Kant, Immanuel

sergio Rufo

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Kantopoli

Il neuropatico Kant mi sembra rappresenti un pericolo numero uno nel mondo filosofico, anche se per la sua importanza e per la profondita' del suo pensiero, rimane una tappa fondamentale nella storia della conoscenza umana.
Difficile davvero presentare il suo pensiero: un po' per la sua connaturata difficolta' e vastita', un po' perche' significherebbe partecipare a una specie di associazione a delinquere, o a una sorta di Kantopoli, lo scandalo filosofico.
Come riassumerlo in breve?
Diciamo allora che il pensiero di Kant ( la truffa metafisica)
verte principalmente su un tema fondamentale: come e' possibile la conoscenza umana della realta'.
Il grande capovolgimento, o la grande novita' Kantiana ( intercettata nei suoi scritti alla faccia della privacy ) consiste in una nuova identita' tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto. A differenza del Loche, del Hume e di tutti i sensisti e empiristi, in questo criminale, non e' piu' il mondo sensibile la materia prima di conoscenza ( la condizione necessaria), ma al contrario e' l'uomo che determina la realta' esistente, a seconda delle regole della sua ragione.
Detto in altre parole, il sensibile non assume piu' l'importanza fondamentale che aveva ( che ha!!!) prima: le condizioni a priori ( regole conoscitive ) sono a priori della stessa conoscenza.
Si parla dunque di incondizionato, di assoluto.
Kantopoli non finisce qui: da altre intercettazioni e' chiaro che il manigoldo tedesco ingigantisce la sua truffa e implica in essa, persino fenomeni: da una parte la materia empirica data dal' esistente intorno a noi, dall'altra in " sintesi" la forma innata e razionale.
L'esistente e' il " casino" , l'insieme caotico e senza senso , mentre la forma e' l'ordine razionale ( rigidamente regolata fissa in se') che il nostro intelletto, il nostro pensiero, usa come strumento per regolare i sensi di percezione e dunque l'impressione del " fenomeno" che appare, ha sulla nostra stessa ricezione.
La conoscenza umana non si puo' spingere oltre: risulta in questo modo determinata sempre da quelle " nostre" regole applicative, ma non puo', quindi, andare avanti e mai potra' ( e qui lo scandalo si fa grande!!!) conoscere la cosa in se'.
Noi modelliamo sempre le cose percepite ( sensibilita') a nostra regola ( intelletto e pensiero), a nostra arte ( ragione trascendentale) e in base alle condizioni di conoscenza date a priori: tempo e spazio. I concetti puri trascendentali, poi , danno il tocco finale: le vallette compiacenti e disponibili a questa orgiastica ridda filosofica, sono di nome e di professione le idee di Dio, di anima e di mondo-
Come si vede Kantopoli e' qualcosa di particolare: chi si e' rivolto a questo fotografo filosofico, aveva gusti e devianze particolarmente accentuate e perverse e avrebbe dovuto aver piu' prudenza ad avvicinarsi a questo mondo truffaldino ( l'alba dell'idealismo tedesco).
Piu' prudenza e circospezione per non finire nel gossip filosofico, tanto di moda nei parrucchieri dell'epoca.
 

Apart

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Kant mi aveva affascinato con la sua inconoscibilità della realtà in sè. Con l'inconciliabilità di certezza e verità. Il sostenere di non poter arrivare a conoscere le cose in sè, come sono in sè stesse. La convinzione che il contenuto conosciuto non sia l'insieme delle cose in sè stesse. E poi la riaffermazione dell'episteme, come critica della ragione, ossia coscienza che la ragione ha dei propri limiti. E poi ancora la formulazione dell'imperativo categorico "Agisci in modo che la massima (cioè il motivo) della tua azione possa valere come principio di una legislazione universale", inseparabilmente congiunto a certe condizioni senza quali esso non sarebbe possibile: credere in una volontà che possa essere libera, credere nell'immortalità dell'anima, credere nell'esistenza di Dio. Dovrei approfondire gli studi.
 

Apart

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Sulla sua tomba, com'è noto, fu posta una lapide con su scritte le celebri parole del finale della Ragion Pratica: "Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me".
 

Dayan'el

Σκιᾶς ὄν&#945
Kant è fuori di dubbio uno dei filosofi che venero.
Riguardo al linguaggio usato, non te ne esci così: è una continua zaffata di buon umore.

Sicuramente il suo sistema contiene errori notevoli, quali la presunta impossibilità della metafisica di costituirsi sul modello della matematica, dacché quest'ultima è una intuizione (a sentire Immanuel); a Frege non parve vero di smontare questo assunto, e francamente l'unico dispiacere è che sia arrivato qualche secolo in ritardo. Ma si sa, meglio tardi che mai. Lo stesso, più o meno, dicasi per Einstein. Le tavole di categorie e giudizi poi, lasciano il tempo che trovano.

Ma il concetto centrale di tutta l'opera ha qualcosa di seducente, di vero. Il fatto che la ragione si applichi alla natura, che non si dia conoscenza se non nei limiti dell'intelletto e ancora della ragione, che l'esperienza possa venir assimilata solo nei modi cui siamo (pre)disposti ad accoglierla, io trovo sia una delle chiavi di volta verso la comprensione della mente umana. Possiamo percepire il mondo solo mediante le nostre dotazioni sensibili e razionali - non siamo bestie, e non siamo dèi.

Ora, mica mi lincerai Sergio?
Se devi mandarmi al rogo, invio prece di uccisione innanzi all'applicazione. :mrgreen:
 

sergio Rufo

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D=i comprendo benissimo la tua venerazione per Kant. Rappresenta un "sistema" seducente sotto ogni riguardo.
Ma io non lo amo affatto: non rientra nell'orbita dei pensieri che mi destano un moto emotivo.
Il linguaggio? hai azzeccato in pieno. Sembra in apparenza denigratorio ma non lo e' in senso insultante. Anzi e' l'esatto contrario.
Proprio il " colore" delle parole lascia comprendere come e' stato preso seriamente in considerazione Kant e le sue corbellerie.:)
 
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