Fellini, Federico - La città delle donne

elisa

Motherator
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Snaporaz/Mastroianni/Fellini intraprende un viaggio in treno dove incontra una misteriosa donna che seguirà e si ritroverà a percorrere tutta una serie di esperienze fino a qulle più profonde legate all'infanzia e ai ricordi ad essa collegati.
Un viaggio nell'universo femminile e nelle rappresentazioni che il regista ne fa, a volte grottesche, a volte oniriche e simboliche, a volte sinceramente autobiografiche.
Fellini spesso racconta le stesse cose e ripresenta le stesse ossessioni nei suoi film. Il legame complesso con la donna vista di volta in volta nelle sue incarnazioni che mai riescono a definirsi in un rapporto costruttivo ma sempre conflittuale o incompleto e che solo nel simulacro di rapporto matermo o nei ricordi erotico affettivi dell'infanzia riescono a trovare appagamento.
La città delle donne è un film autoreferenziale, felliniano, creativo sia nel suo svolgimento che nei racconti legati anche storicamente al periodo, siamo negli anni 80 ed il femminismo minerà alle radici non solo l'immagine ma anche la sostanza del femminile, Fellini fa fatica e arranca nella comprensione riuscendo a descrivere solo esteriormente lo "spettacolo" del cambiamento che si presenta ai suoi occhi.
 

Raskolnikov

New member
ci si riaffaccia in questo viaggio onirico alle afflizioni affettive del Guido/Mastroianni di quello splendido 8 e 1/2 che lo precedeva di un trentennio.
Fa piacere che la maturità non abbia regalato al sempregiovane Fellini quella saggezza/saccenza che spinge talvolta gli autori a voler educare; consola che anche in una mente così attiva e fervida non vi sia segno di attempamento e che ci si trovino ancora tante domande e poche risposte.
L'onestà di Fellini è forse la sua lezione più grande e, qualora si volesse accusarlo d'essere sincero solo tramite la menzogna, si ricordino le parole di Wilde "date una maschera ad un uomo e allora dirà la verità".
Da vedere!
 
Mi capito' invece di pensarne benissimo.Forse allora avevo una lettura del"cambiamento"(come lo chiama Elisa nella sua presentazione)per nulla dissimile dalla sua,e dunque lo/la rispettai moltissimo.
Per me è un gran bel film,spesso meravigloisamene acido sulle incongruenze e la massa di troppi luoghi comuni di questo "cambiamento".
E poi ha uno sguardo maschile che mi sento di comprendere a fondo nelle intime e taciute interpretazioni delle cose,e qeul sbalordimento attorno a certe non esaltanti caratteristiche del pur legittimo itinerario di "cambiamento".
A me Fellini non par per nulla smarrito in questo film,fa finta di esserlo,come certi animali che innanzi al piu' forte mostrano la gola e la debolezza che provarne a sfuggire le consueguenze piu' funeste.
Riafferma invece,ma sotto le righe piu' che puo',il suo sguardo maschile e quasi con orgoglio.
Orgoglio giocosissimo che mi sento oggi,a distanza di anni,di condividere persino di piu' di allora,francamente.
La stessa "non costruttività dei rapporti" è splendida e sincera come visione di una interpretazione;quasi a dire:"questo sono,siano noi,e perchè non essere noi stessi?perchè dovremmo essere altro? perchè la moda spinge in altri lidi?o perchè oggi è forte il nuovo luogo comune del non identificabile,dell'incerto,del "misto",del duplice??"
"Ma che razza di film è questo",dice mastroianni ad un certo punto della pellicola.
Ma che bello la Citta delle donne!
Tavolo.
 
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