto senza bisogno di dilungarvisi ulteriormente sopra, ma le frasi che non hanno questa profondità possono aver bisogno di un paragrafo per farsi cogliere a fondo.
Infine mi ha molto deluso anche lo “sfruttamento” dell’idea pascaliana della scommessa su Dio, anche perché – secondo me – viene usata in un contesto sbagliato.
Il libro non è una brutta lettura, è scorrevole e si legge facilmente, ma non me ne vogliano gli estimatori l’ho trovato un po’ scontato e con qualche frase fatta di troppo. Resto della mia idea che i libri sulla religione scritti da scrittori atei siano più profondi e decisamente più interessanti.
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
Ho deciso di leggere Il Vangelo secondo Pilato perché mi affascinava l’idea di leggere un altro Vangelo “alternativo” dopo quello (ben riuscito) di Saramago. E mi incuriosiva l’idea che a scriverlo fosse stato proprio un credente.
Nella prima parte del libro a parlare è direttamente Jeshua che ci da la sua “versione dei fatti”. Conosciamo così prima un bambino che immagina di essere dio e scopre miseramente di non esserlo. Poi un credente che non accetta passivamente le Scritture, ma snerva i rabbini con le sue continue domande perché vuole capire. Ed infine un uomo che dubita, sempre, fino all’ultimo istante, perché il dubbio è parte stessa della sua Fede.
Nella seconda parte del libro a parlare è invece Pilato. E il libro diventa una sorta di giallo: chi ha rubato il corpo di Cristo dal sepolcro? E come in ogni giallo che si rispetti gli indiziati su cui cadono i sospetti riescono uno alla volta a scagionarsi. La scomparsa è un complotto di Caifa? Di Giuseppe d’Arimatea? O invece semplicemente Jeshua non è mai morto? La ricerca del suo corpo diventa per Pilato anche una ricerca di se stesso e stando all’enigmatica frase finale…
Le premesse perché questo libro potesse piacermi c’erano tutte, ma qualcosa è andata storta da qualche parte. Probabilmente per colpa mia e non del libro. Purtroppo quando si parla di religione sono ipercritica, l’enfasi eccessiva, i facili entusiasmi, le “sdolcinature” mi danno prurito. E il problema è che il mio concetto di “sdolcinature” in questo ambito è piuttosto ampio.
Il Jeshua di Schmitt dubita di tutto, ma di questi dubbi l’autore non è riuscito mai a farmi cogliere il dramma, la lacerazione, il dolore interiore. “Una frase mi fa tremare più di un paragrafo” così Schmitt giustifica le sue frasi lapidarie inanellate una dietro l’altra con poco approfondimento. Se la frase è “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” sono d’accordo, è una frase che dice tutto senza bisogno di dilungarvisi ulteriormente sopra, ma le frasi che non hanno questa profondità possono aver bisogno di un paragrafo per farsi cogliere a fondo.
Infine mi ha molto deluso anche lo “sfruttamento” dell’idea pascaliana della scommessa su Dio, anche perché – secondo me – viene usata in un contesto sbagliato.
Il libro non è una brutta lettura, è scorrevole e si legge facilmente, ma non me ne vogliano gli estimatori l’ho trovato un po’ scontato e con qualche frase fatta di troppo. Resto della mia idea che i libri sulla religione scritti da scrittori atei siano più profondi e decisamente più interessanti.

senti Ale
se non ti piace nun so che farci ...
me ne lavo le mani !

:wink:
 
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