Il Fatto Quotidiano

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Mi sembra di aver capito che Fabio era d'accordo all'inserimento dei quotidiani in questa sezione,in caso contrario può spostare la mia discussione in sede più ideale.
Sono abbonata a questo quotidiano da quando è nato,cioè dal 23 settembre 2009 in versione pdf,quindi lo leggo sul pc ogni mattina,tranne il lunedì,giorno in cui non esce.
Da febbraio,ogni domenica ha in allegato internamente un inserto di satira,il Misfatto,su cui scrive anche Dario Vergassola.Compro sempre la copia cartacea per leggere meglio le vignette :mrgreen:.
Il direttore è Antonio Padellaro,ex direttore de L'Unità,in collaborazione con Marco Travaglio,ideatore del quotidiano,il cui nome è in onore al programma tv di Enzo Biagi,Il fatto.
Alcuni nomi dei giornalisti che vi scrivono sono Luca Telese,Beatrice Borromeo,Oliviero Beha,Peter Gomez,Furio Colombo.
Molto importante è che NON RICEVE ALCUN FINANZIAMENTO PUBBLICO.
 

Evy

Member SuperNova
Non lo compro spesso, ma mi piace la loro linea editoriale...
e poi c'è Travaglio.... :sbav:
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:mrgreen:
 

Denni

New member
E' stato il prescelto dal momento in cui ho cominciato a leggere il giornale e ho lasciato perdere la televisione...
 
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Mary70

New member
Anch'io non lo compro spesso (più che altro perchè non sempre lo trovo), ma quando riesco lo prendo, molto bem fatto e interessante. :)
 

Mesnilgrand

New member
Purtroppo dove abito io non riesco a trovarlo;
in compenso c'è sempre il sito internet e anche il canale di Beppe Grillo su youtube.
 

Monica

Active member
Lo leggo quasi ogni giorno on-line, soprattutto perchè c'è Travaglio.
Mi piace,anche se non sempre sono d'accordo con lui, perchè è un giornalista che non si fa scrupoli di bacchettare sia la destra che la sinistra,quindi capace di essere il più possibile imparziale.
Si impara molto da lui in modo facile ,per la sua vena ironica e tagliente ma che va dritta
al punto.
Da vedere i suoi video di approfondimento del Lunedì segnalati di solito dal blog di Beppe Grillo:un es.
http://www.youtube.com/watch?v=m1NOZrdfH3Q
 

Pungitopo

Far Far Away Member
Come Minerva6 sono abbonato al giornale da prima che uscisse il primo numero e me leggo quotidianamente in versione pdf (e' comodissimo visto che viaggio parecchio all'estero per lavoro). E' l'unico giornale che non ha padroni e vive soltanto grazie ai soldi di chi lo acquista (e di qualche rarissima inserzione pubblicitaria).
Hanno pure pubblicato qualche mia lettera....:mrgreen:
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Dal numero odierno:

noi & loro di Maurizio Chierici
L’11 SETTEMBRE DI ALLENDE
Nessuno ha ricordato l’altro 11 settembre: 37 anni fa, a Santiago, moriva Salvador Allende travolto dal colpo di stato di Pinochet. Tremilatrecento persone sono state uccise dopo lo sfinimento della tortura. 400 morti in più delle Torri gemelle. Quasi un milione di cileni hanno preso la strada dell’esilio piangendo il sogno di una convivenza civile che il piccolo presidente stava costruendo “dalla parte della gente non con la dittatura del popolo”. Disegnava una democrazia diversa dalle democrazie che Washington affidava agli autocrati devoti del continente latino. Ecco perché lo
consideravano pericoloso. L’esempio di Allende poteva anticipare la frantumazione del potere militare delle multinazionali. E la Casa Bianca si spaventa. Risolve con 12 milioni di dollari pagati dall’amministrazione Nixon e distribuiti da Kissinger (premio Nobel per la Pace ) a rivoltosi,killer o editori in monopolio come Agustin Edwards, famiglia di banchieri, proprietario e direttore del “Mercurio”, unico giornale che arriva in ogni angolo del lunghissimo paese. Edwards torna da Washington con due milioni di dollari,allora, una fortuna. Ogni giorno scatena il Mercurio, radio e Tv contro Allende con la serietà di un signore che rispetta il contratto e il suo impero si gonfia nella benevolenza di Pinochet. Kissinger prepara colpo di Stato e delitti eccellenti per eliminare intellettuali e generali fedeli alla Costituzione. Lo prepara insinuando l’immagine ipocrita di una nuova Cuba in fondo all’America. I documenti segreti che Bill Clinton distribuisce prima di lasciare la Casa Bianca, raccontano la storia esemplare del grande paese terrorizzato non dal “c o mu n i s m o ” che a parte l’isolamento cubano ha animato guerriglie perdenti e piccole élites, ma dall’idea di non controllare le risorse del subcontinente dove gli Usa regnano da quasi un secolo. Serviva una morte preventiva per raggelare gli entusiasmi di chi preferiva la democrazia. Le parole con le quali Nixon commenta il rapporto di Kony,ambasciatore Usa in Cile, non lasciano dubbi su cosa sta per succedere: “I bastardi finiranno così”. Batte la mano sul tavolo dove è aperto il piano preparato da Kissinger (seduto nella sedia accanto) per far fuori il piccolo presidente. L’Europa si indigna: ambasciate chiuse, marce nelle strade, scaricatori del porto di Genova che non scaricano le navi cilene. 37 anni dopo nessuno si arrabbia. Ricordo impallidito negli affanni quotidiani che avviliscono la sicurezza dei sessantenni
cresciuti nelle scuole dedicate ad Allende. 187 istituti solo in Italia. Adesso, non so. E poi la voglia di seppellire gli intrighi della Guerra fredda, squadre della morte del Kgb di Putin,squadre della morte della Cia, famiglia Bush. Tanto fredda non era. Se Mosca tranquillizza con i suoi carri armati la Germania Est (1953 ). Ungheria (’57), Cecoslovacchia (‘68), gli Stati Uniti insediano in Iran “un governo amico” (1953 ),invadono il Guatemala (’54 ), Repubblica Domenicana (’65) senza contare Corea e Vietnam. In questi giorni si discute se il cinema sia più efficace della Tv nella diffusione della propaganda che esalta le buone cause.
I sessantenni smemorati sono cresciuti con film che trasformavano in difensori del mondo libero gli 007 della Cia protagonisti che incantano Hollywood: bianco e nero di Jack Ryan, Harrison Ford a colori, in lotta con gli agenti senza pietà del Kgb.
L’educazione sentimentale di due generazioni si è formata così. Angeli da una parte, assassini dall’altra. Ormai sappiamo che la crudeltà ha accompagnato ogni protagonista delle guerre segrete non importa la bandiera era falce e martello o stelle strisce. Cinismo delle poltrone di Mosca o del Pentagono. Allende era la speranza nel cuore di chi guardava da lontano, ma dopo tanti film e tanta Tv, i ragazzi cosa sanno?
 

Mizar

Alfaheimr
Tra l'altro, di questo eroico-didascalico giornale, è molto interessante (atque importante, atque profonda) la pagina culturale.
Oggi un'amica mi ha indicato - a titolo puramente esemplificativo - un intelligente ed esemplificativo exemplum:

L’inesistenza di una cultura di destra
Così, ieri, dopo l’inevitabile can can mediatico dell’attesa sul programma di Fazio e Saviano, l’evento televisivo si è appalesato: ha prodotto quel che era logico attendersi, un buon prodotto televisivo, e le ampiamente previste reazioni del giorno dopo, tutte nel segno della maglietta di appartenenza.

Mi pare possa tranquillamente dirsi che siamo alle solite, la destra benpensante, quella che vota Berlusconi ma in fondo un po’ se ne vergogna, attribuisce le ragioni del successo berlusconiano alla “cultura” di sinistra, e trova in Fazio e nel fazismo l’archetipico epifenomeno del “culturame” di sinistra

Al di là della mia personale difficoltà a considerare di sinistra Fazio, indipendentemente da quello che voti, e Saviano di destra, a voler fare un discorso un po’ più articolato, sarebbe magari il caso di interrogarsi se oggi, a prescindere da ospiti e ospitate, sia realmente possibile una televisione di sinistra: per quanto mi riguarda, credo,che la risposta non possa finire che con l’essere negativa per la stessa, mi si perdoni il cascame culturale, ontogenesi della televisione italiana.

