sergio Rufo
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A 33 anni dal golpe militare che rovesciò il governo di Isabel Martinez in Peron - meglio conosciuta come Isabelita - la verità e la giustizia sono tuttora desaparecidas insieme alle 30mila scomparse in Argentina. Rimane la memoria che con forza e determinazione le associazioni per i diritti umani del paese stanno cercando di mantenere. Memoria affinché "Nunca Mas" (Mai Più) accada quel che accadde nel paese sudamericano tra il 1976 e il 1983. Enormi e trasversali le responsabilità finora accertate. Militari, Usa, P2, Gerarchie della Chiesa cattolica, Cia, multinazionali, tanto per citarne alcuni, tutti responsabili a vari livelli dell'eliminazione di una intera generazione, quella che progettava un cambiamento del paese e dell'intero Sud America o che soltanto si opponeva al “Processo di riorganizzazione nazionale”.
E tra i responsabili se non altro di connivenza, complicità, diffusione di informazioni false, o anche soltanto per il silenzio, c'è la stampa. Il giornalismo dovette adattarsi alle nuove regole, propaganda militare, nazionalismo e diffusione del senso di insicurezza tra la gente, chiunque tentasse di rimanere fedele ai principi del mestiere veniva sequestrato, torturato e ucciso. Un argomento poco analizzato quello del ruolo della stampa durante quegli anni, ma che è stato fondamentale per il mantenimento del potere. Solo la stampa clandestina riusciva a dare informazioni precise e di denuncia rispetto a quello che stava accadendo, ma le esperienze del genere venivano presto soppresse, così come i giornalisti dalla schiena dritta. Rodolfo Walsh era uno di loro.
Nato nel 1927 a Choele Choel, provincia di Rio Negro - Patagonia, una vita passata a viaggiare e a scrivere. Walsh svolsee numerosi lavori, spesso legati alla scrittura, scrive gialli, è esperto di codici militari, fu lui a capire in anticipo dell'attacco alla Baia dei Porci. Nel 1973 si unisce ai Montoneros, (sinistra radicale del peronismo) come responsabile dell'intellighenzia , ma durante la dittatura si allontanò anche da questi. Nel 1964, tra i tanti mestieri scelse di dedicarsi definitivamente a quello di scrittore e giornalista, come scrisse lui stesso: “ tra i miei tanti umili mestieri, il violento mestiere dello scrittore era quello che mi più mi conveniva”. Per lui le due caratteristiche essenziali del giornalista devono essere l'esattezza e la rapidità nel riportare la notizie.
Nonostante la decisione di passare la vita a scrivere, non sempre lo fa da giornalista, la sua integrità morale lo porta a numerosi periodi di pausa e a rifiutare proposte anche economicamente allettanti. Quando un suo collega della rivista Extra, durante una dei periodi lontani dalla macchina da scrivere, gli chiese come mai avesse lasciato la professione di giornalista, rispose: “Sono interessato solo a scrivere per molti. Non voglio scrivere per i dirigenti.” Nel 1975 il colpo di Stato è nell'aria e Walsh scrivendo avverte che non sarà un golpe come gli altri, ma l'inizio di una nuova forma di Stato.
E ci aveva visto bene, perché la violenza perpetrata dal potere, non era verso una categoria specifica, era verso chiunque si opponesse o poteva avere gli strumenti per farlo. Nel '76 e dopo la perdita di sua figlia, uccisa durante uno scontro con i militari, inizia a scrivere clandestinamente. Fonda ANCA (Agenzia Clandestina di Notizie) e Cadena Informativa, due pubblicazioni che vengono spedite anonimamente o fate circolare di mano in mano. Il suo intento è mantenere un livello di consapevolezza tra la gente, convinto che questo ptesse servire a contrastare il terrore diffuso come arma ideologica principale dalla dittatura. Era convinto che tenere la gente informata potesse mettere un limite all'impulso distruttivo del nuovo Stato.
Nello stesso anno si ritira dai Montoneros e inizia a lavorare alla sua opera più importante, la stessa che gli costò la vita. La "Lettera aperta di uno scrittore alla giunta militare". Un documento puntuale, ricco di dati e di denunce, non solo della brutalità e della violenza del regime, della censura, delle persecuzioni di intellettuali e giornalisti, ma anche densa di accuse per la gestione economica del paese, che stava portando l'Argentina alla bancarotta, pesanti conseguenze che ancora condizionano la vita degli argentini.
Finito di scrivere il 24 marzo del '77, a un anno esatto dall'inizio della dittatura, firmato e con in calce il numero del documento di identità. Numeri, nomi e la consapevolezza che quello sarebbe stato probabilmente l'ultimo dei suoi lavori. Il giorno stesso che si accingeva a spedirlo, venne sorpreso da un'imboscata, l'intenzione era di sequestrarlo, torturarlo e ucciderlo, ma Walsh tentò di difendersi con una pistola, venne sparato, in strada, a Buenos Aires e il suo cadavere mai fatto trovare.
