Woolf, Virginia - Orlando

novella76

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Orlando è un giovane aristocratico cinquecentesco aspirante poeta, di carattere coraggioso e melanconico. Dopo aver sofferto il tradimento di una principessa russa lascerà la corte inglese per diventare verso il 1700 ambasciatore in Persia. Dopo un misterioso sonno si sveglia nei panni di una fanciulla. La nuova Orlando conoscerà i più incredibili personaggi: La regina Elisabetta I, poeti, naviganti, prostitute e zingari sino a diventare una poetessa affermata nel 1928.
è un romanzo sicuramente non facile, non vi nego che ho avuto le mie belle difficoltà. È ricco di metafore e di allusioni a personaggi storici. Il libro stesso viene definito come una metafora brillante e nostalgica del desiderio di fama, d’amore e di immortalità.
Prima di intraprendere questa lettura credo che sia necessario un approfondimento sulla vita e lo stile letterario della grande Virginia. Cosa che ho dovuto necessariamente fare per non perdermi totalmente alle prime pagine.
 
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Non è certo un libro semplice da leggere e men che meno avvincente (forse questa la sua pecca maggiore). Però sono meravigliose le descrizioni e lo stile dell'autrice. Il libro si comprende meglio se si sapesse che è una critica al positivismo e alle sue pretese scientifiche (come le biogrefie scientifiche); inoltre parte importante ha in questo lavoro la filosofia del tempo. Per chi ama letture con grandi riflessioni e descrizioni questo e' un buon libro. :wink:
 

LowleafClod

e invece no
Uno dei libri che ho letto per la mia tesina, forse un po' meno considerato rispetto ad altri suoi romanzi più famosi. Pieno di sensazioni e pensieri del protagonista, prima uomo e poi donna, delle descrizioni tipiche dell'autrice, che sembra dare il più libero sfogo alla sua penna in questo libro, forse in alcuni punti anche troppo. La storia gioca e ironizza, nel passaggio e nel ruolo dei sessi, rievocando l'androginia ideale della Woolf. Centrato sulla vita della sua ispirazione Vita Sackville-West.
Molto bella la parte della metamorfosi quando Verità, Purezza ed Onestà gridano e suonano il loro volere ''Verità, verità, nient'altro che verità'', contro la comparsa delle figure Purità, Castità e Modestia, seguito poi, dal risveglio di Orlando in donna.
 

ayuthaya

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Bello. Bello. Bello.
Virginia non delude ma (anzi) sorprende. Questo libro mi ispirava moltissimo, ma non credevo che mi sarebbe piaciuto così tanto... evidentemente lo stile dell'autrice mi è proprio congeniale!

Parto subito, perchè questo romanzo, pur nella sua brevità, è incredibilmente complesso e offre molti piani di lettura e diversi livelli di “profondità”. Questa "profondità di intenti" non è sempre così evidente, perchè – anche quando il tenore dei pensieri di Orlando raggiunge vette molto elevate (e succede abbastanza spesso) – la Woolf si preoccupa sempre di condire il tutto con una notevole dose di ironia. É un'ironia espressa nei confronti di un certo modo di fare letteratura e di recepire la letteratura, nei confronti della società, della vita mondana, persino dell'amore e, in conclusione, nei confronti di qualsiasi tentativo di definire in modo univoco la vita e la natura umana.

Ma dal punto di vista del “contenuto”? Orlando è innanzitutto (come è scritto nella mia quarta di copertina) “la più lunga lettera d'amore di una donna a un'altra donna, di Virginia Woolf a Vita Sackville-West.Tutti i riferimenti (nomi, luoghi, episodi) sono ispirati alla reale biografia di Vita e della sua famiglia, oltre al fatto che la stessa ambiguità sessuale di Orlando, che è poi la trovata narrativa più eclatante, prende chiaramente spunto dai rapporti intrattenuti da entrambe le donne verso amanti di entrambi i sessi. Il "valore" dell'androginia del protagonista, però, non può essere ridotto al semplice riferimento biografico. La doppia natura sessuale (una conseguente all'altra, ma in certi momenti persino in sovrapposizione) consente a Orlando di vivere la vita a 360 gradi, comprendendo di volta in volta gli aspetti tipici di un sesso (il modo di vivere un'emozione, di interpretare un fatto, di rapportarsi con la natura, di pensare, di ambire, ecc), naturalmente inaccessibili all'altro.
Ma l'essere uomo e l'essere donna sono solo due delle infinite possibilità che ci offre il nostro “io”, e questo Virginia lo esprime in modo sublime nelle ultime, straordinarie pagine del suo romanzo:

Dunque Orlando chiamò “Orlando?” con un tono interrogativo nella voce e attese. Orlando non venne.
“Va bene, allora” disse Orlando, col buon umore che la gente dimostra in queste occasioni; e ne cercò un altro. Ne aveva una gran varietà da chiamare, molti di più di quanti siamo stati in grado di ospitare, del resto una biografia si considera completa se si limita a rendere conto di sei o sette io, mentre una persona può averne migliaia.


La più lunga lettera d'amore di una donna scritta a un'altra donna dunque. Ma anche la più lunga lettera d'amore di una scrittrice all'oggetto del suo amore: la letteratura.
Il tema dello “scrivere” – presentato come un “morbo” da cui non si riesce a guarire – è un altro dei leit motiv dell'opera. In più di un'occasione Orlando si sentirà attirato dal desiderio di fama e immortalità, per poi ogni volta essere dolorosamente disilluso dalla vera natura di questa “vana-gloria”... Ma il bisogno di scrivere non verrà mai meno e lo sentiamo serpeggiare, palpitare anche noi, pagina dopo pagina, simboleggiato da quel poema manoscritto, La Quercia, che Orlando porta sempre con sé, anche durante i suoi lunghi viaggi temporali. É come se l'amore puro, genuino, per la scrittura, riuscisse a vincere tutto ciò che nella vita di tutti i giorni (e di tutti i secoli) contamina la letteratura anche di alto livello...

Si giunge dunque a due altri bellissimi temi, quello dello scorrere del tempo (che poi diventa il dominio dello “spirito del tempo” sull'individualità della persona) e quello dei lunghi e misteriosi sonni di Orlando, dai quali si risveglia sempre in qualche modo “trasformato”... Non posso non citare un passo bellissimo riferito proprio al potere rigenerativo di questo “sonno”:

E' dunque necessario che di tanto in tanto il dito della morte si abbatta sul tumulto della vita per impedirle di spezzarci? Siamo dunque così fatti da dover assumere la morte a piccole dosi quotidiane per seguitare il mestiere di vivere? (…) E se così, di che natura è la morte, e di che natura è la vita?

Concludo scrivendo che amo molto quest'autrice perchè si offre tutta nelle sue opere, senza riserve. Non so se la mia è solo una suggestione dovuta al conoscere, come tutti, la sua sofferta biografia, ma dopo aver letto questo libro (seguito a Gita al faro e soprattutto a La signora Dalloway), mi sembra di riconoscere la sua impronta, anzi... proprio lei stessa all'interno delle sue opere: la sua fragilità e la sua forza, il suo attaccamento alla vita reale (in primis la bellezza sensoriale della natura), la sua profondità...
Un'autrice che merita di essere conosciuta e amata. E questo libro, pur non essendo così “immediato” è sicuramente un altro straordinario esempio della sua grandezza! 10/10
 
