Du Maurier, Daphne - Rebecca, la prima moglie

MCF

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Il libro narra la storia di una ragazza che lavora come dama di compagnia presso una ricca e dispotica signora. Durante un soggiorno a Montecarlo, incontra un vedovo molto affascinante; lo sposa e va a vivere nella sua splendida tenuta in Inghilterra. Qui, però, tutto ricorda la moglie defunta, Rebecca, donna bellissima e raffinata, adorata da tutti per il suo carattere brioso: dai mobili che arredano le molteplici stanze della dimora, alla sua camera da letto dove gli armadi contengono ancora i suoi vestiti fino alle regole d gestione domestica da lei imposte che i domestici tuttora osservano. Raggruppando gli scarsi commenti che riesce a strappare alle persone che l'hanno conosciuta, la protagonista ricostruisce faticosamente la personalità di colei che l'ha preceduta. Ma poi si verifica un fatto che ribalta le sue convinzioni e la situazione in modo davvero inaspettato. L’autrice dipinge abilmente i personaggi e gli ambienti perché non si limita alla descrizione puramente fisica ma aggiunge una sottile analisi psicologica basata sull’osservazione dei dettagli. Ecco degli esempi:

“Era una curiosa calligrafia, tutta di sghembo. Una piccola macchia di inchiostro sfregiava l’immacolata pagina opposta, quasi che la mano che scriveva avesse scosso impaziente la penna per far scorrere meglio l’inchiostro. Cosicché sgorgando dal pennino un po’ più denso, quel “Rebecca” risaltava nero e marcato e l’alta R obliqua rimpiccioliva le altre lettere.“

“Questo era il salotto di una donna, leggiadro, fragile: la stanza di qualcuno che con amorosa cura aveva predisposto tutti i particolari, anche minimi, dell’arredo sicché ogni seggiola, ogni ninnolo, ogni vaso fosse in armonia con il resto e con la propria personalità … Strano, riflettei, che quell’ambiente tanto bello e ricco di colore avesse un che di professionale, di metodico … apersi un cassetto a caso; ed ecco di nuovo gli stessi caratteri su un quaderno di pelle il cui titolo “Ospiti a Manderley” segnalava, divisi per settimane, per mesi, gli ospiti che erano giunti e ripartiti, le camere che avevano occupato, le vivande che erano state loro servite.” .”

“Certo ero io la prima a portare l’impermeabile … colei che l’aveva portato era alta e snella, aveva le spalle più larghe delle mie; per me, infatti, era troppo largo e lungo e le maniche mi ricadevano oltre i polsi. Mancava anche qualche bottone. Ella dunque non si era curata di farli riattaccare. Se lo era buttato sulle spalle come una cappa, oppure lo portava così, aperto, le mani in tasca.”

Leggendo, si sente il disagio della protagonista, il suo desiderio di compiacere il marito, di gestire i rapporti con la terribile governante che aveva adorato Rebecca. Da questo libro è stato tratto il film omonimo diretto da Hitchcock e recitato da Ingrid Bergman; D. Du Maurier ha scritto anche la trama de "Gli uccelli" diretto dal regista citato.
 
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SALLY

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Un bel libro,letto tantissimi anni fa,ti aspetti sempre un colpo di scena e invece ti lascia sempre in sospeso...visto anche il film,Hitchcock riesce a dare un che di suspense,di mistero,bello anche il film,ne hanno tratti diversi da questo libro.
 

MCF

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A Sally

Un bel libro,letto tantissimi anni fa,ti aspetti sempre un colpo di scena e invece ti lascia sempre in sospeso...visto anche il film,Hitchcock riesce a dare un che di suspense,di mistero,bello anche il film,ne hanno tratti diversi da questo libro.

Mi piacerebbe che rifacessero il film; vedrei bene Glenn Glose nei panni della signora Danvers perchè ha impersonato un personaggio analogo ne "La casa degli spiriti". Raoul Bova o meglio Hugh Grant (più maturo e quindi più indicato) come Max De Winter, la Giovanna Mezzogiorno come protagonista e Alessandro Preziosi come Frank. Dimenticavo Rebecca, la grande assente; una volta avrei visto bene Marilù Tolo o Liz Taylor. Vedrei comunque bene una donna dai capelli scuri (il nero è simbolo di mistero), sottile;nel libro, un personaggio dice che quando l'aveva accanto, gli pareva di essere vicino a una vipera.:paura: Chi potrebbe essere secondo voi? ciao a tutti.
 

