Platone - Fedone

Spilla

Well-known member
E' l'ultimo giorno di vita, per Socrate. Questa sera, come disposto dal tribunale di Atene che lo ha condannato, berrà la cicuta che provocherà la sua morte.
La giornata trascorre con gli amici e i compagni-discepoli di sempre. Socrate è sereno perché, spiega, la morte è per il filosofo un traguardo e un passaggio, non una conclusione. Solo libera finalmente dai legami e dalle tirannie del corpo l'anima, che è immortale, potrà finalmente raggiungere la vera conoscenza. Socrate raggiungerà gli dei e sarà premiato per l'infaticabile ricerca che ha condotto nel corso della vita. Che senso avrebbe essere tristi?

Intenso e profondo, questo scritto è uno dei fondamenti del pensiero anche religioso dell'Occidente. Da leggere per capire meglio noi, la nostra storia, la "forma mentis" che ha caratterizzato la cultura e la religiosità della nostra parte del mondo, nel bene e nel male.

Consigliato? No, praticamente obbligatorio!
 
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Minerva6

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Nel leggerlo mi sono sentita come i discepoli di Socrate che assentivano a quasi tutto quello che lui diceva. Lo facevano perchè erano davvero d'accordo e interessati all'argomento (questo presume che avessero capito tutto quello che lui voleva dire, e quando non ci riuscivano chiedevano spiegazioni) e non credo affatto solo per adularlo. Io non sono sicura di aver compreso tutto, ma per la maggior parte di quello che ho inteso mi sono trovata in sintonia con lui. Ogni volta che ho ripreso il libro in mano mi sembrava di aver sospeso un dialogo tra amici, il tono è colloquiale quindi fa sentire il lettore a proprio agio, non escluso dalla partecipazione al ragionamento. Sarei potuta essere un filosofo anche io, disdegno i piaceri materiali e quelli del corpo (tipo bei vestiti, scarpe di marca, trucchi), posso farne benissimo a meno... un discorso a parte però sarebbe l'essere capaci di filosofeggiare come Socrate :mrgreen: !
Molto interessante il discorso dell'anima che può ritornare in vita (con le reincarnazioni in pratica), io ci ho sempre creduto anche se non riesco lo stesso a non aver paura di morire (soprattutto con sofferenza :paura:).

Citazioni:

In una sorta di prigione siamo rinchiusi noi uomini, e non è lecito liberarsi da soli, né evaderne

Fino a che avremo un corpo e la nostra anima sarà confusa a una simile bruttura, noi non giungeremo mai a possedere ciò che desideriamo, che è, poi, quello che noi chiamiamo verità. E non solo il nostro corpo ci procura infiniti fastidi, per il fatto stesso che, ovviamente, dobbiamo nutrirlo, ma quando si ammala, sorgono sempre nuovi impedimenti che ci distolgono dalla nostra ricerca della verità; e, poi, ancora, amori, desideri, timori, visioni fallaci d'ogni genere, vanità innumerevoli, non fanno che frastornarci (è la parola giusta) così che, fino a quando siamo in sua balia, non possiamo concentrarci su nulla. E così pure le guerre, le discordie, le zuffe, è il corpo che le fa nascere con le sue passioni. La brama di possesso, ecco la causa di tutte le guerre e se noi ci affanniamo a procurarci la ricchezza, è il corpo di cui siamo gli schiavi. Da tutto questo deriva il fatto che noi non troviamo più il tempo per dedicarci alla filosofia. E il peggio è che, se pure, riusciamo, per un momento, a liberarcene e a volgere la nostra mente a qualcosa, subito ne siamo distolti, per la sua importuna intrusione, che ci confonde, ci distrae, ci frastorna, al punto di renderci incapaci, ormai, di distinguere la verità.
‹Dunque, è chiaro che se vogliamo giungere alla pura conoscenza di qualche cosa, dobbiamo staccarci dal corpo e contemplare con la sola anima le cose in sé.

Deve aver fede nella sorte della sua anima chi nella vita ha allontanato i piaceri del corpo e i suoi vezzi, considerandoli del tutto estranei, anzi più dannosi che altro; chi ha goduto, invece, dei piaceri che dà la sapienza, chi ha abbellito la sua anima non di ornamenti esteriori ma di quelli che le si addicono, temperanza, giustizia, fortezza, libertà, verità, costui sì che attende il momento di mettersi in viaggio verso l'Ade, quando lo chiami il destino.
 

MadLuke

New member
Quello che più mi colpisce di questo dialogo, non è la dottrina filosofica di Socrate, il cui valore è indiscusso e tanto meno io sarei in grado di commentare. Mi colpisce invece il ritratto dell'uomo che emerge dalle sue esposizioni filosofiche, di uomo integralmente votato alla filosofia, ossia che amava la conoscenza, nella particolare accezione da lui stesso formulata, di oggetto che non si possiede e che pertanto ricerca strenuamente, con estremo rigore e perseveranza, fino al momento ultimo di solo quella che era stata la sua vita mortale, così egli riteneva. Una fede incrollabile nel potere salvifico della rettitudine e del distacco dalle passioni che ammorbano le menti degli uomini superficiali, che così scadono nella sofferenza e nell'angoscia, quando non nella corruzione e nel sopruso.
Mi ha poi sorpreso apprendere della sua concezione dei regni dell'oltretomba, da cui è oltremodo evidente il Cristianesimo ha attinto (e io personalmente lo ignoravo) per la formulazione della sua suddivisione dell'aldilà in paradiso, purgatorio e inferno.
Rimane l’esempio di un uomo estremamente serio con se stesso, nel significato migliore del termine, ossia di colui che per se stesso non è disposto ad accettare nulla di meno del massimo cui possa ambire, e che proprio per questa ragione ha vissuto abdicando a qualunque piacere illusorio o effimero, in vista di quello che lui riteneva il sommo bene: la conoscenza.
 
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