Haiku

Sir

New member
Chi conosce e apprezza la più breve forma di poesia giapponese, composta da 3 versi di 5-7-5 sillabe?
In origine era la parte iniziale di un tanka, una poesia leggermente più lunga, ma a partire dal XVII secolo ha iniziato a godere di vita propria, acquisendo sempre più valore e notorietà, anche internazionale.
Tra gli autori più importati, Matsuo Basho, Yosa Buson, Kobayashi Issa.

Qualche esempio...

Basho

languore d’inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento

fuyugare ya
yo wa hito io ni
kaze no oto



Buson

luna d’estate:
perduta nell’erba lo sguardo
del guardiano del tempio

domori no
ogusa nagametsu
natsu no tsuki



Issa

sul cane addormentato
la leggera corona
di una foglia

neta in uni
fuwa to kabusaru
hito ha kana
 

lillo

Remember
Gli haiku sono componimenti poetici che mi hanno sempre colpito, perchè il passaggio tra la descrizione della natura e la sensazione emotiva che questa provoca nell'autore lascia un senso di vuoto, un salto della percezione; come il vedere scorrere una dietro l'altra 2 immagini tra di loro apparentemente (solo apparentemente) avulse.
 

Mizar

Alfaheimr
Il mio preferito, è stellare

Issa

bellezza:
in un buco negli shoji
scorre il fiume celeste

Gli shoji son i famigerati pannelli di carta e legno. Attraverso di essi, scorgiamo il trascorrere della Via Lattea. Ciò che inquieta è la possibile natura riflettente del 'fiume celeste'. Essa non è solo dinanzi ai nostri occhi: a svelarlo è un velo.
Difficile togliermi dalla capoccia che se queste diciassette sillabe fossero state composte al di quà del Volga oggi sarebbero considerate gran prova di indicibile modernismo.

Poi...

Gonsui

c'è una meta
per il vento dell'inverno:
il rumore del mare


Basho

Basho [un banano] nel temporale;
il gocciolio dell'acqua nel catino
scandisce la mia notte


...ed il pascoliano :mrgreen:...


un lampo,
e a trafiggere la notte
il grido della nitticora


Abbiamo gli occidentali tentativi di Borges

1

Qualcosa me han detto
la sera e la montagna.
Ma l’ho perduto.


2

La vasta notte
no è ora null’altro
che un profumo.


3

Esiste o no
il sogno che smarrii
prima dell’alba?


4

Mute le corde.
La musica sapeva
quello che sento.


5

Oggi non ride
il mandorlo dell’orto.
È il tuo ricordo.


6

Oscuramente
libri, stampe, le chiavi
han la mia sorte.


7

Da quel giorno
non ho toccato i pezzi
sulla scacchiera.


8

Sopra il deserto
avvengono le aurore.
Qualcuno lo sa.


9

L’oziosa spada
sogna le sue battaglie.
Altro è il mio sogno.


10

L’uomo è spirato.
La barba non lo sa.
Crescono le unghie.


11

Questa è la mano
che tal volta toccava
la tua chioma.


12

Sotto la gronda
lo specchio non riflette
più che la luna.


13

Sotto la luna
l’ombra che si allunga
è una sola.


14

È un impero
quella luce che muore
o una lucciola?


15

La luna nuova
Lei pure la guarda
da un’altra porta.


16

Lontano un trillo.
L’usignolo non sa
che ti consola.


17

La vecchia mano
ancora scrive versi
per dimenticare.
 

Sir

New member
Il mio preferito, è stellare

Issa

bellezza:
in un buco negli shoji
scorre il fiume celeste

Gli shoji son i famigerati pannelli di carta e legno. Attraverso di essi, scorgiamo il trascorrere della Via Lattea. Ciò che inquieta è la possibile natura riflettente del 'fiume celeste'. Essa non è solo dinanzi ai nostri occhi: a svelarlo è un velo.
Difficile togliermi dalla capoccia che se queste diciassette sillabe fossero state composte al di quà del Volga oggi sarebbero considerate gran prova di indicibile modernismo.

Eccezionale componimento, e condivido la tua riflessione.

Visto che li hai citati, che ne pensi dei "tentativi" occidentali come quelli di Borges e tanti altri?
Io li trovo apprezzabili ma sempre e comunque fuori luogo; in occidente si possono scrivere cose brevi, brevissime, più o meno ermetiche, ma non un haiku in senso stretto. Esso è legato in maniera inscindibile alla lingua giapponese; ogni popolo e ogni paese ha una lingua che si crea intorno alla propria cultura e alla propria estetica, e quella nipponica è insostituibile per questi componimenti, capace com'è di essere essenziale, precisa e indefinita al tempo stesso.
17 sillabe inglesi, italiane, francesi o tedesche rischiano costantemente di strabordare di significati superflui anche dalle virgole. :mrgreen:

Un altro haiku, sempre di Kobayashi Issa, che mi stordisce immancabilmente ad ogni lettura tanto che non saprei al momento come descriverlo, è questo:



in questo mondo
contempliamo i fiori;
sotto, l’inferno


yo no naka wa
jikoku no ue no
hanami kana
 

Mizar

Alfaheimr
Eccezionale componimento, e condivido la tua riflessione.

Visto che li hai citati, che ne pensi dei "tentativi" occidentali come quelli di Borges e tanti altri?
Io li trovo apprezzabili ma sempre e comunque fuori luogo; in occidente si possono scrivere cose brevi, brevissime, più o meno ermetiche, ma non un haiku in senso stretto. Esso è legato in maniera inscindibile alla lingua giapponese; ogni popolo e ogni paese ha una lingua che si crea intorno alla propria cultura e alla propria estetica, e quella nipponica è insostituibile per questi componimenti, capace com'è di essere essenziale, precisa e indefinita al tempo stesso.
17 sillabe inglesi, italiane, francesi o tedesche rischiano costantemente di strabordare di significati superflui anche dalle virgole. :mrgreen:
Sono d'accordo. Rimane...un tentativo, quasi una esercitazione.
Concordo in particolare sul discorso delle radici culturali. Noi uomini non nasciamo in ogni terra ma in preciso locus: qui ed ora. Siam legati a terra, cielo, lingua, tradizioni, riti. Personalmente diffido (per non dir altro :mrgreen:) di certe qual convinzioni o effusioni o suggestioni (si pensi al new age) dimentiche di ciò. Noi nasciamo e siamo occidentali: piaccia o meno.


Un altro haiku, sempre di Kobayashi Issa, che mi stordisce immancabilmente ad ogni lettura tanto che non saprei al momento come descriverlo, è questo:



in questo mondo
contempliamo i fiori;
sotto, l’inferno


yo no naka wa
jikoku no ue no
hanami kana
E' curioso che io abbia pensato di postare anche questo haiku. Splendido. Ciò che amo (si sarà capito) è la questione 'formale'. Idee, questioni, domande son le medesime per ogni latitudine. Ma terribile e bello comprendere come stessi 'enti' e pensieri vengano declinati diversamente nel mondo; in forme e vesti e stili e tecniche altre. Ciò mi dice del sapore, dell'odore delle tradizioni.


Per stemperare i toni, posto questo divertente video del "nostro" John Cage
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