SALLY

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Ah ah ah bell'idea MCF....secondo me hai azzeccato la Close, la Mezzogiorno e Preziosi al posto di Max io metterei Jeremi Irons,è un personaggio duro e misterioso,la vipera dev'essere bellissima e altezzosa,io metterei la Jolie, la Stone o la Kidman,naturalmente more :mrgreen:
 

elisa

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. Da questo libro è stato tratto il film omonimo diretto da Hitchcock e recitato da Ingrid Bergman; D. Du Maurier ha scritto anche la trama de "Gli uccelli" diretto dal regista citato.


forse un lapsus, la protagonista è Joan Fontaine :)
 

MCF

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A Elisa

Ah ah ah bell'idea MCF....secondo me hai azzeccato la Close, la Mezzogiorno e Preziosi al posto di Max io metterei Jeremi Irons,è un personaggio duro e misterioso,la vipera dev'essere bellissima e altezzosa,io metterei la Jolie, la Stone o la Kidman,naturalmente more :mrgreen:

Hai ragione!!!!!!!!!! non avevo pensato a J. Irons. E forse vedrei la Stone, ha un'espressione molto determinata che sarebbe perfetta.
 

MCF

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Lapsus

Ah ah ah bell'idea MCF....secondo me hai azzeccato la Close, la Mezzogiorno e Preziosi al posto di Max io metterei Jeremi Irons,è un personaggio duro e misterioso,la vipera dev'essere bellissima e altezzosa,io metterei la Jolie, la Stone o la Kidman,naturalmente more :mrgreen:

Chiedo scusa, è vero, la protagonista era Joan Fontaine.:W
 

MCF

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A Sally ed Elisa

Già che vi è piaciuto come a me, avete libri da consigliarmi? :?é così difficile scegliere, oggi scrivono tutti (attori, comici, cardinali). C'era un bel articolo su Elle qualche mese fa intitolato: "Bello il tuo libro, chi te l'ha scritto?" Finalmente si sono accorti che le celebrità fungono solo da prestanome; così i 'loro' libri vengono venduti in quantità industriale riducendo le già poche speranze di noi scrittori emergenti di ritagliarci un piccolo spazio nel mondo editoriale ...
 

Grantenca

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Ha dato origine ad un famoso film (premiato anche con l’Oscar), che penso senz’altro di aver visto, ma di cui non ricordo nulla (certamente a causa della mia memoria, non per l’inscipienza di un titolo molto lodato) e questa è stata la molla che mi ha spinto a leggere questo libro. La prosa è molto ricercata e precisa, la prima parte, ossessiva e in qualche parte ripetitiva, non mi ha entusiasmato; molto meglio la seconda parte, più vitale, con relativi colpi di scena, che hanno alleggerito la lettura. Il mio giudizio, in definitiva, può sintetizzarsi in un opera di valore medio (non mediocre), molto ben costruita, ma che non raggiunge valori letterari molto elevati. Forse sono un po’ troppo severo, ma d'altronde sono convinto che capolavori letterari difficilmente possano essere trasformati vantaggiosamente in film, mentre al contrario, opere medie o addirittura mediocri, nelle sapienti mani di abili registi (e in questo caso il regista è il grandissimo Hitchcock) possano addirittura migliorare.
 

elisa

Motherator
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Ha dato origine ad un famoso film (premiato anche con l’Oscar), che penso senz’altro di aver visto, ma di cui non ricordo nulla (certamente a causa della mia memoria, non per l’inscipienza di un titolo molto lodato) e questa è stata la molla che mi ha spinto a leggere questo libro. La prosa è molto ricercata e precisa, la prima parte, ossessiva e in qualche parte ripetitiva, non mi ha entusiasmato; molto meglio la seconda parte, più vitale, con relativi colpi di scena, che hanno alleggerito la lettura. Il mio giudizio, in definitiva, può sintetizzarsi in un opera di valore medio (non mediocre), molto ben costruita, ma che non raggiunge valori letterari molto elevati. Forse sono un po’ troppo severo, ma d'altronde sono convinto che capolavori letterari difficilmente possano essere trasformati vantaggiosamente in film, mentre al contrario, opere medie o addirittura mediocri, nelle sapienti mani di abili registi (e in questo caso il regista è il grandissimo Hitchcock) possano addirittura migliorare.