A fronte di una televisione implicitamente già di destra, la questione pare piuttosto essere allora l’esistenza, in una buona fetta di società italiana, di una sorta di riflesso pavloviano, per cui al primo sentire la parola cultura, si mette automaticamente mano alla fondina.

Ora, nello specifico, mi risulta abbastanza difficile pensare il medium televisivo come fosse l’espositore di un museo (che è poi esattamente la formula del talk-show di ambizioni culturali), ma il problema è che gli unici due tentativi di inventare una cultura televisiva in luogo di una televisione della cultura – e mi riferisco alla Rai Tre di Guglielmi e alla Italia 1 di Freccero - hanno fatto la fine delle streghe nel medioevo, e questo nonostante il grande successo di pubblico; e guarda caso, in genere, la reazione suscitata all’epoca nei benpensanti di ogni età era stata la stessa che oggi suscita il pur antipodico Fazio, di fastidio, quand’anche non di aperta avversione: la qual cosa, mi sembra, dà conto sufficiente della buona fede di certe critiche.

Il problema, quindi, a voler essere proprio schietti, non pare francamente quello della cultura di sinistra (tenuto conto poi che la cultura, almeno in parte, è necessariamente elitaria) quanto piuttosto quello della totale inesistenza almeno in Italia di una cultura di destra (personalmente non so se dipendente dal successo della gramsciana politica della egemonia culturale, o dalla consapevolezza della sostanziale autosufficienza ed autoreferenzialità insita nel pensiero di destra).

Appena si esce fuori dallo stretto recinto della riflessione economica, trovare l’ombra di un cascame culturale conservatore diventa impresa disperata, circostanza forse riportabile alla delega in bianco attribuita, alla bisogna, alla dissertazione catechistica della Chiesa Cattolica – e, da questo punto di vista, estremamente illuminante appare il fenomeno degli atei devoti-. che però contribuisce a fare della destra italiana una delle più antimoderne d’Europa.

In sintesi l’italiano di destra sentendo la parola ‘cultura’ vede rosso come il toro nell’arena, e finisce col chiudersi a riccio, mostrando una reazione tutta, e solo, di pancia, totalmente scevra da un’analisi puntuale del reale valore delle manifestazioni che si trova davanti; così può succedere di dover sentire giudizi francamente risibili di fronte al Benigni da catalogo dapontiano della canzone su Berlusconi: un momento di teatro talmente anarchico e liberatorio da trascendere del tutto il qui ed ora della situazione politica.

Il sospetto, allora, al tirar delle somme è uno, la cultura, quando è realmente tale nella sua analisi dei meccanismi dati è fatalmente ed inevitabilmente, se non di sinistra, certo eversiva e dunque: potrà mai piacere alla destra codina?


Credo questa fantasia sia di tale Marcello Andreozzi. Spero voi abbiate potuto apprezzare la lucidità, l'ampiezza di vedute, la lungimiranza e, forse, finanche la profeticità oracolare, piziatica, del testo riportato. Da sottolinear anche la (personale) marchiana gran conoscenza storica e storico-letteraria che l'autore lascia trasparire.
 

Nikki

New member
Spero voi abbiate potuto apprezzare la lucidità, l'ampiezza di vedute, la lungimiranza e, forse, finanche la profeticità oracolare, piziatica, del testo riportato. Da sottolinear anche la (personale) marchiana gran conoscenza storica e storico-letteraria che l'autore lascia trasparire.