A esempio della sua dedizione totale al suo “violento mestiere di scrivere” e ultime righe della lettera: “Queste sono le riflessioni che nel primo anniversario del vostro infausto governo ho voluto far arrivare ai membri di codesta Giunta, senza speranza di essere ascoltato, con la certezza di essere perseguitato, però fedele all’impegno che ho assunto da molto tempo di dare testimonianza nei momenti difficili”. Rodolfo Walsh: presente ahora y siempre
E tra i responsabili se non altro di connivenza, complicità, diffusione di informazioni false, o anche soltanto per il silenzio, c'è la stampa. Il giornalismo dovette adattarsi alle nuove regole, propaganda militare, nazionalismo e diffusione del senso di insicurezza tra la gente, chiunque tentasse di rimanere fedele ai principi del mestiere veniva sequestrato, torturato e ucciso. Un argomento poco analizzato quello del ruolo della stampa durante quegli anni, ma che è stato fondamentale per il mantenimento del potere. Solo la stampa clandestina riusciva a dare informazioni precise e di denuncia rispetto a quello che stava accadendo, ma le esperienze del genere venivano presto soppresse, così come i giornalisti dalla schiena dritta. Rodolfo Walsh era uno di loro.
Nato nel 1927 a Choele Choel, provincia di Rio Negro - Patagonia, una vita passata a viaggiare e a scrivere. Walsh svolsee numerosi lavori, spesso legati alla scrittura, scrive gialli, è esperto di codici militari, fu lui a capire in anticipo dell'attacco alla Baia dei Porci. Nel 1973 si unisce ai Montoneros, (sinistra radicale del peronismo) come responsabile dell'intellighenzia , ma durante la dittatura si allontanò anche da questi. Nel 1964, tra i tanti mestieri scelse di dedicarsi definitivamente a quello di scrittore e giornalista, come scrisse lui stesso: “ tra i miei tanti umili mestieri, il violento mestiere dello scrittore era quello che mi più mi conveniva”. Per lui le due caratteristiche essenziali del giornalista devono essere l'esattezza e la rapidità nel riportare la notizie.
Nonostante la decisione di passare la vita a scrivere, non sempre lo fa da giornalista, la sua integrità morale lo porta a numerosi periodi di pausa e a rifiutare proposte anche economicamente allettanti. Quando un suo collega della rivista Extra, durante una dei periodi lontani dalla macchina da scrivere, gli chiese come mai avesse lasciato la professione di giornalista, rispose: “Sono interessato solo a scrivere per molti. Non voglio scrivere per i dirigenti.” Nel 1975 il colpo di Stato è nell'aria e Walsh scrivendo avverte che non sarà un golpe come gli altri, ma l'inizio di una nuova forma di Stato.
E ci aveva visto bene, perché la violenza perpetrata dal potere, non era verso una categoria specifica, era verso chiunque si opponesse o poteva avere gli strumenti per farlo. Nel '76 e dopo la perdita di sua figlia, uccisa durante uno scontro con i militari, inizia a scrivere clandestinamente. Fonda ANCA (Agenzia Clandestina di Notizie) e Cadena Informativa, due pubblicazioni che vengono spedite anonimamente o fate circolare di mano in mano. Il suo intento è mantenere un livello di consapevolezza tra la gente, convinto che questo ptesse servire a contrastare il terrore diffuso come arma ideologica principale dalla dittatura. Era convinto che tenere la gente informata potesse mettere un limite all'impulso distruttivo del nuovo Stato.
Nello stesso anno si ritira dai Montoneros e inizia a lavorare alla sua opera più importante, la stessa che gli costò la vita. La "Lettera aperta di uno scrittore alla giunta militare". Un documento puntuale, ricco di dati e di denunce, non solo della brutalità e della violenza del regime, della censura, delle persecuzioni di intellettuali e giornalisti, ma anche densa di accuse per la gestione economica del paese, che stava portando l'Argentina alla bancarotta, pesanti conseguenze che ancora condizionano la vita degli argentini.
Finito di scrivere il 24 marzo del '77, a un anno esatto dall'inizio della dittatura, firmato e con in calce il numero del documento di identità. Numeri, nomi e la consapevolezza che quello sarebbe stato probabilmente l'ultimo dei suoi lavori. Il giorno stesso che si accingeva a spedirlo, venne sorpreso da un'imboscata, l'intenzione era di sequestrarlo, torturarlo e ucciderlo, ma Walsh tentò di difendersi con una pistola, venne sparato, in strada, a Buenos Aires e il suo cadavere mai fatto trovare.
A esempio della sua dedizione totale al suo “violento mestiere di scrivere” e ultime righe della lettera: “Queste sono le riflessioni che nel primo anniversario del vostro infausto governo ho voluto far arrivare ai membri di codesta Giunta, senza speranza di essere ascoltato, con la certezza di essere perseguitato, però fedele all’impegno che ho assunto da molto tempo di dare testimonianza nei momenti difficili”. Rodolfo Walsh: presente ahora y siempre