Nietzsche, Friedrich - L'Anticristo

Raskolnikov

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Mi sembrava quantomeno immorale che a un immortale come Nietzsche non spettasse almeno un commento su quella che reputo una delle sue opere più valide, superata solo dal buon vecchio Zara. Questo è un testo che va letto molto attentamente e più d'una volta; solo rileggendolo, e neanche è detto, si riesce a decodificarlo e penetrare nella sua essenza più vigorosa; una unica lettura sarebbe solo un contatto con la superficie, ma sappiamo quanto il buon Nietzsche amasse nascondere le sue perle più preziose per lasciarle ammirare solo a chi lo merita:

Guardiamoci in faccia: siamo iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. “Né per terra né per mare troverai la strada che conduce agli iperborei”: già Pindaro riconosceva questo di noi. Oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicità… Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… E’ di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. Una simile tolleranza e langeur di cuore, che “perdona” tutto perché “comprende” tutto, è scirocco per noi. Meglio vivere in mezzo ai ghiacci che tra le virtù moderne e gli altri venti del sud!… Eravamo abbastanza coraggiosi, non risparmiavamo né noi stessi né gli altri: eppure per lungo tempo non abbiamo saputo in che cosa impegnare il nostro coraggio. Eravamo diventati tristi e ci chiamavano fatalisti. La nostra fatalità era la pienezza, la tensione, il ristagno delle nostre forze. Eravamo assetati di lampi e di azioni. Soprattutto ci tenevamo il più possibile lontani dalla felicità dei deboli, dalla “rassegnazione”… Ci fu una tempesta nella nostra atmosfera, la natura che noi siamo s’oscurò, perché non avevamo una via. La formula della nostra felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta…
 

valek77

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Mi sembrava quantomeno immorale che a un immortale come Nietzsche non spettasse almeno un commento su quella che reputo una delle sue opere più valide, superata solo dal buon vecchio Zara. Questo è un testo che va letto molto attentamente e più d'una volta; solo rileggendolo, e neanche è detto, si riesce a decodificarlo e penetrare nella sua essenza più vigorosa; una unica lettura sarebbe solo un contatto con la superficie, ma sappiamo quanto il buon Nietzsche amasse nascondere le sue perle più preziose per lasciarle ammirare solo a chi lo merita:

Hai ragione non è un testo facile ed io ammetto non averlo capito , a meno che non volesse solo esprimere il suo odio per i cattolici. Ma non credo proprio che sia così. Ove mai fosse possibile e tu ne avessi la voglia ti andrebbe di spiegarne il senso ?

Ciao & grazie
 

sergio Rufo

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Ah, Rask, ti ringrazio anch'io, era veramente immorale non riportare questo splendido pezzo.
Quasi quasi lo dedico a Julia.
Si, noi iperborei....:) non sappiamo proprio che farcene di tutto questo " comprendere"...:)

Ci torneremo su , magari.
 

Nikki

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Guardiamoci in faccia: siamo iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. “Né per terra né per mare troverai la strada che conduce agli iperborei”: già Pindaro riconosceva questo di noi. Oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicità… Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… E’ di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. Una simile tolleranza e langeur di cuore, che “perdona” tutto perché “comprende” tutto, è scirocco per noi. Meglio vivere in mezzo ai ghiacci che tra le virtù moderne e gli altri venti del sud!… Eravamo abbastanza coraggiosi, non risparmiavamo né noi stessi né gli altri: eppure per lungo tempo non abbiamo saputo in che cosa impegnare il nostro coraggio. Eravamo diventati tristi e ci chiamavano fatalisti. La nostra fatalità era la pienezza, la tensione, il ristagno delle nostre forze. Eravamo assetati di lampi e di azioni. Soprattutto ci tenevamo il più possibile lontani dalla felicità dei deboli, dalla “rassegnazione”… Ci fu una tempesta nella nostra atmosfera, la natura che noi siamo s’oscurò, perché non avevamo una via. La formula della nostra felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta…

