Thackeray, William - La fiera delle vanità

Dorylis

Fantastic Member
La fiera delle vanità (titolo originale: Vanity Fair: A novel without a Hero) è un romanzo dell'autore inglese William Makepeace Thackeray, apparso prima in 20 puntate mensili tra il 1847 e il 1848, poi pubblicato come libro nel 1848.
La caratteristica che rende l'opera uno dei romanzi più importanti nella storia della letteratura inglese del XIX secolo è la presenza di una protagonista non più tutta virtù o vizio, ma una nuda realtà quotidiana in cui vale più il buon senso che un deviante sentimentalismo
La storia è incentrata sulla vita di due ragazze: l'una, Becky Sharp, è disposta a tutto pur di farsi avanti nella vita; l'altra, Amelia Sedley, è invece dolce e remissiva. Becky tenta dapprima di irretire il fratello di Amelia, poi, ostacolata nei suoi propositi, suscita la senile passione di un ricco signore che la vuole in moglie, ignorando che la ragazza è già segretamente sposata con uno dei suoi figli. Amelia, diventata povera per la rovina economica del padre, riesce a farsi sposare dal fidanzato George, improvvisamente tentennante, grazie all'intervento di un altro suo ammiratore, il capitano Dobbin. Quando George muore nella battaglia di Waterloo, Amelia viene a sapere che è stata tradita dal marito con molte donne, compresa la sua amica Becky e così decide di sposare il fedele capitano Dobbin.

E' un po' pesante in certi punti ma merita di essere letto. Molto affascinante il personaggio di Becky Sharp.. :p 8/10
 
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Minnie

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è pesante perchè l'autore dedica lunghi passaggi alla descrizione della realtà circostante: l'Inghilterra del 19° secolo con tutti ii suoi pregi e difetti ... ma serve anche da corollario per meglio comprendere la psicologia dei personaggi, le loro scelte (a volte sbagliate) e le imposizioni dettate dal costume del tempo.

Ricordiamo anche il gusto satirico dell'autore, che è disilluso dalla sociatà contemporanea in cui l'alta società non è poi così nobile, i gradi militari non esprimono l'onore di un uomo ed il matrimono non è la fusione di due anima ma un mero contratto economico, insomma, mira a sottolineare l'ipocrisia dei personaggi che agiscono non per nobili interessi ma per il proprio tornaconto.
 
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Masetto

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Ne ho letto qualche pagina, in cui mi è piaciuta molto appunto l'ironia con cui svela vizi e ipocrisie della società
 
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Ariel

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Io l'avevo dovuto leggere in lingua originale per l'università e l'avevo trovato abbastanza gradevole.
L'autore riesce a fornire un'attendibile sintesi degli standard sociali di quell'epoca attraverso il fitto intreccio della storia.
In una lettera ad un amico Thackeray scriveva:

"io mi sono proposto di sottolineare in tono divertito che in buona parte noi siamo come quella sciocca gente egoista ed estremamente malvagia tanto assetata di vanità...."
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Ironica e arguta rappresentazione della società inglese ottocentesca, del cinismo e dell'ipocrisia riscontrabili in ogni tipo di società ed in qualsiasi epoca. Romanzo, direi, all'avanguardia, considerando il periodo in cui è stato scritto, con personaggi decisamente "moderni", come ad esempio la mitica vecchia zia Miss Crawley!
Il titolo originario del libro era "Vanity Fair: a novel without a hero", a voler significare che nessun personaggio ha le caratteristiche dell' "eroe-quasi-perfetto" in cui il lettore automaticamente si immedesima; tutti sono straordinariamente umani nei loro pregi e (soprattutto) nei loro difetti, a partire da Becky Sharp, la classica str... cinica e arrivista che ottiene (quasi sempre) ciò che vuole grazie alla sua scaltrezza, al suo fascino e alle sue doti affabulatorie; Amelia, anima candida, lo è però talmente tanto da non accorgersi della più amara evidenza; i protagonisti maschili, o almeno buona parte di essi, dapprincipio vengono presentati come esseri insulsi e dediti solo ai piaceri materiali, quando non perfidi, salvo poi, in alcuni casi, proseguendo la lettura, mostrare rara schiettezza o sprazzi di umanità. Nella Fiera delle Vanità tutto ruota intorno alla ricerca del denaro e di un posto "rispettabile" in società, scopi che vengono perseguiti a qualsiasi costo.
Nonostante la sua mole e il fatto che ho impiegato molto tempo a leggerlo, direi che ne vale assolutamente la pena; ciò che lo contraddistingue, oltre alla perfetta caratterizzazione dei personaggi e delle debolezze umane (pur portate, in diversi casi, all'ennesima potenza) è soprattutto lo stile raffinato ed ironico. Lo consiglio :D
 
