Stendhal - La Certosa di Parma

Wilkinson

Member
Rileggere le avventure di Fabrizio del Dongo è sempre piacevole. Il libro scorre via delizioso perdendosi nelle mille trame che nascono di pagina in pagina col suo famoso stile da codice civile. Stendhal ci pone davanti eventi e intrighi con rapidità e leggerezza descrivendo dall'alto la vita di Fabrizio e, in questo modo distaccato, facendoci riflettere sulla vita in generale, sul suo scorrere, sul suo significato. Le pagine iniziali dedicate alla Waterloo di Napoleone non sono casuali : Stendhal è attirato dagli eccessi della passione folle che si riversano in Fabrizio e lo portano nelle più incredibili vicissitudini e testimone di eventi straordinari.
Un libro magnifico che incanta con la sua ricchezza, un classico da leggere.
 
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pigreco

Mathematician Member
Da leggere assolutamente

Concordo con la recensione. Trovo che i temi trattati siano molto vicini a "Il rosso e il nero", in particolare la contrapposizione tra la passione amorosa e la spiritualità religiosa, però credo che siano entrambi due libri da leggere a tutti costi. Voto massimo per quanto mi riguarda.
 

elena

aunt member
Il mio giudizio su quest'opera e' decisamente altalenante :??
All'inizio non riuscivo a creare alcun rapporto empatico con il protagonista (al contrario di Julien il protagonista de Il rosso e nero che, nonostante le pecche di carattere, mi ha subito conquistato) e, di conseguenza, non riuscivo ad interessarmi molto alle sue avventure.
Poi mi sono appassionata alle vicende rocambolesche di Fabrizio del Dongo, sia per la forza assoluta delle sue passioni sia per l'ambientazione, ricca di minuziose e ironiche descrizioni di corti e cortigiani, sempre coinvolti in mille intrighi.
La parte finale.....l'ho trovata estremamente frettolosa.....quasi che l'autore, dopo aver dato prova di grandi capacita' descrittive e fantasiose, ...........fosse stufo della storia e volesse affrettarsi a scrivere la parola "fine" :?

Considerato che la parte che ho apprezzato di piu', rappresenta i 3/4 del romanzo .....posso concludere che e' un buon classico da leggere .......anche se, a mio parere, di un livello decisamente inferiore rispetto a Il rosso e il nero.
 

Wilkinson

Member
Al di là del giudizio sulla preferenza tra i lavori di Stendhal, bisogna sottolineare che la fine precipitosa che si riscontra nella Certosa fu imposta all'autore dallo stampatore che si rifiutava di pubblicare un'opera di mole così imponente. Stendhal fu così costretto a tagliare la parte finale, da qui la frettolosità delle ultime pagine.:)
Nei due anni successivi pensò di porre mano alla parte finale restituendone lo spessore originario ma poi decise di lasciare l'opera com'era.
 
Lo sto rileggendo e ne sono nuovamente appassionata.
Concordo sul fatto che Sorel è più affascinante di Del Dongo, ma Stendhal è sublime anche nella Certosa.
Ciò che coinvolge è anche l'aspetto autobiografico, l'esperienza dell'autore al seguito della Grand Armée.
E quell'inconscienza che, in un primo momento, avevo confuso con inesperienza.
O giovinezza.
Ma il mio compagno mi ha aperto gli occhi: è gaiezza.
 

sergio Rufo

New member
Ah, Stendhal!
Bastano poche pagine , le prime, della Certosa di Parma per respirare tutta la giocosita' , tutto il brio, tutta la baldanza di uno Stendhal.
Quei Milanesi tetri e tristi, quegli Austriaci oscuri un poco grigi, immalinconiti da uno peso greve, infiacchiti nell'animo e nello spirito.
Il suo incedere, la sua entrata in scena in questa storia, e' accompagnata - come controaltare di questo panorama malaticcio - dallo spirito vitale, dallo spirito "allegro" di quel vento nuovo, forte, intenso, d'oltre alpe, quel vento che di nome fa la Grand Armee'.
Questa Grand Armee' che incomincia nel 1796 a spazzare le piane d'europa, a ristabilire certi valori, a rinnovare uno spirito europeo monarchico non solo nelle istituzioni, ma nel profondo del suo cuore.
Questa Grand Armee' che scende nel Milanese, passando dal Lodigiano, con tutta la sua baldanza, tutta la sua profonda leggerezza, e infine con quella sua spinta vitale, in movimento.
E al pari del movimento della guerra, questa grande danza, questo grande ballo, le pagine del grande scrittore, incominciano da par loro, a " muoversi, a prendere corpo, a definirsi.
Si respira aria nuova! sia a Marengo, sia nelle sue pagine : quell'aria degli spiriti superiori.
 