Caro, ma tu sei un destro codino? carino!!!! :YY
 

Apart

New member
Mi avete fatto venire voglia di comprarlo.
Ma chi è quella carina donzella accanto a Travaglio, a sinistra, nella foto? :wink:
Interessante l'articolo postato da Mizar. Proprio ieri pensavo: ma possibile che non ci sia una cultura di destra? Ed è possibile che tutte le volte che c'è un comico che si esibisce (che contesta), uno scrittore che scrive (che contesta), un filosofo che parla (che contesta), ecc., in fondo in fondo si va sempre a pensare che sia un comunista, oppure che sia di sinistra, e mai invece che sia di destra? Mi viene allora in mente il film "Cosmonauta", di qualche anno fa, dove Luciana, bambina di nove anni, in risposta a un'ordine ricevuto, che non vuole eseguire, ribellandosi dunque ai genitori, dice con enfasi: "io sono comunista!"
 

sergio Rufo

New member
Apart, giusta domanda : perche' in italia non e' mai esistita una cultura di destra?
Semplice. Perche' , in fondo, tutta la cultura italiana intesa come modus vivendi e' gia' di destra e non ha bisogno di altro , ne' di predicatori.
Se tieni conto, poi, che la risposta a questa cultura di destra che tutti disprezzano ma che professano, viene da monologhetti come quelli visti ultimamente in tv; viene da giornali come Il fatto quotidiano; viene da collane di libri che cavalcano l'onda ( libri alla Gomes); viene da una Berlusconite imperante; viene da audience alla Santoro; ed infine viene da tante di quelle risposte " comuniste" che assomigliano tanto al raglio dell'asino greco, allora capirai bene, che la cultura di destra sara' sempre piu' silenziosa.
Che bisogno ha di mettersi ad urlacchiare la propria affermazione?
E' gia' affermata!
 
P

~ Patrizia ~

Guest
Beh, Mizar, come non darti ragione...

Del resto neanche il comunismo è mai esistito veramente in Italia.
E mai esisterà. Il pensiero comunista, sovversivo, "intellettuale", è qualcosa di astratto...una sorta di "status symbol" mentale, senza grandi riscontri propositivi...

La verità è che la politica italiana manca di spessore culturale, di coerenza, di condotte esemplari.
 
