Prosa e racconti brevi

P

ParallelMind

Guest
Non ho trovato una sezione dove si potesse pubblicare qualcosa in forma di prosa come qui è per la poesia.
E io credo che sia una cosa bella, lasciare libertà di scrivere in qualsiasi momento in cui il cuore o la mente ci invita a farlo
In concorsiamoci ho trovato solo concorsi letterari, e non era questo che cercavo
allora ho deciso di aprire una discussione qui, nella sezione dove i sentimenti e le emozioni hanno spazio e respiro

I Opera
Lettera ad un amico
Caro amico, mi mancano le nostre infinite chiacchierate per i viali
sotto gli archi, mentre incuranti della fine pioggia si parlava della vita, dell'amore, del nostro passato e di dove saremmo arrivati un giorno
chi l'avrebbe detto però che il destino ci avrebbe condotto così lontani in patrie diverse..
Avevi ragione tu allora, quando dicevi che il tempo è tiranno e non va sciupato, che le emozioni svaniscono lentamente e solo i ricordi ti restano accanto.
Dicevi di non sforzarmi tanto di trovare l'amore in una donna, perché i momenti belli
 
P

ParallelMind

Guest
sono troppo fulgidi e durano il tempo di un respiro..
Se fossi qui ti direi che è vero, ma ho scoperto che la colpa è di questo mondo così duro con i cuori, perché c'è chi soffre nel silenzio di una stanza perché ne ha prese troppe e ha chiuso a chiave il cuore e chi invece ancor più sfortunata è nata tardi e nessuno gli ha insegnato cos'é l'amore e la passione.
Ma sul resto avevi ragione, ogni gesto gentile e regalato è un piccolo pegno d'amore, come fù per te quella volta di cui mi parlasti.
Se solo potessi tornare indietro non rifarei tanti errori e non lascierei la nostra vecchia casa che per me era un tenero camino acceso in tutto quel freddo di Bologna
Chissà se fossi rimasto lì con voi saremmo ancora a passeggiare per i viali, o a correre in bici per le strade, e cantare ridendo alla vita, che infondo per noi allora era un gran bel gioco.
 
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Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Dicono che la storia degli uomini è scritta nel destino ma in fondo non è altro che una delle tante tappe del ritorno al passato. Che cos’è quindi la vita se non l’intreccio tra passato e presente di una storia sempre uguale, che mai avrà fine? Cosa ci narrano i libri di storia se non un cronologico fluire di conquiste, imperi coloniali, guerre, olocausti, crolli, martiri, oppressioni e ancora conquiste e lotte armate? Noi d’altronde siamo solo il riflesso modernizzato delle vecchie generazioni.
Aveva ragione Albert Einstein quando supponeva che le nuove generazioni sono l’opera delle vecchie ed è grazie a ciò che ci hanno trasmesso se l’umanità da mortale diventa immortale. Dal celebre mito di Icaro che tentò di volare a oggi, che conquistiamo la luna; Caino continua imperterrito ad alzare la mano contro il fratello Abele.
Il futuro non rimarrà altro che la medesima proiezione del nostro avvenuto e il presente solo una transizione precaria.
D’altronde è ciò che vogliamo dal momento che non realizziamo niente per migliorare quello di cui siamo padroni.
Sono stata in Chiesa. Non ci andavo da molto.
In Chiesa non ho pregato, non mi sono inginocchiata, non mi sono neanche avvicinata all’altare. Sono rimasta in fondo, addossata all’ultima colonna. Fissavo il Cristo crocefisso come se da un momento all’altro avesse potuto parlarmi. Come se restando lì avessi potuto capire; trovando delle risposte a tutte le mie domande. Quelle domande che ti nascono da dentro, da dietro un angolo delle mente e che pretendono di esplodere e di ricevere risposta.
La Messa delle sei era appena terminata e i fedeli se ne erano già andati. Il parroco era nella sagrestia a cambiarsi d’abito e non mi aveva vista entrare. Indugiai ancora qualche altro minuto a fissare l’altare adorno di fiori e candele.
Poi sono uscita, così come ero entrata, in silenzio.


