La fatica del perdono

P

~ Patrizia ~

Guest
Perdonare è sempre difficile e sofferto, ma liberatorio. Oltre ad affrancare dall'oppressione del rancore rappresenta il disconoscimento del potere esercitato dall'offesa e dal dolore che ci è stato inflitto. E il tormento finalmente si placa.

Accettare il perdono è invece più faticoso. Una tentazione da cui spesso si rifugge, perché lacerante per il nostro orgoglio.
Accettare il perdono non è soltanto un'ammissione di colpa, di fallimento, ma anche dimostrazione di una nostra necessità di essere consolati e assolti per l'errore commesso.
Una sorta di riconoscimento di bisogno dell'altro, di appartenenza e fragilità.

Per voi è preferibile soffrire nell'accettazione, vendicarsi, o perdonare?
 
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Zefiro

da sudovest
(...) Per voi è preferibile soffrire, vendicarsi, o perdonare?

Oh beh... non riesco a ricordare una situazione, una sola, in cui non fosse presente il mix delle tre. Raramente il mondo si presenta in black&white, anzi praticamente mai.

Che il perdono sia, ben spesso ahimè, la più raffinata forma di vendetta ovviamente va da sé.
 

Nikki

New member
Per voi è preferibile soffrire, vendicarsi, o perdonare?

Cosa curiosa, non ho mai pensato queste alternative in termini di "preferibilità". Vale a dire, non ho mai creduto che si possa scegliere l'atteggiamento da adottare. Piuttosto comportamenti vincolati dettati dalla nostra natura. E anche un po' dalle circostanze, alle volte.:wink:
 

Meri

Viôt di viodi
Sicuramente è preferibile perdonare, x me, ma a volte avviene solo in parte nel senso che si perdona, ma non si dimentica e quindi si continua a soffrire.:W
 

Yellow

New member
concordo...sinceramente non credo nel perdono perché alla fine più che perdonare ci si passa su, ma non si dimentica e alla prima occasione tutto riemerge...credo sia anche del tutto inutile perdonare proprio per questo motivo: bisogna imparare dagli errori e non commettere più gli stessi...
 

asiul

New member
(...)
Per voi è preferibile soffrire, vendicarsi, o perdonare?

Si soffrirebbe comunque, tanto vale perdonare. Il perdono è un esercizio difficile, ma ben più faticoso è certamente quello del rancore.

Per me nel rancore verso l'altro c'è il non perdonare noi stessi. Non perdonarci di aver avuto fiducia in un'altra persona. Di aver permesso ai nostri sentimenti di essere maltrattati.
Di aver mostrato una parte di noi, la più vulnerabile.
Ecco! Credo che se riuscissimo a capire che l’errore fa parte delle possibilità della vita, forse riusciremmo anche a non provare rancore e a perdonarci.
 

Ira

Retired member
Per voi è preferibile soffrire nell'accettazione, vendicarsi, o perdonare?

Si perdona al figlio, al marito ai parenti più prossimi ma già con un amico diventa più difficile, apparentemente si perdona ma non si dimentica e il sentimento di amicizia non sarà mai più lo stesso al massimo diventa accettazione.
Un conoscente che ci fa del male perchè perdonarlo?
 
P

~ Patrizia ~

Guest
La mia fatica più grande è sempre stata perdonare me stessa. In ogni fallimento cerco sempre anche la mia responsabilità, il mio errore.

E difficilmente mi concedo indulgenza.
 

nici

New member
Si perdona al figlio, al marito ai parenti più prossimi ma già con un amico diventa più difficile, apparentemente si perdona ma non si dimentica e il sentimento di amicizia non sarà mai più lo stesso al massimo diventa accettazione.
Un conoscente che ci fa del male perchè perdonarlo?

Concordo con Ira, si perdona alle persone più strette, ma con amici e conoscenti è tutta un'altra storia! A me personalmente, quando qualcuno mi va sul piede sinistro, posso passare sopra alla cosa e perfino perdonare, ma quella persona per quanto mi riguarda è segnata per sempre e per me non sarà mai più come prima.
 
P

~ Patrizia ~

Guest
Una persona ti è estranea finché non arrivi ad amarla.