Wilkinson

Member
Ah, Stendhal!
Bastano poche pagine , le prime, della Certosa di Parma per respirare tutta la giocosita' , tutto il brio, tutta la baldanza di uno Stendhal.
Quei Milanesi tetri e tristi, quegli Austriaci oscuri un poco grigi, immalinconiti da uno peso greve, infiacchiti nell'animo e nello spirito.
Il suo incedere, la sua entrata in scena in questa storia, e' accompagnata - come controaltare di questo panorama malaticcio - dallo spirito vitale, dallo spirito "allegro" di quel vento nuovo, forte, intenso, d'oltre alpe, quel vento che di nome fa la Grand Armee'.
Q.

Già bellissime ..
e pensare che Balzac, primo entusiasta sostenitore dell'opera, gli consigliava di tagliare la prima parte...
per fortuna Stendhal fece di testa sua e la lasciò com'era :)
 

sergio Rufo

New member
Hai ragione Wilkinson. Non sapevo di questo particolare, ma Stendhal fortunatamente non ascolto'! :)
 

sergio Rufo

New member
Spiriti leggeri perche' spiriti superiori. Tutto questo e' Stendhal!

Il leggero spirito con cui Fabrizio parte per la battaglia; con cui arriva a Waterloo accompagnadosi, per caso, al Generale Ney; quello spirito che lo preme al desiderio di partecipare alla guerra pur non sapendone molto; questo spirito e' tipico di Stendhal.
Un'innocenza che fara' da antitesi per tutto il romanzo: l'innocenza di uno spirito superiore in tutte le minime e massime cose della vita, come l'amicizia, l'amore, la politica.
Antitesi perfetta di tutta quell'altra malizia sociale, di classe, politica per l'appunto.
Mosca, la duchessa Sanseverina, Rassi, il principe stesso Eugenio, tutti personaggi di sfondo carichi e sovracarichi di quella pesantezza sociale di facciata, di recita.
Fabrizio Del Dongo non sa nulla di tutto questo; non sa niente di intrighi politici, ancor meno sa di tutte quelle intrecciate congiunture d'interessi; non si cura del futuro, della propria posizione; non pesa sulla bilancia della convenienza nessun atto della propria vita; passionalmente, parte per la guerra, sfida a duello, uccide un brigante, s'innamora e si disinnamora; non aprofitta del suo nome, della sua casata; non accetta compromessi, non scappa, non fugge quando potrebbe farlo, si stupisce di certo maneggi, di certi calcoli; infine pone il suo volere come ricerca dell'amore e della passione.
Fabrizio e' l'ingenuita' in un mondo dove tutto e' calcolo e convenienza. La lotta di Fabrizio, in fondo, e' una lotta al concetto di Potere.
E si sa bene, anzi benissimo, i colori con i quali Stendhal dipinge i suoi beniamini, i suoi eroi come nel caso del Del Dongo: colori accesi, forti, volitivamente intensi.
 

sergio Rufo

New member
La Grand Armee' come" necessita' "

L'interpretazione della Grand Armee' di Luigi Migliorini rivela uno storico profondo, sensibile, attento.
Scevro dai pregiudizi pacifisti, scevro da quella monotona retorica moralistica, Miglioni concentra sullo sfondo dell'Impero Napoleonico la guerra come necessita' non solo politica, sociale, ma come necessita' esistenziale. Il momento Napoleonico e' un momento storico romantico: il passato e l'Antico ( Roma Imperiale) sono i riferimenti piu' fissi di tutto il periodo francese che corre tra il 1790 e il 1812.
Questo periodo ricco di un nuovo linguaggio ( repubblica, eguaglianza, liberta', abbattimento della monarchia aristocratica, rivalutazione popolare, insomma la grande Rivoluzione Francese popolare/ borghese) ha comunque nella sua manifestazione una trasformazione inverosimile, per certi versi incredibile: la rivoluzione si trasforma in una presa Imperiale, in una nuova fondazione.
Spirito di questo capovolgimento e' lo stesso destino individuale di Napoleone ( un forte io soggettivo) incarnato in un quadro generale - la Grand Armee'- che ha qualcosa di mistico e unico: un coro all'unisono, di un io che non e' piu' quello del singolo, ma quello di un gruppo, di un insieme, di un noi.
La Grand Armee' e' lo stesso popolo della rivoluzione; la Grand Armee' e' la manifestazione piu' alta di tutto il periodo Imperiale dell'era Napoleonica; e' la forma organizzata idealmente del popolo,
disciplinato, organizzato, fortemente volitivo in un'unita' d'intenti identica e comune per tutti. La Grand Armee' e' il simbolo del concetto di " sacrificio" del singolo individuo in nome dell'idea di tutti.
Non per niente Migliorini, con grande acume, sostiene che Waterlo viene solo nel momento che la Grand Armee' - intesa non come esercito , ma come unita' popolare - smette di essere unita' per ridiventare popolo dei singoli.