secondo me anche il romanzo è un capolavoro, l'ho trovato perfetto! :) ma io ho un debole per la Du Maurier :MUCCA
 

Grantenca

Well-known member
secondo me anche il romanzo è un capolavoro, l'ho trovato perfetto! :) ma io ho un debole per la Du Maurier :MUCCA il film poi lo conosco a memoria, sin dalle prime battute...

Non mi sembra di aver sottovalutato, nel mio giudizio, questo libro; forse ho sottovalutato il film, che ho visto ma non lo ricordo.... Ho solo detto che, per me, non è un capolavoro; il termine capolavoro però non è un valore assoluto, ma un insieme di valutazioni, considerazioni, sensazioni che possono variare moltissimo da persona a persona.
 

Jessamine

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Mi sono avvicinata a questo romanzo con grandissima curiosità, viste le recensioni acclamanti il capolavoro che ho letto praticamente ovunque. Avevo dei ricordi piuttosto vaghi e confusi di alcune scene del film di Hitchcock, intravisto a spizzichi e bocconi quando ero piccina, prima che mia madre mi allontanasse dalla televisione, e ricordavo un'atmosfera estremamente contorta e inquietante, di quelle in cui non ci si può fidare di niente, nemmeno dei propri sensi, mentre si discende in una spirale di follia e paura. Ora, non ho idea se questa atmosfera fosse dovuta ala fatto che ero veramente troppo piccola per guardare un film di Hitchcock, oppure se il libro differisce molto dal film, ma devo dire che il romanzo ha deluso quasi tutte le mie aspettative.
Con questo non voglio dire che si tratti di un romanzo scadente, e con ogni probabilità, se solo lo avessi letto senza aspettarmi nulla, non mi sarebbe dispiaciuto troppo, ma così qualcosa è andato storto. Le prime trecento pagine sono di una noia mortale: ci si trascina stancamente fra gli infiniti treni di pensieri di questa protagonista insicura, sempre pronta a piangersi addosso e incapace della minima iniziativa; ci si muove accaldati fra immensi giardini e salotti dalle porcellane preziose, si ricevono visite, si spendono pagine su pagine ascoltando quanto la protagonista sia insignificante, quanto sia pallida, quanto sia poco brillante, come i suoi capelli siano piatti, e che noia! Le ultime cento pagine, invece, si riprendono, ma gli avvenimenti più interessanti si condensano in un susseguirsi di rivelazioni che si fanno via via più prevedibili, tanto che alla fine ci si trova ad anticipare ogni mossa, discendendo in un anticlimax estremamente frustrante.
Una delle cose che più mi hanno infastidita di questo romanzo è il fatto che, pur essendo chiaramente ambientato agli inizi del Novecento, il ritmo e lo stile narrativo potrebbero essere usciti da un romanzo di Jane Austen. E, badate, non ho assolutamente niente contro Jane Austen, però, per la miseria, se penso alla ricchezza, alle feste, al fasto dell'inizio del secolo io ho in mente il jazz, il golf, le feste di Gatsby, non certo abiti fruscianti nella notte e ragazzne che sognano di vivere in un castello.
Un'altra cosa che non ho sopportato è la mancanza di motivazioni che sembrano muovere i protagonisti: io capisco che l'autrice abbia voluto mettere a contrasto la personalità forte e vitale di Rebecca, la defunta signora de Winter, e quella spenta e scialba della protagonista, ma nessuno in questo romanzo sembra agire spinto da reali sentimenti. I personaggi sono, come ripete più volte la stessa protagonista, solo degli attori di un dramma un po' stereotipato, che ricalca le atmosfere del grande romanzo gotico senza averne l'ampio respiro. I personaggi agiscono in un determinato modo perché quello è il comportamento che ci si aspetta dal loro ruolo: la protagonista è una ragazzetta insipida, senza arte né parte, ingenua e insicura, ma è fondamentalmente buona, e non può non innamorarsi del bello e tenebroso Maximillian de Winter. Poco conta che i due quasi non si parlino, che lui sia un personaggio freddo come il ghiaccio, che nei loro primi momenti insieme la tenga sempre a distanza e se la rigiri come vuole. Voglio dire, vogliamo