Questo thread mi è balenato in testa dopo aver partecipato ad un incontro con gli scrittori sloveni Veronika Simoniti, Suzana Tratnik e Andrej Blatnik sulla letteratura slovena oggi.
Normale che parlassero dello specifico della letteratura degli scrittori che vivono in uno stato che ha avuto una storia molto complessa per quanto riguarda i confini, così come la Slovenia è, che oltre all'Italia e all'Austria confina anche con l'Ungheria e la Croazia non contando lo sbocco sul mare Adriatico.
Pensiamo solo che lo scrittore e filosofo italiano Carlo Michelstaedter è sepolto nel cimitero ebraico di Gorizia che si trova in territorio sloveno per capire quanto lacerato sia quel confine.
L'idea che la cultura sia possibile solo laddove avviene l'incontro, lo scambio e il confronto è un'idea forte che in Slovenia sta maturando in un paese che ha raggiunto l'indipendenza e l'autonomia come stato solo dal 1991 quando si è liberata dall'egemonia jugoslava.
La Slovenia ha sempre dovuto sottostare all'altrui potere politico, prima il Sacro romano impero, poi quello asburgico, infine quello jugoslavo, per cui la letteratura e la cultura erano il collante dell'identità e della coscienza nazionale, tanto che "i padri della patria" sloveni sono dei letterati.
Dalla caduta del muro di Berlino sembra che in Europa non ci siano più "confini" politici ma sembra si siano accentuati i confini che stanno nella testa delle persone, quelli religiosi, culturali e sociali.
Citando Claudio Magris si potrebbe dire che il confine non solo divide ma anche unisce e questo mi sembra la grande ricchezza di una letteratura di frontiera, la possibilità di sperimentare contemporaneamente e di poter scegliere quali delle due relazioni tra popoli si vuole vivere.
Normale che parlassero dello specifico della letteratura degli scrittori che vivono in uno stato che ha avuto una storia molto complessa per quanto riguarda i confini, così come la Slovenia è, che oltre all'Italia e all'Austria confina anche con l'Ungheria e la Croazia non contando lo sbocco sul mare Adriatico.
Pensiamo solo che lo scrittore e filosofo italiano Carlo Michelstaedter è sepolto nel cimitero ebraico di Gorizia che si trova in territorio sloveno per capire quanto lacerato sia quel confine.
L'idea che la cultura sia possibile solo laddove avviene l'incontro, lo scambio e il confronto è un'idea forte che in Slovenia sta maturando in un paese che ha raggiunto l'indipendenza e l'autonomia come stato solo dal 1991 quando si è liberata dall'egemonia jugoslava.
La Slovenia ha sempre dovuto sottostare all'altrui potere politico, prima il Sacro romano impero, poi quello asburgico, infine quello jugoslavo, per cui la letteratura e la cultura erano il collante dell'identità e della coscienza nazionale, tanto che "i padri della patria" sloveni sono dei letterati.
Dalla caduta del muro di Berlino sembra che in Europa non ci siano più "confini" politici ma sembra si siano accentuati i confini che stanno nella testa delle persone, quelli religiosi, culturali e sociali.
Citando Claudio Magris si potrebbe dire che il confine non solo divide ma anche unisce e questo mi sembra la grande ricchezza di una letteratura di frontiera, la possibilità di sperimentare contemporaneamente e di poter scegliere quali delle due relazioni tra popoli si vuole vivere.