Ciarabelli, Luca - Il bambino che fumava le prugne

franceska

CON LA "C"
Il tenente Santo Ateo Miserino Bonarroti vive e lavora a Ravenna da 16 anni e 7 mesi, vive da solo e non è mai riuscito ad integrarsi nella città abbattuta da un'afa che non dà tregua, esalata dall'intrico delle vicine paludi. Dorme pochissimo, il tenente Bonarroti, anche se in città non succede mai nulla. All'alba fa visita al vecchio Porfirio, pescatore stregone-eremita che vive in una baracca sugli acquitrini. Frequenta in solitudine un circolo filosofico. Passa le giornate in un ufficio dimenticato, dove insieme al brigadiere Taroni, attende vanamente uno squillo di telefono che lo sottragga all'umida immobilità. Finché un giorno, dopo 16 anni e 7 mesi di questa vita, viene trovato il cadavere di Asmodeo Baldini, archeologo dilettante, precipitato da un'impalcatura eretta nella chiesa di Sant'Apollinare mentre furtivamente era intento a picconare il mosaico che raffigurava il palazzo del re goto Teodorico. L'autopsia rivelerà che a uccidere Baldini è stato un misterioso veleno ottenuto dal seme delle prugne.

Presentato come un giallo, questo libro di Luca Ciarabelli non lo includerei come tale, perché è un racconto che va oltre la comune ricerca dell’assassino. E’ una storia da assaporare con piacere, punti dalle zanzare e soffocati dal caldo umido delle paludi ravignane. Un racconto, col sapore della Romagna, in cui l’autore ha la bravura di presentare pezzi di storia in una Ravenna ricca di splendidi palazzi e magnifiche chiese, lasciando nel lettore il retrogusto dello sgretolio del tempo (ché non si sgretoli la memoria).
Un racconto che oltrepassa la storia stessa, valicando sapienti confini filosofici.
Luca Ciarabelli è un autore che ho scoperto per caso e che mi ha preso subito il cuore. Dopo aver letto il suo libro “Il paese dei pescidoro” lo decretai, tra me e me, un Garcia Marquez colorito e fu per questo che corsi ad acquistare anche “Il bambino che fumava le prugne”. Ora, pur mantenendo il mio pensiero di ieri, preferisco nominarlo il “Giocoliere delle Parole” e penso che tale definizione gli calzi a pennello.
Luca Ciarabelli le parole non le scrive soltanto, ma fa sì che escano dalle pagine sorridendo, giocando e cantando. Le lancia in aria, le allunga e le contorce. Le intristisce, le accarezza e le ama.
Ha una capacità narrativa che trovo insolita e spettacolare in un così giovane autore e attendo il suo prossimo lavoro per poter ritrovare con gioia il piacere di leggerlo.
 
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