parlare di come le chiede di sposarlo? Lui non ha nemmeno preso in considerazione l'idea che lei possa rifiutare. E badate, un conto sarebbe se l'autrice avesse voluto rappresentare un modello negativo, un amore malato, un matrimonio fallito: no, la protagonista continua ad amare incondizionatamente un uomo che, dopo tre mesi di matrimonio, la accarezza come fa con il suo cane. Ed è tutto normale, è tutto bello, è tutto romantico. Altro che sindrome della crocerossina, avrei davvero voluto schiaffeggiare la protagonista, aprirle gli occhi, mostrarle il vero volto del suo matrimonio. Lei è totalmente dipendente da lui, modella i propri comportamenti in base allo stato danimo di lui, cerca briciole del suo affetto come se queste potessero bastarle, e tutto ciò è descritto in maneira positiva, come se effettivamente questo fosse l'atteggiamento che una donna davvero innamorata dovrebbe tenere. Ecco, no, tutto questo mi stringe semplicemente lo stomaco.
E poi c'è Rebecca. Rebecca, la moglie morta, la donna perfetta, la donna che tutti ancora amano e ricordano, la donna che dovrebbe aleggiare come un'ingombrante presenza su tutta la vicenda, che dovrebbe far sentire la protagonista braccata... e invece, il problema non è affatto Rebecca. Perché, indubbiamente, ad un certo punto il ricordo di Rebecca comincia davvero ad aleggiare in ogni stanza di Manderley, su ogni oggetto, in ogni sentiero. Ma la verità è che, almeno per metà romanzo, Rebecca è presente quanto è assolutamente normale sia presente il ricordo di una donna morta giovane in seguito ad un tragico incidente. È solo la protagonista che, preda delle sue fantasticherie vittimistiche e morbose, comincia ad indugiare sul pensiero di Rebecca. Insomma, quando inizia a farsi viaggi mentali assurdi sulla calligrafia inclinata di una dedica in un libro conosce Maxim da tre giorni, e di Rebecca nessuno ha mai parlato. Fa accadere tutto lei, sembra quasi godere delle sue disgrazie, inventarsi persecuzuini per crogiolarsi nelle sue insicurezze. E di nuovo, se solo la protagonista fosse presentata come modello negativo, non avrei avuto nulla in contrario: e invece no, lei è buona, lei è paziente, lei è l'emblema della brava ragazza innamorata vittima di circostanze spiacevoli. La protagonista viene presentata come un'eroina romantica, non come una ragazza dalla mentalità e dagli atteggiamenti quantomeno discutibili, e questo mi ha terribilmente frustrata.
Per non parlare, poi, delle grandi rivelazioni finali: a parte il fatto che di rivelazioni proprio non si può parlare, perché tutto è stato estremamente prevedibile, ma poi sembra che nulla faccia presa per davvero sulla mente dei protagonisti. Non voglio fare spoiler, ma insomma, accadono delle cose che dovrebbero quantomeno mettere in discussione il rapporto fra i due protagonisti, e invece niente, non si fa nemmeno una piega. Perché tanto c'è l'amore (quale, poi, dato che lei è semplicemente ossessionata e totalmente dipendente da lui, mentre lui sembra non sapere nemmeno di che colore abbia gli occhi lei), e chissenefrega di tutto il resto. Ecco, il fatto che tutto ciò sia presentato come positivo, come normale, senza problematizzare nulla mi ha mandato in bestia, creando una barriera enorme nei confronti dei protagonisti. Sono riuscita ad empatizzare molto di più con la signora Danvers e il signor Favell, che pur essendo personaggi sostanzialmente negativi, per lo meno sono spinti ad agire da motivazioni reali, hanno reazioni umane e giustificate, sbagliano, ma vivono per davvero.*
Ho chiuso il libro provando un certo senso di irritazione e frustrazione, non credo di aver mai incontato personaggi più odiosi, soprattutto perché non sono costruiti per risultare odiosi. Davvero non riesco a capire tutto l'entusiasmo suscitato da questo romanzo: forse sono io ad averlo letto con poca attenzione, forse mi aspettavo troppo, forse ho frainteso tutto. Proverò a guardare la pellicola di Hitchcock, sperando che sappia riappacificarmi almeno un po' con la seconda moglie.
 