E quante forme di amore ci sono? Qual è il denominatore comune?
Il denominatore comune è la disponibilità ad accogliere l'altro con i suoi limiti, le sue colpe, i difetti, e comunque accettarlo. Senza condizioni.
 
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SALLY

New member
Non sò,per me il perdono è un pò "farsela tornare",il perdono vero,credo, dimentica anche,posso passare sopra le cose,ma non tornano come prima,la fiducia è minata,non credo di esserne capace,non sono capace nemmeno di portare rancore o vendicarmi,semplicemente "stacco".
Molto dipende anche da cosa c'è da perdonare,nessuno escluso,vale anche per mariti,parenti ecc ecc,escludo solo i genitori...:mrgreen:
 

skitty

Cat Member
Non opero molte distinzioni tra le persone quando valuto la ferita che mi è inflitta... purtroppo non ho ancora imparato a distinguere, e quindi resto ferita sempre in maniera troppo intensa sia da genitori, da amici, da conoscenti...
Però cerco soprattutto di capire... a seconda di quanto si riesca a capire le ragioni che hanno mosso alcuni comportamenti, può risultare più o meno semplice perdonare.
Quando dopo lunghe analisi l'azione che mi fa soffrire mi risulta incomprensibile, e magari anche gratuita, e si poteva evitare, e non me la meritavo... ecco, provo ugualmente a perdonare, ma certamente, come molti di voi hanno sottolineato, qualcosa di incrinato e rotto resta sempre lì...
La vendetta no, non la contemplo mai... comportarmi contro la mia natura solo per ferire chi a mia volta mi ha ferita, non mi darebbe assolutamente sollievo, ma si andrebbe ad aggiungere alle sofferenze.
Concordo, purtroppo, con Patrizia, che a volte perdonare me stessa è la parte più complicata...
 

Sir

New member
Perdonare è sempre difficile e sofferto, ma liberatorio. Oltre ad affrancare dall'oppressione del rancore rappresenta il disconoscimento del potere esercitato dall'offesa e dal dolore che ci è stato inflitto. E il tormento finalmente si placa.

Accettare il perdono è invece più faticoso. Una tentazione da cui spesso si rifugge, perché lacerante per il nostro orgoglio.
Accettare il perdono non è soltanto un'ammissione di colpa, di fallimento, ma anche dimostrazione di una nostra necessità di essere consolati e assolti per l'errore commesso.
Una sorta di riconoscimento di bisogno dell'altro, di appartenenza e fragilità.

Per voi è preferibile soffrire nell'accettazione, vendicarsi, o perdonare?

Una riflessione molto bella. :)

Io credo che il perdono sia sempre la soluzione più vantaggiosa: per chi perdona, per chi è perdonato e per tutti quelli che possono imparare qualcosa dall'esempio o godere dei benefici derivanti da tale atto.
Sulla base di questo, il problema di perdonare se stessi non dovrebbe nemmeno porsi, invece tante volte è proprio lì che incontriamo i maggiori ostacoli; una dimostrazione di come perdonare sia, in effetti, difficile.
Ritengo però che sia uno di quegli atteggiamenti che vale la pena di essere coltivato, lentamente e con pazienza, non con l'idea di liberarci da un peso che poi, immancabilmente, tornerà sotto un'altra forma ma col proposito di raggiungere una condizione migliore, dove niente ci offende, ferisce il nostro orgoglio o ci reca danno, per cui lo stesso atto di perdonare perde di significato.

Zefiro ha scritto:
Che il perdono sia, ben spesso ahimè, la più raffinata forma di vendetta ovviamente va da sé.

Purtroppo è vero. E' un problema, però, che riguarda chi lo riceve; se non crede alla buona fede dell'altro e ritiene di essere stato oggetto di una ritorsione, ha perso un'occasione importante per imparare qualcosa. Chi perdona (con sincerità, s'intende) non può certo rimproverarsi di questo.
 

asiul

New member
…ma, esiste il vero perdono? Mi riferisco alla facoltà di appianare tutto.
Non quella di dimenticare tutto, perché sarebbe soltanto un non ricordare; vorrebbe dire occultare da qualche parte, in un angolino ben nascosto il dolore ricevuto. ( Perché è di questo che si tratta. Aver ricevuto un male, per noi, del tutto gratuito).
Siamo noi capaci di perdonare davvero? Di sentirci in pace e cancellare il ricordo come se non fosse mai accaduto. E se ciò (perdonare) non fosse possibile,come chiamare il suo surrogato?
 