Caro amico,
la stazione era grigia, i muri erano grigi, e il cielo era plumbeo.
Iniziò a piovere.
Non c'erano persone, ero sola. E pioveva sui tetti delle case in lontananza, sui binari ferrati, il cielo pioveva.
Sì udì un lungo fischio e arrivò un treno. Le porte di aprirono e discese un vecchio appoggiandosi a un bastone; in testa portava un cappello nero, sgualcito, a tesa larga. Il treno ripartì, non era il mio. Anche il vecchio se ne andò, e l'eco dei suoi passi riecheggiò in lontananza fino a spegnersi. Tornò il battito ritmico della pioggia a scandire il tempo.
Da quanto me ne stavo seduta a guardare i treni arrivare e ripartire? Da tutta una vita forse. E i treni erano arrivati, molti, e se ne erano andati, lasciandomi lì. O forse ero io che non volevo prenderli quei treni.
Caro amico, sono qui, ti scrivo da molto lontano, da una stazione che non ha nome nè confini, e non saprei dirti il giorno e nemmeno l'ora.
La stazione è sempre grigia. Piove ancora. E' arrivato un altro treno, ma non saprei dirti quando arriverà il mio.


 
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Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Amico mio,
ti scrivo.
Non conosco il tuo nome, ma sono certa che un giorno, forse non molto lontano, leggerai il mio messaggio.
Ti scrivo dal giardino delle fate, un giardino che non ha limiti all’immaginazione, un giardino dove il tempo sembra essersi fermato perché l’unica cosa che corre sono i pensieri, a volte lucidi, a volte confusi. Cos’è la vita se non un trascendere dei dolori e delle gioie? Ah! quante volte ho desiderato poter chiudere gli occhi e non pensare! Non pensare al caos che ci circonda, all’inferno che sento dentro.
Ammiro questi alberi e le loro chiome, la fragranza dei pini e l’odore dell’oceano. C’è calma nel giardino delle fate, dove tutto sembra essersi perduto.
Non desidero andarmene, non voglio lasciare questa quiete. Ma il giardino svanirà da sé, nel momento stesso in cui smetterò di scriverti, nell’attimo in cui aprirò il cuore alla realtà.
Avrei forse molto tempo per farlo, tempo per capire, ma il tempo è relativo e ci viene portato via senza che noi possiamo avere la possibilità di realizzarlo. E poi, cosa importa, in fondo? Vivere l’attimo e trasformarlo in eternità, esplorare l’animo del mondo e renderlo immortale.
Potrei passare ore intere a raccontarti di questo giardino che lascio crescere incolto, delle orchidee selvatiche e delle rose selvagge che hanno ricoperto il muro di pietra semidistrutto anni or sono da colpi di cannone.
Il giardino delle fate racchiude in sé quella che si può definire la storia dell’uomo. In ogni suo angolo più remoto, nascosto dall’ombra o illuminato dalla prima stella del mattino.
Oh! come amo le sensazioni che mi scuotono! Quel dolce tormento indotto dall’inquietudine! Vieni con me mio amico; lascia il tuo mondo e raggiungi questo giardino. Sentirai pace in fondo al tuo cuore; le emozioni che pur forti andranno via via sciamando, trasportandoti nell’oblio, ove ogni cosa naufraga nel dolce ricordo, nella speranza e nelle parole non dette. Quelle stesse parole che mai labbra umane dovrebbero pronunziare. Quante parole dette invano; parole volte a ferire, volte a incatenare un nome; a depredare un cuore della sua innocenza! Innocenza… Può esserci parola più meravigliosa e più amara?
Mio amico… non per deluderti della vita io ti scrivo. Non per far nascere radicalmente in te il timore del dolore e della gioia. La speranza è vita. La vita è l’unica cosa che meriti di essere vissuta.
E adesso, amico, ti chiedo di non raggiungermi nel giardino delle fate, ove niente è perduto e tutto è ancora da trovare. Non giungere in questo Eden, ove l’unica uscita è la strada della vita. Vivi in te ogni istante, senza mai smettere di sognare. Ma non cercare il giardino delle fate. Il suo luogo è indicibile. Trovarlo, significherebbe a perderlo.
 