Grantenca

Well-known member
Ho chiuso il libro provando un certo senso di irritazione e frustrazione, non credo di aver mai incontato personaggi più odiosi, soprattutto perché non sono costruiti per risultare odiosi. Davvero non riesco a capire tutto l'entusiasmo suscitato da questo romanzo: forse sono io ad averlo letto con poca attenzione, forse mi aspettavo troppo, forse ho frainteso tutto. Proverò a guardare la pellicola di Hitchcock, sperando che sappia riappacificarmi almeno un po' con la seconda moglie.

Forse un po' eccessiva, ma in effetti.......
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
La rilettura rende conferma dell'assoluto piacere nel leggere questo libro, per me capolavoro di genere. Binomio libro e film sono inscindibili, Hitchcock l'ha riprodotto da par suo. La cosa incredibile è che la tensione rimane accesa per tutta la lettura pur conoscendo gli avvenimenti che sarebbero accaduti.
 

estersable88

dreamer member
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Da tempo una storia di fantasia non mi coinvolgeva tanto: sembrerà anche banale, ma non riuscivo letteralmente a staccarmi dalle pagine. Giallo classico, romanzo inglese dell'Ottocento, storia d'amore, tragedia, possiamo definirlo in mille modi, ma "Rebecca, la prima moglie" è e resta un bellissimo romanzo. E' stato scritto nel 1938, ma porta con sé tutto ciò che di buono c'è stato nella letteratura inglese del secolo precedente. C'è, in esso, tutta l'enfasi ottocentesca nel descrivere i sentimenti, c'è il fascino bucolico della campagna inglese, c'è quell'aura forte di mistero e di ineluttabilità che tanto ho amato in autori come Wilkie Collins… una storia e una lettura che non dimenticherò. La storia è apparentemente semplice: Max De Winter, proprietario di una delle più belle dimore inglesi, vedovo e ancora giovane, incontra a Montecarlo una giovane dama di compagnia che lo colpisce per la sua semplicità e sensibilità. I due si innamorano, al principio non si sa quanto d'amore e quanto d'egoismo – per lui – e ingenuità – per lei – ci sia in questo matrimonio, ma una volta tornati a Manderley, dimora De Winter, lo spettro incombente della prima moglie, Rebecca, deceduta appena un anno prima, tormenta i due sposi e mina la loro tranquillità. Il clima è reso ancor più opprimente dalla presenza sinistra e ostile di una domestica, la signora Danvers, così legata alla prima padrona, e da tante incomprensioni e cose non dette fra i due neoconiugi. Amore e tragedia si legheranno sempre più stretti con l'incedere della storia, in un vortice che trascina il lettore verso un finale inatteso eppure prevedibile. Personaggi ben caratterizzati, un po' stereotipati ma comunque memorabili. Personalmente Ho adorato da subito il misterioso Maxim De Winter ed ho anche fraternizzato con Frank Crawley, Beatrice Laccy, i domestici – tutti tranne la Danvers – ed empatizzato con lei, la bambina che diventa donna e che ci racconta in prima persona questa storia dall'impatto emotivo così forte. Inutile dire che questo romanzo mi è piaciuto e che lo consiglio: se vi piace il romanzo dell'Ottocento, più vicino a Collins che alla Austen, leggetelo, ne rimarrete conquistati. Da questo libro è stata tratta una miniserie televisiva ed anche un celebre film che non ho ancora avuto modo di vedere, ma che, vista l'eminente regia di Hitchcock, si preannuncia all'altezza del romanzo.
 