Dayan'el

Σκιᾶς ὄν&#945
Per voi è preferibile soffrire nell'accettazione, vendicarsi, o perdonare?

Il perdono è sempre la fase conclusiva di un fenomeno molto esteso e pervasivo, è la cesura definitiva, il passo obbligato a che ogni legame si spezzi, ogni face sotto la cenere si spenga. Il rancore, la vendetta, sono ancora le fasi intermedie, quando pur sempre v'è qualcosa di pulsante, la vetta insuperata di un dolore che non ci ha lasciato. Allora sì, perdonare è vendicarsi ed anche qualcosa di più: i poli di ogni dialettica vivono ognuno in funzione dell'altro, noi possiamo sottrarci dalla nostra posizione, smarrire il senso dell'altro capo, abortirlo. Il nostro perdono, alla fine, è utile a noi; per il resto si sa «finché dura il rimorso dura la colpa».
 

Minerva

New member
Perdono? Di che si tratta esattamente? :?

Sarò pessimista ma sono fermamente convinta che il perdono non faccia parte dell’essere umano comune; ci sono riuscite solo alcune persone (Gesù, i santi, Giovanni Paolo II ecc.).
Dopo aver subito un torto, a mio avviso, si può, in base alla gravità dello stesso, ritornare ad avere rapporti più o meno civili e cordiali (falsi insomma), ma dimenticare no, mai!
È credibile e possibile che una madre possa perdonare l’assassino del proprio figlio? :??
Saper perdonare equivale a saper amare e gli esseri umani non vanno al di là della propria elitaria sfera di affetti; quindi il perdono non può operare oltre questo ristretto gruppo di persone.
Avrò forse un brutto carattere, ma tendo a ricordare i torti (gravi) subiti e il mio motto (da novella Rigoletta :mrgreen:) è “vendetta tremenda vendetta”. La vendetta migliore che metto in atto? L’indifferenza.
 

skitty

Cat Member
Perdono? Di che si tratta esattamente? :?

.....
È credibile e possibile che una madre possa perdonare l’assassino del proprio figlio? :??
....
La vendetta migliore che metto in atto? L’indifferenza.

Stupidamente ieri avevo valutato la questione in maniera molto superficiale... ossia considerando la mia sfera di emozioni ed i fatti a me accaduti... Quindi il fatto di provare a perdonare, era riferito a me stessa.
Allargando l'argomento a temi più profondi o più universali, credo che il perdono in alcuni casi sia veramente innaturale... Parlando di assassinio di una persona cara, o anche dei massacri, delle azioni violente... In questi casi penso che non solo sia impossibile perdonare, ma non sia neanche giusto farlo...

Quoto l'indifferenza... non tanto come vendetta, ma perché potrebbe essere la mia reazione verso le persone che mi fanno del male... Anzi, sarebbe la reazione più lieta che potessi avere: invece di soffrire, ignorare: il mio prossimo obiettivo!
 
P

~ Patrizia ~

Guest
:) In primis vi ringrazio infinitamente per aver condiviso con me le vostre riflessioni.:ABBB

Io penso che il perdono non consista nel dimenticare né in una concessione calata dall'alto, bensì nel riacquistare lucidità e consapevolezza. Prendere atto di ciò che è avvenuto, accettando i nostri e gli altrui limiti.
Un'offesa può essere assolutamente gratuita, è vero, ma più spesso, nella quotidianità, convive con una nostra partecipazione, anche se involontaria.
Può trattarsi semplicemente di fragilità, di uno stato di bisogno, o di passione che ci coinvolge e ci rende vulnerabili. Perché non può esserci offesa nel prodigio della divina Indifferenza: non può esserci torto se siamo "statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato".