Napoleone e l'incarnazione di un senso vitale filosofico in Stendhal si rivelano anche nelle pagine del Rosso e il Nero. Cosa leggeva , in soffitta, Julian Sorel?

Stendhal fece di tutto per seguire la Grand Armee', ma non era un soldato, e fu quasi una tragicommedia....
Chissa' cosa avrebbe pensato un Massena a vedere il nosto comune amico cosi' impacciato? :)
 

Dallolio

New member
Stupenda la prima parte, mi ha fatto ritrovare l'atmosfera del Rosso e il Nero... alla lunga l'ho trovato sempre più fiacco, con un'ironia troppo rilevata, che allontana il lettore dalla vicenda... il finale è frettoloso ma comunque già a metà del libro molta verve era irrimediabilmente perduta; ciononostante si vede ugualmente in tutto il suo splendore il Grande Autore.
7/10
 

happytelefilm

New member
L'ho trovato a tratti noioso, soprattutto nelle descrizioni delle vicende e delle relazioni politiche, difficile da seguire. Forse mi ha penalizzato tutto l'entusiasmo lasciatomi da Il rosso e il nero , che trovo superiore in tutti i sensi, un capolavoro assoluto.
E anche ai personaggi mi ci sono affezionata di meno perchè li ho trovati + abbozzati, tratteggiati senza profondità.
 

pitchblack

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Questo romanzo e`un tripudio di sentimenti e di passioni, emozioni violente muovono i personaggi nel mezzo di un' apoteosi di forze irrazionali. La trama ricca e avvincente e lo stile sorgivo e icastico collocano Sthendhal, di buon diritto, nel Pantheon della grande narrativa europea ottocentesca.
 

LowleafClod

e invece no
L'ho trovato noioso e sinceramente trovo che combaci il fatto che sia stato scritto in due settimane. Una storia noiosa con personaggi banali, a me non ha entusiasmato per nulla... spero abbia scritto cose migliori, io non gli do tutta questa grandezza nella letteratura, mi ha dato troppe aspettative, deluse.

Il protagonista Fabrizio è quello dal comportamento più odioso.
 

pitchblack

New member
L'ho trovato noioso e sinceramente trovo che combaci il fatto che sia stato scritto in due settimane. Una storia noiosa con personaggi banali, a me non ha entusiasmato per nulla... spero abbia scritto cose migliori, io non gli do tutta questa grandezza nella letteratura, mi ha dato troppe aspettative, deluse.

Il protagonista Fabrizio è quello dal comportamento più odioso.

Il romanzo può anche non piacere, ma non credo gli si possa imputare di avere personaggi banali. Un personaggio è banale o quando è privo di una psicologia, oppure quando non subisce evoluzioni nel corso della vicenda. Queste caratteristiche non sono ascrivibili alla Certosa di Parma. Al contrario, se v'è una cifra che caratterizza lo stile del grande scrittore francese, questa sta nelle contraddizioni laceranti dei personaggi, il quale aspetto fa di Stendhal un grande realista morale e sociale. Fabrizio vive in maniera drammatica la propria incapacità di amare e la distanza tra l'ideale e il reale; il conte M, amante della duchessa Sanseverina, è lacerato dalla rivalità di Fabrizio nei confronti della duchessa, ma al tempo stesso fornisce al protagonista degli alibi in relazione al delitto di cui viene accusato, e lo aiuta a fuggire dalle persecuzioni del Rassi. Un passaggio che a me ha colpito, sta nel fatto che a seguito della morte del Principe per avvelenamento, il conte M, pur avendo tutti i motivi per agire ai danni del defunto sovrano, non si lascia mai fagocitare dalla violenza cieca dei rivoltosi, i quali vogliono distruggere la sua statua , simbolo di un potere tiranno, ma difende egli stesso la memoria del sovrano che ha servito per tanti anni.
 
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LowleafClod

e invece no
Il romanzo può anche non piacere, ma non credo gli si possa imputare di avere personaggi banali. Un personaggio è banale o quando è privo di una psicologia, oppure quando non subisce evoluzioni nel corso della vicenda.

Questa evoluzione io non l'ho percepita in Fabrizio, che sia contraddittorio certo, ma non ha alcun mistero da svelare e i suoi pensieri sono giri in tondo che non mi hanno smosso in niente. Io avrei dedicato un po' più di tempo al romanzo per dare più rilievo e stampo ai personaggi, visto che gran parte della storia si concentra nei loro pensieri e emozioni, mentre invece soprattutto nell'ultima parte, si sono rivelati ripetitivi. Concedo che l'inizio del racconto era meglio.
 
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