ayuthaya

Moderator
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Da tempo una storia di fantasia non mi coinvolgeva tanto: sembrerà anche banale, ma non riuscivo letteralmente a staccarmi dalle pagine. Giallo classico, romanzo inglese dell'Ottocento, storia d'amore, tragedia, possiamo definirlo in mille modi, ma "Rebecca, la prima moglie" è e resta un bellissimo romanzo. E' stato scritto nel 1938, ma porta con sé tutto ciò che di buono c'è stato nella letteratura inglese del secolo precedente. C'è, in esso, tutta l'enfasi ottocentesca nel descrivere i sentimenti, c'è il fascino bucolico della campagna inglese, c'è quell'aura forte di mistero e di ineluttabilità che tanto ho amato in autori come Wilkie Collins… una storia e una lettura che non dimenticherò. La storia è apparentemente semplice: Max De Winter, proprietario di una delle più belle dimore inglesi, vedovo e ancora giovane, incontra a Montecarlo una giovane dama di compagnia che lo colpisce per la sua semplicità e sensibilità. I due si innamorano, al principio non si sa quanto d'amore e quanto d'egoismo – per lui – e ingenuità – per lei – ci sia in questo matrimonio, ma una volta tornati a Manderley, dimora De Winter, lo spettro incombente della prima moglie, Rebecca, deceduta appena un anno prima, tormenta i due sposi e mina la loro tranquillità. Il clima è reso ancor più opprimente dalla presenza sinistra e ostile di una domestica, la signora Danvers, così legata alla prima padrona, e da tante incomprensioni e cose non dette fra i due neoconiugi. Amore e tragedia si legheranno sempre più stretti con l'incedere della storia, in un vortice che trascina il lettore verso un finale inatteso eppure prevedibile. Personaggi ben caratterizzati, un po' stereotipati ma comunque memorabili. Personalmente Ho adorato da subito il misterioso Maxim De Winter ed ho anche fraternizzato con Frank Crawley, Beatrice Laccy, i domestici – tutti tranne la Danvers – ed empatizzato con lei, la bambina che diventa donna e che ci racconta in prima persona questa storia dall'impatto emotivo così forte. Inutile dire che questo romanzo mi è piaciuto e che lo consiglio: se vi piace il romanzo dell'Ottocento, più vicino a Collins che alla Austen, leggetelo, ne rimarrete conquistati. Da questo libro è stata tratta una miniserie televisiva ed anche un celebre film che non ho ancora avuto modo di vedere, ma che, vista l'eminente regia di Hitchcock, si preannuncia all'altezza del romanzo.