Cerco sempre di ricordare e ripetere a me stessa l'affermazione di Saramago:
"I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono."

E mi aiuta, così come mi state aiutando voi, adesso.
 
Ultima modifica:
P

~ Patrizia ~

Guest

E se perdonare non fosse possibile,come chiamare il suo surrogato?

Io non conosco la risposta, purtroppo.
Oltre a quanto già detto sopra posso solo aggiungere che il surrogato potrebbe forse chiamarsi
ritrovare e riconciliarsi con sé stessi. :ABBB
 

Sir

New member
[SIZE=3[B]]…ma, esiste il vero perdono? Mi riferisco alla facoltà di appianare tutto.[/B][/SIZE]
Non quella di dimenticare tutto, perché sarebbe soltanto un non ricordare; vorrebbe dire occultare da qualche parte, in un angolino ben nascosto il dolore ricevuto. ( Perché è di questo che si tratta. Aver ricevuto un male, per noi, del tutto gratuito).
Siamo noi capaci di perdonare davvero? Di sentirci in pace e cancellare il ricordo come se non fosse mai accaduto. E se ciò (perdonare) non fosse possibile,come chiamare il suo surrogato?

Un'ottima domanda.
Sono troppo sleale se mi limito a un "secondo me sì, eccome", e ti invito ad argomentare nel caso tu sia più propensa per la tesi opposta o quantomeno a spiegare come ti sia sorto il dubbio? :mrgreen:
In fondo io ho già in parte argomentato (e lo sto per fare anche a fine post), sarebbe molto interessante sapere che risposta daresti tu.

Sarò pessimista ma sono fermamente convinta che il perdono non faccia parte dell’essere umano comune; ci sono riuscite solo alcune persone (Gesù, i santi, Giovanni Paolo II ecc.).

Non condivido e mi pare manchino le basi oggettive. Pur tralasciando il non secondario fatto che, se volessimo cercare un tratto innato nell'uomo in merito alla questione, lo troveremmo solo nella totale mancanza di coscienza riguardo a "colpa" e di conseguenza "perdono", che è tipica dell'animale... Quei signori che citi non erano forse esseri umani comuni prima di essere anche tutto il resto? E la loro grandezza non stava proprio nel rimanere esseri umani comuni nonostante l'importanza e la responsabilità derivante dalle loro opere? Inoltre, siamo 7 miliardi sulla Terra e molti altri ne sono passati nei millenni trascorsi; l'esperienza personale quindi conta poco, la mia ad esempio mi dice che ci sono state moltissime persone capaci di perdonare e molte ve ne sono tutt'ora, senza bisogno di andarle a cercare tra santi o profeti. :)
Se ne facciamo invece un discorso soggettivo, nulla da eccepire; se sei pessimista, come dici tu stessa, è sacrosanto che tu abbia tale idea.

Io penso che il perdono non consista nel dimenticare né in una concessione calata dall'alto, bensì nel riacquistare lucidità e consapevolezza. Prendere atto di ciò che è avvenuto, accettando i nostri e gli altrui limiti.
Un'offesa può essere assolutamente gratuita, è vero, ma più spesso, nella quotidianità, convive con una nostra partecipazione, anche se involontaria.
...
Cerco sempre di ricordare e ripetere a me stessa l'affermazione di Saramago:
"I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono."

Condivido tutto questo e mi piace molto l'affermazione di Saramago.
Trovo che il tuo atteggiamento sia estremamente positivo, e questo è veramente importante a mio modesto parere.
Forse è possibile, operando con pazienza e precisione, tirare le fila del comportamento umano e venire a capo di ogni suo aspetto; ma esso appare così complesso e disordinato che il tempo e le energie potrebbero non bastare, o semplicemente lo sforzo potrebbe non valere la pena. Se il nostro atteggiamento è positivo, volto genuinamente al bene per noi e per gli altri, che importa se il nostro punto di partenza è una raffinata indagine logica o una semplice impressione? Troveremo comunque la strada giusta e quella "verità" su cui ci eravamo tanto affannati diventerà come uno di quei frammenti di cui parla Saramago, infinitesimale.
 
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