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Jessamine

Well-known member
Quando penso a Virginia Woolf, una delle prime cose che mi vengono in mente è quell'incredibile contrasto, quell'irriducibile tensione fra il profondissimo e annientante dolore e la brillantezza tagliente della sua ironia. Virginia Woolf è conflitto, è luce abbagliante e contagiosa e tenebra profonda, e il conflitto in lei è stato così profondo e indissolubile da portare a Rodmell e al 1941. Se però questo conflitto è stato così profondo da impedirle di risolverlo nella sua vita, non è stato così nelle sue opere; "Orlando" è forse l'esempio più concreto di questa compresenza e risoluzione di spiriti ed istinti tanto diversi, e non c'è da stupirsi che ciò avvenga in maniera così evidente nell'opera che parla di nature diverse, di scomposizione del sé e di identità. Ed è straordinario sapere che prorpio l'opera più lieve, più giocosa e luminosa di questa immensa donna è nata prorpio in uno dei momenti più bui della sua esistenza: "Ieri mattina ero disperata, non riuscivo a spremere una parola, alla fine mi sono presa la testa tra le mani, ho intinto la penna nell'inchiostro, e ho scritto queste parole quasi meccanicamente, sul foglio bianco: Orlando. Una biografia. Appena fatto questo, il mio corpo è stato invaso dall'estasi, la mia mente da idee...".
In questo romanzo sono presenti tanti dei temi portanti della poetica di Virginia Woolf (l'identità, la sperimentazione, il flusso di coscienza, e soprattutto lo scorrere del tempo), ma lo sono in una maniera del tutto unica e peculiare. C'è una vena brillante ed ironica terribilmente forte, una vena tagliente e piena di vitalità, presente sin dalle prime righe: "Egli - poiché dubbio non v'era sul suo sesso..." e già Virginia sorride e strizza l'occhio al lettore, perché già sa dove lo condurrà, attraverso caleidoscopici vortici di colori, sensazioni, situazioni surreali e al tempo stesso tremendamente allegoriche. I toni sono quelli di un poema cavalleresco, ma Orlando tutto è tranne che una figura bidimensionale che incarna un ruolo predefinito e vagamente stereotipato. O forse lo è, a tratti, ma solo per permettere a Virginia di dare sfogo alla sua vena più sarcastica, per poter criticare usanze e costumi, convenzioni sociali e stigmatizzazioni. "Orlando" è un arazzo coloratissimo, confusionario a volte, difficile da cogliere altre, ricchissimo di dettagli spesso puramente estetici, solo dei vezzi, ma che nel complesso formano un'immagine imponente e perturbante.
La sensibilità di Virginia Woolf, l'attenzione a tematiche quali la condizione femminile, la concezione del femminile (e, di rimando, del maschile) sono straordinarie. Nel 1928 una donna sviscerava tutta l'ipocrisia e la cecità di chi dipinge preconcetti di genere, ci chi costruisce personalità ed attitudini su meri attributi biologici, mostrando con il mezzo più semplice e diretto - il sorriso - quanto tutto ciò sia opprimente e riduttivo, quanto tutto ciò appiattisca l'immensità e la complessità di un animo umano (un animo umano, non un animo maschile o femminile). Nel 1928 Orlando poteva essere uomo e risvegliarsi donna, e non mutare di una virgola nella sostanza del suo animo - o mutare radicalmente, o chiamare l'immensità dei suoi io senza ottenere risposta, ma non certo per via di abiti maschili e femminili, perché la complessità della questione dell'identità non può e non deve in alcun modo essere ridotta ad una questione di genere. Nel 2015, l'anno delle censure nelle biblioteche delle scuole dell'infanzia, la voce di Virginia Woolf sembra essersi persa in un deserto che terrorizza, il deserto di chi non vuole nemmeno provare ad ascoltare e rendere giustizia alla complessità di determinati temi.
In "Orlando" ci sono paragrafi densi di una satira così sottile e brillante verso la critica letteraria da far sorridere anche quasi cent'anni dopo, segno che Virginia Woolf era una voce limpida e terribilmente acuta, ma anche che gli uomini sono esseri incapaci di imparare dal passato (eh, già, è sempre meglio venerare il passato e disprezzare per partito preso la contemporaneità, o tempora, o mores!). C'è una critica feroce e incredibilmente acuta alle ipocrisie e alle costruzioni della società, di una qualsiasi società, sempre capace solo di costruire maschere e porre distanze fra gli individui, e mai di promuovere genuinità.
E poi, in fondo, a tenere uniti tutti i fili smaglianti e appariscenti di questo arazzo, c'è la Virginia Woolf che ho amato ne "Le onde", quella tormentata e intrinsecamente legata alla sua scrittura, quella che vive d'inchiostro e di poesia in prosa, quella che ci regala quaranta sublimi pagine nel finale che valgono in tutto e per tutto la fatica di alcuni capitoli centrali a volte non del tutto scorrevoli o accattivanti.