Ho visto da bambina il film e me lo ricordo molto bello, ma è passato tanto di quel tempo che ricordo la trama ma non il finale... Potrebbe essere la buona occasione per un ripasso letterario anziché cinematografico!
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Gli amanti del romanzo noir non possono perdersi “Rebecca”, titolo originale dell’opera di Daphne du Maurier. I motivi a mio avviso sono tanti: prima di tutto sconvolge gli stereotipi del romanzo classico, il matrimonio non è la giusta ricompensa finale che di solito è destinata ai protagonisti dopo varie peripezie vissute, ma è una lenta discesa verso un incubo e il matrimonio avviene all’inizio della storia. La nostra protagonista incarna si le caratteristiche dell’eroina romantica ma io ci ho visto dentro un’anima “dark”, nel senso che lei (di cui non sapremo mai il nome) vive il suo primo amore, l’amore per Maxim de Winter, in modo assoluto, quasi autodistruttivo, andando incontro a situazioni che minano ancora di più la sua già fragile autostima, e tutto questo lo fa in modo consapevole, guidata unicamente dalla passione per quest’uomo, sposato d’impulso e del tutto sconosciuto. Lei inizialmente è mossa dal colpo di fulmine tipico degli innamoramenti adolescenziali e mano a mano che viene a contatto con la nuova realtà matrimoniale il suo amore si trasforma, rasentando dal mio punto di vista l’ossessione (anche se la protagonista non perde mai la percezione della realtà e di se stessa, tranne che per brevi momenti e sotto il condizionamento della signora Danvers). Mal ho sopportato i comportamenti di lei di esasperata abnegazione nei confronti del marito, tuttavia sono comprensibili se si pensa che questa ragazza è orfana, che ha ricevuto un’educazione rigida (tanto che lei stessa torna col pensiero al suo passato e ai suoi traumi infantili), che il dovere di una moglie in quell’epoca era di rimanere al fianco del proprio marito e di non fare troppe domande, infatti tra i due inizialmente manca il dialogo ma questo anche perché Maxim appare come un uomo tormentato e chiuso nei suoi pensieri. Maxim è l’unico personaggio della storia che ho trovato descritto in modo coerente: all’inizio è misterioso, non riuscivo a capire cosa provasse nei confronti della moglie, a momenti pensavo l’amasse e subito dopo cambiavo idea, il suo è un comportamento che ho trovato logico solo quando sono venuta a conoscenza del motivo del suo comportamento, Maxim è un personaggio complesso per le emozioni contrastanti che prova, è l’unico personaggio con buon senso (se non penso però a quell’unica macchia nera che porta con sé e che lo distingue dal protagonista perfetto). La signora Danvers è l’aspetto gotico del romanzo, la parte irrazionale sotto la parvenza di calma e rigore (la pazzia anche in questo caso viene trattata in modo diverso dai canoni classici, non attraverso un comportamento manifesto ma attraverso un modo di fare controllatissimo), da questo punto di vista è una figura “interessante”. La scrittura dell’autrice è trascinante, Manderley viene descritta in modo meraviglioso, facendo una continua distinzione naturalistica tra l’ala a levante, rassicurante con il giardino di rose, e l’ala a ponente, inquietante col mare in tempesta. Poi c’è la parte dedicata alla valle che porta alla scogliera fino al promontorio con il faro, lo scenario più affascinante per me di tutta la storia, il luogo dei segreti più nascosti. Mi è piaciuto molto il fatto che gli elementi della vegetazione fossero simboli dei diversi personaggi e le variazioni climatiche accompagnassero lo stato d’animo della protagonista che racconta la storia dal suo punto di vista quindi in base alle proprie sensazioni, molte delle quali inconsce (infatti sono frequenti i sogni e momenti di depersonalizzazione). I personaggi di contorno hanno tutti un loro ruolo specifico, nessuno è stato messo a caso e questo l’ho apprezzato tantissimo. Il cagnolino Jasper poi è l’anello di congiunzione tra passato e presente, una figura che ho adorato e che ha allietato la mia lettura. Il finale mostra anche qui la non convenzionalità della storia. Tirando le somme se si legge questo romanzo tenendo conto dell’aspetto gotico e di conseguenza a tratti surreale, è un romanzo che non può lasciare indifferenti, al di là che piaccia o meno.
 

ila78

Well-known member
Un romanzo particolare, a tratti straniante, a partire dal fatto che credo sia la prima volta che leggo un libro senza sapere il nome della protagonista, particolare credo studiato per metterla ancora di più in secondo piano rispetto all'onnipresente Rebecca. L' abilità della scrittrice sta nel farti entrare nelle sensazioni e nei luoghi, sei lì, a Manderly e respiri le sensazioni negative e l'inadeguatezza della protagonista e man mano che la trama va avanti senti l'inevitabile e opprimente scorrere degli eventi. Pochissime sensazioni positive, e quando ci sono vengono distrutte dopo poche pagine, così come, secondo me, ci sono pochi personaggi del tutto positivi, salvo solo Frank Crawley, Ben e forse il maggiordomo Frith, per il resto non si salva nessuno, nemmeno la protagonista che ho trovato a tratti irritante con la sua insicurezza. Quindi non ti è piaciuto? Al contrario, mi è piaciuto tantissimo, proprio nel suo essere diverso e molto molto ben congeniato e scritto. Lettura consigliata 4/5.
 

