Baldassarre Embriaco
Sud e magia
“Ma è già l'ora di andarsene, io a morire, voi a vivere; chi dei due però vada verso il meglio, è cosa oscura a tutti, meno che al dio”.
E’ la conclusione dell’Apologia di Socrate. Socrate condannato a morte per empietà, i suoi accusatori soddisfatti, ma perplessi dalle sue confutazioni.
Bene supremo per il Filosofo è la virtù, non i soldi, non il benessere, tuttavia non li disprezza infatti dice: "L'eccellenza non deriva dalla ricchezza, ma dalla virtù provengono la ricchezza e tutti gli altri beni per gli uomini, sia come privati sia in quanto comunità.".
Dunque ben vengano le ricchezze, ma senza sacrificare la virtù.
Socrate è una sorta di grillo parlante, con la sua ironia mette in piazza le debolezze degli uomini, la loro mancanza di virtù, la loro arroganza, ridicolizza la loro prosopopea. Ciò gli costa la vita. Non c’è niente di peggio per un potente che essere ridicolizzato in pubblico.
Tuttavia potrebbe salvarsi abiurando, o più semplicemente promettere di restarsene in silenzio per i pochi anni che gli restano da vivere (è già un vecchio di settanta anni, che per l’epoca era una venerandissima età), non lo fa, perché così facendo tradirebbe la missione affidatagli da dio, e non sia mai.
La condanna è ingiusta, ma è decisa secondo legge, non resta quindi che accettarla.
Ringraziamo Platone per aver scritto quest’apologia, ringraziamo Socrate per essere vissuto.
E’ la conclusione dell’Apologia di Socrate. Socrate condannato a morte per empietà, i suoi accusatori soddisfatti, ma perplessi dalle sue confutazioni.
Bene supremo per il Filosofo è la virtù, non i soldi, non il benessere, tuttavia non li disprezza infatti dice: "L'eccellenza non deriva dalla ricchezza, ma dalla virtù provengono la ricchezza e tutti gli altri beni per gli uomini, sia come privati sia in quanto comunità.".
Dunque ben vengano le ricchezze, ma senza sacrificare la virtù.
Socrate è una sorta di grillo parlante, con la sua ironia mette in piazza le debolezze degli uomini, la loro mancanza di virtù, la loro arroganza, ridicolizza la loro prosopopea. Ciò gli costa la vita. Non c’è niente di peggio per un potente che essere ridicolizzato in pubblico.
Tuttavia potrebbe salvarsi abiurando, o più semplicemente promettere di restarsene in silenzio per i pochi anni che gli restano da vivere (è già un vecchio di settanta anni, che per l’epoca era una venerandissima età), non lo fa, perché così facendo tradirebbe la missione affidatagli da dio, e non sia mai.
La condanna è ingiusta, ma è decisa secondo legge, non resta quindi che accettarla.
Ringraziamo Platone per aver scritto quest’apologia, ringraziamo Socrate per essere vissuto.
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