Vladimir
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È uscito recentemente per Archinto (piccolo editore milanese) questo prezioso volumetto che raccoglie la corrispondenza che Shalamov ha intessuto con Paternak dal 1952 al 1956, più le memorie del primo sull'autore del Dottor Zhivago. Scorrendo queste lettere, il fatto che salta immediatamente agli occhi è la forza d'animo e l'enorme dignità di Shalamov: nonostante la discesa all'inferno del gulag, non ha mai perso fiducia nella vita, nella bellezza, nel ruolo che la poesia può giocare nel mondo e nell'umanità. La prima lettera di Shalamov è datata 22 febbraio 1952 (era stato liberato nel 1951) e da quel giorno, i due scrittori discuteranno quasi esclusivamente di letteratura; la vita personale, le rispettive disgrazie, la politica restano fuori da questo dialogo umano, appassionato ed intenso. Shalamov non scrive mai della sua tragedia personale e l'unica volta che lo fa è per correggere un'imprecisione in una descrizione di in campo presente nel Dottor Zhivago, scusandosi con Pasternak per aver raccontato delle "cose tristi". Shalamov non voleva dimenticare la Kolyma, solo che la missione di portare avanti quella verità, lo aveva assegnato ai suoi racconti, e la conferma e nelle sue parole: "Io non scrivo dei campi più di quanto Exupéry non scriva del cielo, o Melville del mare. I miei racconti sono, in sostanza, consigli ad un individuo di come comportarsi nella folla... Per non essere solo più a sinistra della sinistra, ma per essere anche più reale della realtà, affinché il sangue sia vero e senza nome..." Shalamov era un socialista vero, credeva fermamente nel nuovo potere sovietico, ma quando si accorse che ormai la rivoluzione era stata tradita e lo stalinismo stava diventado il più reazionario dei regimi, cominciò a pubblicare gli scritti di Lenin nei quali questi esplicitava i suoi timori riguardo a Stalin. Fu immediatamente ricompensato dal potere. Dopo un primo arresto nel 1929, fu nuovamente fermato nel 1937 e da quell'episodio cominciò a rendersi conto che "negli arresti non c'era nessun errore, che si stava svolgendo la distruzione pianificata di un intero gruppo sociale, di tutti coloro che della storia russa degli ultimi anni avevano tenuto a mente quello che non dovevano..." Già, chi ricordava i precetti di emancipazione umana, la giustrizia sociale, la libertà di parola, di stampa, di espressione artistica, per cui s'era fatta la rivoluzione, era un pericoloso "nemico del popolo". Questo libro ci presenta un Shalamov diverso, un'immagine meno triste e più umana di uno dei più grandi scrittori russi del XX secolo. Da leggere assolutamente.
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