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Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Dal numero de Il Fatto del 9 novembre 2010
di Loris Mazzetti
Un'immagine straordinaria ha accompagnato verso la fine di Vieni via con me il telespettatore:
Roberto Saviano sfila la bandiera italiana dall’asta come simbolo non solo dell’Unità, ma l’idea di un paese nato da un sogno: “Dietro il sangue,i moti, i personaggi, le date”,ha detto Saviano guardando intensamente la telecamera che rappresenta gli occhi del pubblico, “noi italiani abbiamo una fortuna, a differenza della Spagna, della Francia,della Germania, l’Unità è stata
un sogno, non un progetto,non un patto tra nobili. L’Italia nel sogno di Mazzini era
un’unica patria indivisibile libera dallo straniero e repubblicana”.(Sfido a duello chi non è
d’accordo che Rai 3 con Fazio,Saviano, Benigni, Abbado, Silvestri,Vendola, Angela Finocchiaro,
la giovane laureata precaria,suor Giuliana che citando la Costituzione elenca i motivi
per cui è giusto costruire la moschea a Torino, le musiche di Paolo Conte e l’arte dei danzatori
diretti da Roberto Castello non sia stato un esempio di tv-servizio pubblico).
QUEL SOGNO non è ancora svanito. Nell’Italia unita non vi sono confini padani, non vi sono
contrapposizioni geografiche tra Nord e Sud, vi è, invece,il grande rispetto per i patrioti,
donne e uomini, che hanno sacrificato la loro vita: è dal Sud che è partita la spinta risorgimentale.Viviamo in un Paese costantemente alla ricerca della Libertà: il Risorgimento prima,la Resistenza dopo. La ricerca della Libertà è la costante che ci ha accompagnato in
questi anni di seconda Repubblica in cui i vari governi della destra hanno in continuazione
tentato l’assalto alla Costituzione. A ROBERTO Benigni, altro meraviglioso protagonista della
trasmissione, fantasticamente generoso, va il mio affetto nel ricordo dell’amico Enzo
Biagi (il 6 novembre è stato il terzo anniversario della scomparsa),nei momenti che contano
lui c’è sempre. È tutto mio, la canzone che Benigni ha interpretato sulla lista delle
proprietà di B., ci ha fatto capire,meglio di qualsiasi altra cosa, perché il nostro Paese sta
andando a rotoli non solo economicamente,nei valori e nell’etica.
Roberto Saviano ha iniziato il primo monologo, o meglio la prima “orazione civile”, straordinaria,
intitolata Macchina del fango,che rappresenta, in modo inequivocabile, la strategia
adottata da B. per mantenere il potere. Ha detto Saviano: “La diffamazione per me è stata
sempre un’ossessione perché sono nato in una terra in cui chiunque decide di ostacolare
il potere criminale viene diffamato... la democrazia è in pericolo perché se sei contro certi
poteri ti trovi addosso una macchina che getta fango”.
Questo è tipico delle mafie e dei moderni regimi che nascono sotto la bandiera della democrazia,
che propagandano l’onore verso la Patria, che si reggono sul consenso ad ogni
costo, che si impadroniscono della tv pubblica umiliando il ruolo del parlamento che dovrebbe
decidere non solo le regole ma anche gli uomini che le applicano, invece, questi vengono
scelti direttamente da B. nella sua reggia a palazzo Grazioli,a cena con qualche ministro
compiacente che prende appunti e poi passa il foglietto con i nomi a chi di dovere. Questo
è il vero “uso criminoso della televisione pagata con i soldi di tutti”.
CHI SI PERMETTE di fare inchieste: sulla corruzione “di -
ventata sistema di governo”,sui festini con le escort; sul perché i giovani, che non voglio
avere un futuro da precari, sono costretti ad andare all’estero, sui tagli alla cultura, sulle
denunce della Marcegaglia e di Draghi sulla caduta di competitività,deve essere messo a tacere.
“L’uso criminoso della tv” non fu fatto da Biagi, Santoro e Luttazzi, ma da chi fece chiudere
Il Fatto, Sciuscià e Satir icon, da chi, in questi anni, ha usato i tg e tante trasmissioni anche di intrattenimento,come strumenti di propaganda, da chi ha interesse ad impoverire la Rai,
non solo dal punto di vista editoriale ma anche industriale,per far crescere le proprie tv. In
particolare con Enzo Biagi, per anni il Giornale ha tentato di delegittimarlo come giornalista,
esattamente come è stato fatto più recentemente con il direttore dell’Avvenire Boffo, spacciato
per “noto omosessuale già attenzionato dalla polizia”,perchè si era permesso di criticare
il comportamento del premier, poi con Gianfranco Fini,con la telenovela dedicata
alla casa di Montecarlo, quando ha cominciato a dissentire dalle scelte del Pdl. Sono atti di disinformazione che, come ha detto Saviano: “È più sottile della semplice calunnia che
agisce soprattutto coi nemici,la disinformazione punta a distruggere le vittime nel campo
degli amici”. B. HA BISOGNO del consenso,è la sua droga, non sopporta chi gli è contro, chi gli si mette di traverso, chi intralcia i suoi piani: “Si attiva una macchina fatta di dossier, di giornalisti conniventi, di politici faccendieri - ha ricordato Saviano,- che cercano attraverso media
e ricatti di delegittimare i rivali”.
Vieni via con me, per amore di veritàe giustizia, o semplicemente perché crede che il cittadino
abbia il diritto di essere informato,ha raccontato i fatti. Questo è la Rai che rappresenta
il servizio pubblico.


Non so dove Mizar abbia preso l'articolo postato,ma non certo su Il Fatto di ieri.
Essendo io abbonata a questo quotidiano,non ricordavo infatti di averlo letto.
C'era solo questo riportato da me a firma di Mazzetti,che è stato il curatore del programma "Vieni via con me".
Può darsi che si riferisca ai vari blog presenti sul sito ilfattoquotidiano.it.Aspetto chiarimenti da lui stesso.
Non mi è poi ben chiaro il tono con cui l'abbia inserito e commentato,ma mi ha dato l'impressione di essere sarcastico e di critica verso il quotidiano in questione.
Che,voglio ricordare a tutti,non percepisce alcun finanziamento pubblico,quindi a mio parere può permettersi più di tutti gli altri di scrivere anche articoli che non hanno un largo consenso.
E' stata questa infatti una delle ragioni per cui ho deciso di abbonarmi : la libertà di poter contare solo sui lettori (e ovviamente anche sulla pubblicità).
Oltre alla garanzia della presenza di Travaglio e Gomez che per me svolgono ottimamente il loro lavoro di giornalista.
 