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alexyr

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finalmente, le donne sembrano donne e non quelle noiosissime statuette di cera alla Jane Austen (per il clup Piccole Donne Fan Di Jane Austen :se mi mandate un mp vi do l'indirizzo per venire a linciarmi)
 
Non mi ha datto tante sodisfazioni questo libro... anzi, mi ha deluso parecchio....
Troppo proliso, essageratamente lungo, e povero di contenuto... durante la lettura ho sentito proprio che il romanzo era stato scritto per essere pubblicato a puntate e che l'autore cercava di guadagnare nel volume.
Anche la sua presenza nel testo, con le sue oservazioni 'ironiche' non mi ha conquistato, mi ha fatto pensare troppo a H. Fielding, che ha saputo usare la stessa tecnica nel modo molto più intrigante e avicente. Per non parlare del C. Dickens....
Riguardo il quadro che ci ha dato della società inglese di quel epoca, non lo trovo neanche minimamente obietivo o realistico, i suoi personaggi sono tutti dipinti in bianco e nero, salvo qualche sfumatura di grigio.... lo scopo dell'autore è più che evidente....
E' caso proprio di dire Ah, Vanitas Vanitatum! ma all'autore....:wink:
 

MCF

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Thackeray - la fiera della vanità

Mi era piaciuto tantissimo. Mi fa venire in mente il libro "Le brave ragazze vanno in Paradiso, quelle cattive vanno dappertutto". Questo è il pensiero moderno contrapposto a quello di un tempo. Che cosa ne pensate? Io sono per Amelia, credo che prima o poi il bene trionfa sempre ... ma purtroppo a volte può essere tardi.
 

nici

New member
Bellissimo romanzo, lungo ma scorrevole e da cui non ci si stacca facilmente.
Thackeray critica apertamente, con ferocia e sarcasmo, l´ambiente mondano ottocentesco, presentandoci dei personaggi memorabili che, nonostante tutti i loro vizi, ci lasciano affascinati.
Come ci si può dimenticare di una Rebecca Sharp, arrampicatrice sociale astuta e bugiarda, sempre pronta a trarre profitto da qualsiasi occasione le si presenti davanti, o di una Amelia Sedley, che passa la sua vita dietro ad un ricordo, lasciandosi sfuggire la realtà che ha di fronte? Nessuno dei personaggi della Fiera è “vincitore”, ognuno di loro viene descritto sia con i suoi pregi che con tutti i suoi difetti, ed è posto allo stesso livello di tutti gli altri.
Nella Fiera della Vanità non ci sono protagonisti o antagonisti: non ci sono, appunto, degli eroi. Oppure, al contrario, eroi lo sono tutti.
 

ayla

+Dreamer+ Member
Il mio scopo è mostrare, con toni allegri, che siamo in buona parte persone abominevolmente sciocche ed egoiste… che inseguono la vanità.
Thackeray ci descrive un mondo e lo fa fermandosi su ogni più piccolo ma fondamentale dettaglio, non lascia nulla alla nostra immaginazione, descrive tutto minuziosamente, dall'educazione scolastica ai pettegolezzi, dai ricevimenti alle visite di cortesie, dagli arredi ai trucchi e vestiti più ricercati, dai dolci rituali di corteggiamento alla dura vita matrimoniale o alla solitaria vita da scapolo, con un brio, un'eleganza e un'ironia tali da rendere la lettura mai pesante, ma pagina dopo pagina sempre più appassionante.
Mi ha colpito molto l'analisi che fa l'autore del mondo femminile, è riuscito non solo a destreggiarsi nella nostra complicata psiche ma soprattutto è riuscito a tradurla in parole, dando vita a donne vere, in carne e ossa, con i difetti, i pregi e i pensieri di ognuna di noi.
Bellissimo! Non fatevi spaventare dalla mole, merita veramente!!
 