mamma mia..... Nietz è da riprendere assolutamente in mano...al più presto
 

sergio Rufo

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Si, Nikki hai ragione, e' proprio il caso di dire mamma mia!
Mamma mia quanta energia, quanta baldanza, quanta tempra in queste parole.
Quanta fulgida voglia di cambiare pagina, di avere una buona salute, anzi!, una sovrabbondanza di buona salute, perche'per certe cose ci vuole uno spirito leggero, soave, forte , deciso.
Tutto il contrario, insomma,di quel fievole e basso spirito di gravita' che ci costringe a volere trovare un senso a tutto, un perche' a tutto, una " GIUSTIFICAZIONE A TUTTO!": in una parola, una rassegnazione totale a volere che tutto sia pre- ordinato alla nostra misura, al nostro ideale, a quello che noi crediamo vero. Al moderno...
Come? si vorrebbe forse deprivare il mondo della sua meravigliosa irrazionalita'? del suo accadere di per se' e in se'? vogliamo forse snaturalizzare l'esistenza della sua bellissima violenza senza perche'? Vogliamo forse nasconderci a tutti i costi dietro alla gaia scienza che tutto vuole spiegare e schematizzare? Che insomma vuole rassicurare?
No, noi non siamo tristi e nemmeno fatalisti.
Noi siamo quello che vogliamo. Una meta...

E' una questione di razza iperborea...e la razza si sa, non sta nel sangue, ma nel carattere.

E' proprio il caso di dire: mamma mia!
 

Nikki

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Si, Nikki hai ragione, e' proprio il caso di dire mamma mia!
Mamma mia quanta energia, quanta baldanza, quanta tempra in queste parole.
Quanta fulgida voglia di cambiare pagina, di avere una buona salute, anzi!, una sovrabbondanza di buona salute, perche'per certe cose ci vuole uno spirito leggero, soave, forte , deciso.
Tutto il contrario, insomma,di quel fievole e basso spirito di gravita' che ci costringe a volere trovare un senso a tutto, un perche' a tutto, una " GIUSTIFICAZIONE A TUTTO!": in una parola, una rassegnazione totale a volere che tutto sia pre- ordinato alla nostra misura, al nostro ideale, a quello che noi crediamo vero. Al moderno...
Come? si vorrebbe forse deprivare il mondo della sua meravigliosa irrazionalita'? del suo accadere di per se' e in se'? vogliamo forse snaturalizzare l'esistenza della sua bellissima violenza senza perche'? Vogliamo forse nasconderci a tutti i costi dietro alla gaia scienza che tutto vuole spiegare e schematizzare? Che insomma vuole rassicurare?
No, noi non siamo tristi e nemmeno fatalisti.
Noi siamo quello che vogliamo. Una meta...

E' una questione di razza iperborea...e la razza si sa, non sta nel sangue, ma nel carattere.

E' proprio il caso di dire: mamma mia!

immagina quelle messe stile gospel... tu sei il pastore, io ti faccio il coro di sottofondo ad ogni domanda: OH YES! YES MAN, YOU TELL IT! SO RIGHT!
 

sergio Rufo

New member
ma qui , nikki, stiamo mettendo in piedi una sorta di kolossal!

tra iperborei, satiri, riti eleusini, visioni dionisiache, messe stile gospel, viene fuori una " tragedia " nel vero senso niciano.
E per " tragedia" s'intende festa, naturalmente.
 

LowleafClod

e invece no
Ecco il primo libro che leggo del filosofo, filologo, Nietzsche.
Lo ritenevo interessante come personalità anche solo dagli studi liceali, ma leggerlo, decisamente, è l'impatto migliore che si possa avere con il suo pensiero e la sua discussione. Innanzitutto il suo tono è appassionato ma non l'ho trovato una persona che si lascia trascinare dai sentimenti, piuttosto ho letto argomentazioni, spiegazioni che rispondono a un perché, riflessioni che indagano nella mente dell'uomo per arrivare a una soluzione, alla ricerca di una risposta che è nascosta oltre ai semplici concetti che il cristianesimo impone da molto tempo. Perché se innanzitutto Nietzsche ha compreso qualcosa, è che la religione cristiana era, ed è ancora tutt'oggi, un'imposizione quasi inconscia della vita di un uomo. Alcuni aspetti, se visti con una luce obiettiva, sono effettivamente oscuri e influenzano il quieto vivere di una persona, quasi terrorizzando la sua mente.
Fede come nulla, convinzione come menzogna, sono alcune delle parole chiave che vengono utilizzate e a cui ogni credente e non, dovrebbe confrontarsi.
Un punto per me importante è: siamo credenti, ma completamente sordi e ciechi da essere convinti che la sofferenza è la via giusta verso l'eterna felicità, o ancora lottiamo e ci immergiamo nel vivere con tutte le aspettative, senza sentirci inferiori a qualcosa o a qualcuno che predica e si nomina profeta, sacerdote o santo, e che brilla di perfezione ponendosi in alto a tutto?
Ognuno ha la sua maniera di credere, ma la religione non dovrebbe mai arrivare al punto di essere interpretata come un costante e continuo sacrificio della vita, o almeno nemmeno io ci credo.

Lettura consigliata... ;)
 
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