sergio Rufo

New member
Sulla garanzia di gente come Gomez ed in parte per Travaglio, scusatemi, ma mi permetto di dissentire, anzi di sorridere.
Gomez e' talmente informato da non sapere che il Presidente del Consiglio in italia non ha poteri sull'esercito-
E fa figuaracce, una dietro l'altra, a meno che una critica come quella che sostiene che un Berlusconi non puo' permettersi di andare a letto alle 3 del mattino perche' presidente del consiglio, sia intesa come critica intellettuale di sinistra.
Da quando in qua', qualsiasi presidente del consiglio al mondo non e' piu' nemmeno libero di essere, se lo vuole, sonnanbulo?
Gomez? lui a che ora va' a letto per dire simili stupidate?
 

sergio Rufo

New member
Il fatto quotidiano al contrario. Il Giornale. Ovvero: la stessa cosa

Giù la maschera: allora è questo Saviano. È un predicatore che va sulla tv di Stato a condannare, infangare, insultare, mettere all’indice i giornalisti di un quotidiano. Lo fa utilizzando la televisione come un plotone di esecuzione e chiede la morte morale di chi gli sta antipatico. Così, senza contraddittorio, senza permettere agli altri di difendersi, senza appello. Lo scrittore di Casal del Principe regola così i suoi conti e quelli dei mandanti di questa esecuzione pubblica. È il burattino con il sorriso bonario di uno spettacolo scritto, diretto e montato da altri: Loris Mazzetti, il dirigente Rai con mansioni di commissario politico (inquadrato mentre applaudiva soddisfatto l’ennesima battuta contro il suo direttore generale), i furbissimi autori del furbetto Fazio, la cricca di Repubblica. Saviano di suo ci mette appunto la maschera, il personaggio, la santità, l’arroganza di uno che sfoga la sua rabbia con una mitragliata di fango. Questo ormai è Roberto Saviano.

Si apre la scena e lui indica al popolo chi sono i miserabili, i maledetti, i cattivi, i bastardi. Questa volta però non se la prende con i camorristi, con i Sandokan, con i malavitosi. No, stavolta mette al muro un giornale e un centinaio di giornalisti colpevoli solo di non essere allineati con lui. Immaginate se fosse successo con altre vittime. Immaginate un signore che va in prima serata su mamma Rai a declamare che i giornalisti di Repubblica e dell’Unità sono tutti servi, sono dei killer, sono come i mafiosi (perché questo è il messaggio che Saviano e i suoi complici vogliono far passare).

Quelli del Giornale sono come gli untori che hanno lasciato solo davanti alla morte Falcone (e non importa che a tradire il giudice furono magistrati democratici e soloni della sinistra) Immaginate cosa sarebbe successo se a subire questa infamia pubblica fossero stati altri, quelli con il pedigree giusto. L’Onu e Amnesty avrebbero gridato in tutte le lingue contro l’attentato alla libertà di stampa, contro i giornalisti lapidati e messi al muro. Ma siccome i giornalisti sono quelli del Giornale allora non è reato. E Garimberti, presidente della Rai, dichiara anche: «Grande esercizio di libertà».

Bisogna ammetterlo, siamo davvero masochisti: paghiamo il canone per essere diffamati. Paghiamo la prima serata a Fazio e Saviano perché gettino fango su di noi. Noi paghiamo il canone e Benigni piange tutto il tempo che sta lì gratis. Questa è l’Italia dei monaci dell’antiberlusconismo, con la lista degli uomini da odiare diffusa in diretta tv davanti a sette milioni di telespettatori. Se c’è qualcuno che usa la macchina del fango sono proprio questi «probiviri». Sparate al giornalista del Giornale. Firmato Fazio e Saviano.
Non vi inventate che ora questa è libera informazione. Il monologo di Saviano serve solo a sputtanare degli individui. Non ci credete? Basta leggere quello che scrive su Repubblica Francesco Merlo, uno che considera Saviano un’autorità. «Nessuno in tv aveva mai detto, così compostamente, che in Italia ci sono giornali che, per servire meglio il potere, vivono di veline avvelenate, sempre lesti ad attingere in quella cultura del sospetto che è nel sangue del Paese. Il giornalismo come l’olio di ricino...».

Il Giornale
 
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