mame

The Fool on the Hill
Potete darmi una mano a districarmi tra i personaggi di questo libro? Faccio un po' di confusione con i nomi. Da quel che ho capito, Sir Pitt è il padre anziano. Il figlio avuto dalla prima moglie ha lo stesso nome, Pitt Crawley? E Rawdon Crawley è il figlio avuto dalla seconda moglie insieme alle due bambine Rose e Violet?
 

mame

The Fool on the Hill
Vale senz'altro la pena di leggere questo classico della letteratura inglese. Si nota subito la struttura di un romanzo ricavato da pubblicazioni periodiche. Molte parti devono essere state interessantissime per i contemporanei, ma al lettore moderno risultano un po' noiose. Però le due eroine non eroine a confronto sono bei personaggi: Becky non riesce a guadagnarsi la simpatia che molto tempo dopo si sarebbe conquistata Rossella O'Hara, però il suo ultimo gesto di generosità è stato una botta di genio dell'autore, tanto per risvegliare Emmy, la Melania della situazione, molto molto più moscia e insipidina della successiva Melania di "Via col vento". Un intreccio ben condotto, riflessioni importanti sulla vanità umana, sugli scherzi del destino e sul valore dell'onestà.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Ce l'ho a casa,ma non l'ho ancora letto.
Lo comprai in edicola insieme ad un settimanale,dopo aver visto ed apprezzato il film.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Chi di noi, leggendo i romanzi inglesi del primo Ottocento, non ha pensato almeno una volta che la società di quell’epoca fosse piena di ipocrisia e disturbante, falso perbenismo? Beh, è proprio su questo concetto semplice che si basa il lungo romanzo di William Makepeace Thackeray che in quella società ci viveva e che poté osservarla con occhio critico e deplorarne la falsa moralità con acume.
In questa storia gli apparenti protagonisti sono i Sedley, i Crawley, gli Osbourne e tutti coloro che, a vario titolo, hanno a che fare con loro; ma la vera, indiscussa e dileggiata protagonista è niente meno che l’intera società inglese di cui queste famiglie facevano parte, sottoposta ad un giudizio impietoso ed imparziale: “La fiera della vanità” è senza dubbio la definizione che meglio riassume il pensiero dell’autore di questo libro sulla società in cui vive, che premia la furbizia, l’arrivismo, la scaltrezza a discapito della bontà di cuore e dei buoni sentimenti. In questa società, infatti, gli intriganti come Mrs Rebecca trovano sempre il modo di spuntarla, i parvenues come gli Osbourne hanno più denaro che cervello e considerano un posto in società più importante di un matrimonio d’amore; una famiglia d’alto lignaggio come i Crawley preferisce nascondere sotto il tappeto le magagne e i dissapori tra i suoi membri piuttosto che dare esempio di tolleranza ed apertura sociale.
Tutti questi comportamenti ed atteggiamenti hanno, indiscutibilmente, delle forti ripercussioni sociali e sono forieri di conseguenze spesso nefaste per chi li pone in essere e chi lo circonda. Sono queste le critiche, per nulla velate, che il narratore esterno ed onnisciente di questa vicenda intricata rivolge al proprio mondo: “La fiera della vanità” è una critica mordace, ironica e conclamata di una società viziata e corrotta dal prevalere dell’apparenza sulla nobiltà d’animo.
Uno spaccato veritiero ed impietoso della società britannica dell’Ottocento che, a mio avviso, vale la pena leggere nonostante sia talvolta troppo prolisso e minuzioso. Forse non consiglierei questo libro a chi proprio non sopporta i romanzi della Austen o simili, perché pur criticando il perbenismo dilagante, questo libro ne è intriso: l’autore, suo malgrado, ha dovuto servirsene a piene mani per spiegarne le criticità.
 
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