Nikki
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Facolt� di partecipare dei sentimenti dei nostri simili.
" quel che penso dell'amicizia: ch'essa �, invero, cos� poca cosa, da rendermi arduo capire come uomini di qualche ingegno, per esempio un Nietzsche, abbiano potuto commettere l'ingenuit� di attribuirle un certo valore intellettuale e, conseguentemente, di rifiutarsi ad amicizie cui non fosse connessa la stima intellettuale. [....] A Balbec, ero arrivato al punto di trovare il piacere d'intrattenermi in svaghi con fanciulle meno funesto alla vita intellettuale - cui, d'altronde, rimane estraneo - che non l'amicizia, il cui sforzo consiste esclusivamente nel farci sacrificare l'unica parte reale e incomunicabile (se non per mezzo dell'arte) di noi stessi a un io superficiale, che anzich� trovare, come l'altro, gioia dentro di s�, prova una confusa commozione nel sentirsi sostenuto da puntelli esterni, ospitato in un'individualit� estranea dove, felice della protezione accordatagli, fa rifulgere in approvazione il proprio benessere, e va in estasi di fronte a qualit� che chiamerebbe difetti, e cercherebbe di correggere, in se stesso. D'altra parte, coloro che disprezzano l'amicizia possono essere, senza illusioni e non senza rimorsi, i migliori amici del mondo, cos� come un artista che porta in s� un capolavoro e sente che sarebbe suo dovere vivere per lavorare, ciononostante, per non apparire o rischiare d'essere egoista, d� la sua vita per una causa inutile, e con tanto maggiore ardimento quanto pi� disinteressate erano le ragioni per cui avrebbe preferito non darla. Ma, qualunque fosse la mia opinione sull'amicizia - per non parlare, poi, del piacere ch'essa mi procurava, d'una qualit� cos� mediocre da somigliare a una via di mezzo fra la stanchezza e la noia -, non c'� beveraggio tanto funesto da non poter diventare, in certi momenti, prezioso e tonificante, dandoci la sferzata che ci era necessaria, il calore che non possiamo trovare in noi stessi".
Proust era un bell'egoista, non c'� dubbio; eppure non credo abbia torto in questa riflessione.
Siamo tutti soli, non possiamo raggiungerci. Ma, qualche volta, abbiamo l'impressione di comunicare. Di essere capiti. E, come � stato scritto, essere capiti � la cosa pi� importante del mondo.
Perch�? Non trovate che ci sia in gioco un aspetto dell'anima assolutamente misterioso? intendo dire, pi� misterioso di tutti gli altri aspetti. Dove troviamo il collegamento con l'altro? si tratta solo di una impressione? forse.
E quando la impressione � reciproca, rimane sempre e soltanto una impressione, pur bilaterale? Se due persone si ingannano contemporaneamente su uno stesso oggetto, l'inganno diventa verit�? E non sarebbe uno spassosissimo paradosso? Secondo me s�, e anche molto grazioso.
Ma alla fine, cosa importa se è verit� e non inganno?
Facolt� di partecipare dei sentimenti dei nostri simili.
" quel che penso dell'amicizia: ch'essa �, invero, cos� poca cosa, da rendermi arduo capire come uomini di qualche ingegno, per esempio un Nietzsche, abbiano potuto commettere l'ingenuit� di attribuirle un certo valore intellettuale e, conseguentemente, di rifiutarsi ad amicizie cui non fosse connessa la stima intellettuale. [....] A Balbec, ero arrivato al punto di trovare il piacere d'intrattenermi in svaghi con fanciulle meno funesto alla vita intellettuale - cui, d'altronde, rimane estraneo - che non l'amicizia, il cui sforzo consiste esclusivamente nel farci sacrificare l'unica parte reale e incomunicabile (se non per mezzo dell'arte) di noi stessi a un io superficiale, che anzich� trovare, come l'altro, gioia dentro di s�, prova una confusa commozione nel sentirsi sostenuto da puntelli esterni, ospitato in un'individualit� estranea dove, felice della protezione accordatagli, fa rifulgere in approvazione il proprio benessere, e va in estasi di fronte a qualit� che chiamerebbe difetti, e cercherebbe di correggere, in se stesso. D'altra parte, coloro che disprezzano l'amicizia possono essere, senza illusioni e non senza rimorsi, i migliori amici del mondo, cos� come un artista che porta in s� un capolavoro e sente che sarebbe suo dovere vivere per lavorare, ciononostante, per non apparire o rischiare d'essere egoista, d� la sua vita per una causa inutile, e con tanto maggiore ardimento quanto pi� disinteressate erano le ragioni per cui avrebbe preferito non darla. Ma, qualunque fosse la mia opinione sull'amicizia - per non parlare, poi, del piacere ch'essa mi procurava, d'una qualit� cos� mediocre da somigliare a una via di mezzo fra la stanchezza e la noia -, non c'� beveraggio tanto funesto da non poter diventare, in certi momenti, prezioso e tonificante, dandoci la sferzata che ci era necessaria, il calore che non possiamo trovare in noi stessi".
Proust era un bell'egoista, non c'� dubbio; eppure non credo abbia torto in questa riflessione.
Siamo tutti soli, non possiamo raggiungerci. Ma, qualche volta, abbiamo l'impressione di comunicare. Di essere capiti. E, come � stato scritto, essere capiti � la cosa pi� importante del mondo.
Perch�? Non trovate che ci sia in gioco un aspetto dell'anima assolutamente misterioso? intendo dire, pi� misterioso di tutti gli altri aspetti. Dove troviamo il collegamento con l'altro? si tratta solo di una impressione? forse.
E quando la impressione � reciproca, rimane sempre e soltanto una impressione, pur bilaterale? Se due persone si ingannano contemporaneamente su uno stesso oggetto, l'inganno diventa verit�? E non sarebbe uno spassosissimo paradosso? Secondo me s�, e anche molto grazioso.
Ma alla fine, cosa importa se è verit� e non inganno?