bouvard

Well-known member
Della Du Maurier finora avevo letto solo La casa sull’estuario, un libro che mi era piaciuto senza però entusiasmarmi. Perciò ho iniziato a leggere questo libro, di cui conoscevo fin troppo bene la trama (ad eccezione del finale, di cui poi dirò) con diciamo il freno a mano tirato. Un modo diplomatico per dire che non mi aspettavo molto. Ed invece!
L’ho trovato bellissimo, appassionante, intrigante, l’ho praticamente divorato! A colpirmi è stata innanzitutto la scrittura della Du Maurier, la sua capacità descrittiva è veramente notevole, leggendo si ha l’impressione di essere su quel viale, o su quella spiaggia e di osservare i protagonisti mentre parlano, si muovono.
Qualcuno, ho letto nelle recensioni sopra, ha trovato noiosa la protagonista, il suo continuo sentirsi a disagio, fuori posto, il suo avere dei dubbi su tutto, io invece penso che l’autrice abbia saputo rendere questi aspetti del suo carattere in modo magistrale.
Ho visto più volte sia il film, che lo sceneggiato televisivo che ne hanno tratto, ma per qualche strana ragione a parte la figura stupenda dell’arcigna signora Danvers non ricordavo altro, non sono mai riuscita a ricordare il finale. Dopo aver letto il libro penso che non lo dimenticherò più. E’ sicuramente uno di quei casi in cui mi è piaciuto di più, ed ho trovato migliore, il libro piuttosto che il film. Ovviamente questa è solo la mia opinione.
Decisamente consigliato
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Ho avuto la fortuna di leggere questo libro dopo aver già visto il celebre film di Hitchcock, ma della cui trama non ricordavo assolutamente nulla, se non il ricordo della prima moglie che aleggiava come uno spettro, minacciando la serenità di una giovane sposa. Le ottime recensioni poi mi hanno convinto a leggere il romanzo e sono molto soddisfatta di questa scelta.

Daphne Du Maurier è davvero bravissima a trasmettere il senso di inadeguatezza che affligge la protagonista, una giovane donna totalmente inesperta del mondo, che si è trovata sposata a un uomo ricco e brillante senza quasi rendersene conto. È vero che il fascino che Maxim esercita su questa fanciulla è innegabile, ma è impossibile non chiedersi: lei lo ama davvero? Oppure è solo soggiogata dalla sua forte personalità? E ancor di più lui, il ricco vedovo, si è davvero innamorato di questa ragazzina pura, ma anche un po’ scialba, o ha deciso di sposarla per perseguire qualche suo obiettivo a noi ignoto? O piuttosto, invece di raggiungere qualcosa, sta cercando di fuggire qualcos’altro?
Quale che sia la verità, il matrimonio inaspettato e rapidissimo non appare una scelta consapevole, per cui non c’è da meravigliarsi quando la giovane signora, mettendo piede nella sua nuova dimora, si sente schiacciata sotto il peso dell’eredità di chi l’ha preceduta. Tutto a Manderley, la cui sola fama farebbe intimorire chiunque, parla di Rebecca: le abitudini, la disposizione degli oggetti, i muri stessi sembrano parlare di lei, quasi avessimo a che fare con una casa stregata. Sacerdotessa di questo macabro culto è la tetra signora Danvers, governante ed ex cameriera personale di Rebecca; bisogna riconoscere che questo personaggio misterioso e inquietante è tratteggiato in modo superbo. E superba è la descrizione della paranoia della sposa, sempre più sopraffatta dal senso di inferiorità fino a sentirsi totalmente annullata nella sua individualità. Sebbene in queste pagine il ritmo sia lento, io l’ho ritenuto fondamentale per farci entrare in empatia con la protagonista, seguendola fino al baratro della follia.

Si giunge così a una svolta narrativa: una scoperta che stravolgerà la situazione, facendo capire alla giovane donna (non ne conosciamo neppure il nome) che la realtà spesso è frutto della propria prospettiva mentale. A partire da questo momento, quello che era quasi un thriller psicologico si trasforma in un romanzo d’azione, un poliziesco di cui apprendiamo insieme la soluzione. Per un breve momento, infatti, sembra che, dalla bocca di Maxim, abbiamo appreso tutto quello che c’era da sapere, ma la scrittrice è talmente brava da tenere in serbo per tutti, i personaggi e noi lettori, un finale a sorpresa che non deluderà nessuno.

Consigliatissimo.
 
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