È un'autrice a cui ci si deve arrendere ed abbandonare, sapendo che la lettura non sarà immediata né d'intrattenimento (o meglio, non solo); si deve accettare senza pretendere una razionalità eccessiva, si devono accettare le sue regole e le sue forzature, perché le opere di Virginia Woolf non sono costruzioni coerenti e "altre", ma sono l'intimità più profonda di una donna luminosa ma estremamente tormentata.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Quando penso a Virginia Woolf, una delle prime cose che mi vengono in mente è quell'incredibile contrasto, quell'irriducibile tensione fra il profondissimo e annientante dolore e la brillantezza tagliente della sua ironia. Virginia Woolf è conflitto, è luce abbagliante e contagiosa e tenebra profonda, e il conflitto in lei è stato così profondo e indissolubile da portare a Rodmell e al 1941. Se però questo conflitto è stato così profondo da impedirle di risolverlo nella sua vita, non è stato così nelle sue opere; "Orlando" è forse l'esempio più concreto di questa compresenza e risoluzione di spiriti ed istinti tanto diversi, e non c'è da stupirsi che ciò avvenga in maniera così evidente nell'opera che parla di nature diverse, di scomposizione del sé e di identità. Ed è straordinario sapere che prorpio l'opera più lieve, più giocosa e luminosa di questa immensa donna è nata prorpio in uno dei momenti più bui della sua esistenza: "Ieri mattina ero disperata, non riuscivo a spremere una parola, alla fine mi sono presa la testa tra le mani, ho intinto la penna nell'inchiostro, e ho scritto queste parole quasi meccanicamente, sul foglio bianco: Orlando. Una biografia. Appena fatto questo, il mio corpo è stato invaso dall'estasi, la mia mente da idee...".
In questo romanzo sono presenti tanti dei temi portanti della poetica di Virginia Woolf (l'identità, la sperimentazione, il flusso di coscienza, e soprattutto lo scorrere del tempo), ma lo sono in una maniera del tutto unica e peculiare. C'è una vena brillante ed ironica terribilmente forte, una vena tagliente e piena di vitalità, presente sin dalle prime righe: "Egli - poiché dubbio non v'era sul suo sesso..." e già Virginia sorride e strizza l'occhio al lettore, perché già sa dove lo condurrà, attraverso caleidoscopici vortici di colori, sensazioni, situazioni surreali e al tempo stesso tremendamente allegoriche. I toni sono quelli di un poema cavalleresco, ma Orlando tutto è tranne che una figura bidimensionale che incarna un ruolo predefinito e vagamente stereotipato. O forse lo è, a tratti, ma solo per permettere a Virginia di dare sfogo alla sua vena più sarcastica, per poter criticare usanze e costumi, convenzioni sociali e stigmatizzazioni. "Orlando" è un arazzo coloratissimo, confusionario a volte, difficile da cogliere altre, ricchissimo di dettagli spesso puramente estetici, solo dei vezzi, ma che nel complesso formano un'immagine imponente e perturbante.
La sensibilità di Virginia Woolf, l'attenzione a tematiche quali la condizione femminile, la concezione del femminile (e, di rimando, del maschile) sono straordinarie. Nel 1928 una donna sviscerava tutta l'ipocrisia e la cecità di chi dipinge preconcetti di genere, ci chi costruisce personalità ed attitudini su meri attributi biologici, mostrando con il mezzo più semplice e diretto - il sorriso - quanto tutto ciò sia opprimente e riduttivo, quanto tutto ciò appiattisca l'immensità e la complessità di un animo umano (un animo umano, non un animo maschile o femminile). Nel 1928 Orlando poteva essere uomo e risvegliarsi donna, e non mutare di una virgola nella sostanza del suo animo - o mutare radicalmente, o chiamare l'immensità dei suoi io senza ottenere risposta, ma non certo per via di abiti maschili e femminili, perché la complessità della questione dell'identità non può e non deve in alcun modo essere ridotta ad una questione di genere. Nel 2015, l'anno delle censure nelle biblioteche delle scuole dell'infanzia, la voce di Virginia Woolf sembra essersi persa in un deserto che terrorizza, il deserto di chi non vuole nemmeno provare ad ascoltare e rendere giustizia alla complessità di determinati temi.
In "Orlando" ci sono paragrafi densi di una satira così sottile e brillante verso la critica letteraria da far sorridere anche quasi cent'anni dopo, segno che Virginia Woolf era una voce limpida e terribilmente acuta, ma anche che gli uomini sono esseri incapaci di imparare dal passato (eh, già, è sempre meglio venerare il passato e disprezzare per partito preso la contemporaneità, o tempora, o mores!). C'è una critica feroce e incredibilmente acuta alle ipocrisie e alle costruzioni della società, di una qualsiasi società, sempre capace solo di costruire maschere e porre distanze fra gli individui, e mai di promuovere genuinità.
E poi, in fondo, a tenere uniti tutti i fili smaglianti e appariscenti di questo arazzo, c'è la Virginia Woolf che ho amato ne "Le onde", quella tormentata e intrinsecamente legata alla sua scrittura, quella che vive d'inchiostro e di poesia in prosa, quella che ci regala quaranta sublimi pagine nel finale che valgono in tutto e per tutto la fatica di alcuni capitoli centrali a volte non del tutto scorrevoli o accattivanti.
È un'autrice a cui ci si deve arrendere ed abbandonare, sapendo che la lettura non sarà immediata né d'intrattenimento (o meglio, non solo); si deve accettare senza pretendere una razionalità eccessiva, si devono accettare le sue regole e le sue forzature, perché le opere di Virginia Woolf non sono costruzioni coerenti e "altre", ma sono l'intimità più profonda di una donna luminosa ma estremamente tormentata.

Recensione superba quanto il libro, che è stato poi quello che mi ha fatto fare il salto da "Virginia Woolf, scrittrice notevole" a "Virginia Woolf, scrittrice capace di toccarmi l'anima come pochi altri". Complimenti, Jess (ma non è una novità)!
 

unkadunka

New member
Posso raccomandarvi lo splendido film che Sally Potter ne ha tratto? Essendo un libro quasi impossibile da trasporre sullo schermo direi che ha fatto un gran lavoro! Ps i costumi e le ambientazioni sono semplicemente strepitosi! (Ila questa nota è per te :wink:)
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ho delle recensioni arretrate per la sfida RC ma non riesco a concentrarmi. Intanto inizio a postare qualche citazione in attesa di essere illuminata. Premetto che forse questo è l'ultimo romanzo di Virginia che mi restava da leggere. Avevo visto il film ma per i miei gusti l'avevo trovato troppo surreale. Non che il libro sia molto diverso, ma l'ho comunque preferito. Può darsi che in futuro riproverò a guardarlo.

E ben a ragione il filosofo dice che solo lo spessore di una lama separa la malinconia dalla felicità; e giunge a credere che l'una sia
gemella dell'altra; e ne trae la conclusione che tutti i sentimenti estremi confinano con la follia, e ci esorta, di conseguenza, a rifugiarci nella vera Chiesa (a suo parere, quella anabattista), solo rifugio, porto, ancoraggio, ecc.

Siamo dunque fatti in modo tale da dover prendere la morte a piccole dosi, giorno per giorno, per continuare ad affrontare l'impresa
di vivere?

Sebbene lo addolorasse ammetterlo - perché amava la letteratura come la vita - non vedeva niente di buono nel presente, e non aveva speranza nel futuro.

È tutta un'illusione (nulla di male, perché le illusioni sono la cosa più preziosa e necessaria che ci sia al mondo, e la donna che è capace di crearne è una delle più grandi benefattrici dell'umanità) ma è noto che le illusioni vanno in frantumi a contatto con la realtà, cosicché non c'è vera felicità, né vero spirito, né vera profondità che siano tollerati dove regna l'illusione.

Ogni uomo, ogni donna ha un compagno predestinato nella vita, che protegge e dal quale è protetto, finché morte non li separi.

Se sopravviviamo al colpo, è solo perché il passato ci fa scudo da una parte, e il futuro dall'altra.

Questi io da cui siamo costituiti, sovrapposti gli uni agli altri come una pila di piatti in mano a un cameriere, hanno altrove legami, simpatie, piccole legge e diritti propri, chiamateli come volete cosicché uno verrà solo se piove, un altro in una stanza con le tende verdi... Ognuno può moltiplicare secondo la sua esperienza i patti diversi che i suoi diversi io hanno fatto con lui.
 

MonicaSo

Well-known member
Mi è piaciuto tantissimo questo libro della Woolf!
Avevo già visto il film, quindi la storia mi era nota, ma devo dire che solo leggendo ho capito veramente l'intento dell'autrice.
Orlando oggi verrebbe definito transgender, credo, e i suoi cambiamenti mi hanno fatto molto riflettere sulla situazione di chi vive in un corpo che a un certo punto si evolve in un cambiamento difficile e radicale.
Brava Virginia che ha parlato di qualcosa di molto difficile e complicato da capire per chi non lo vive in prima persona, in un modo semplice, chiaro, accattivante.
 
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