P

ParallelMind

Guest
Cronache di vita virtuale - Parte I

Non conoscevo molto di quel mondo, l'avevo sempre osservato da lontano, un pò curioso un pò intimorito.
Mi domandavo perché fosse diventato la malattia di questo benedetto 21° secolo, una droga quasi per tutti.
Lentamente la curiosità prese spazio alla paura e mi addentrai anche io in quel magico mondo fatato.
D'altra parte nessuno c'aveva scritto davanti ai monitor "lasciate ogni speranza o voi che entrate!", e ineffetti non sarebbe stata una gran bella pubblicità per le majors dell'informatica.
Presi dapprima confidenza con i vari siti e forum, a vederlo ora da vicino non era affatto male! ad ogni ora del giorno e della notte trovavi persone con cui parlare, scherzare e passare il tempo allegramente, una vera figata.
Inconsapevolmente una parte di me si era già assuefatta, ero già fregato, ma non avevo nessun modo per rendermene conto.
Passarono così i mesi e la voglia cresceva, gli amici mi cercavano invano, ormai c'ero solo io e il mio mondo, un nickname, un personaggio virtuale, una vita diversa senza limitazioni di sorta: stavo diventando davvero bravo.
Ormai sui forum ero considerato alla stregua di un dio, venivo venerato da bellissime fanciulle perché ero un vero portento ricco di stile, spassoso come nessun'altro e irriverente con la moderazione. Un personaggio di Johnny Depp di quelli più famosi e amati. I ragazzi che prima mi sfidavano o provocavano ora restavano in silenzio o cercavano la mia amicizia per avere consigli sulle donne e su come migliorare la propria immagine virtuale, ragazzi se andavo forte! facevo proprio tendenza.
Ma tutto questo cominciava a starmi stretto, sentivo di poter andare oltre e molto più lontano di così.
Avevo ormai la lista msn piena di ragazze vogliose di me, per me il gioco iniziale si era trasformato in qualcos'altro, e alle donne piaceva, complicità, feeling, giochi erotici con le parole.
Io che in vita mia non ero mai stato a letto con una donna ora avevo l'imbarazzo della scelta, un lista da cui scegliere in ogni momento.
Le proposte erano le più varie e fantasiose, c'era chi voleva farlo per ripicca ad un suo ex, chi voleva diventare famosa sul forum e fare pettegolezzo, chi era proprio infatuata, chi voleva liberarsi delle giovanili inibizioni e via discorrendo.
Il cellulare sembrava quello di un gigolò, squilli, chiamate anonime e non, messaggi, video, foto.. io che in vita mia l'avevo usato poco e niente.
Anche fisicamente non mi ero mai considerato un granché e le compagne di classe a stento mi vedevano, troppo filosofico e caldo per loro, decisamente non ero un paraculo e un don giovanni, ma un tipo solare e riservato con l'animo del poeta, insomma uno a cui non gliela dai mai. Eppure su internet ero visto come uno strafigo, e le pose non me le ero neppure sparate, foto normalissime, ma la mia reputazione era ormai alle stelle.
Non mi andava di prendere in giro tutte quelle donne, pensavo però che l'avrebbero capito che la mia era solo ostentazione, spavalderia per ricevere attenzione finalmente.
Loro però continuavano, incessanti trillandomi, desiderose di godere con me anche solo virtualmente con una web cam.
Adesso capivo di essermi spinto troppo oltre, cominciò così l'epurazione su messenger, una fase di riscoperta dei legami autentici, delle amiche di cui fidarmi.
Intanto cominciava a crollare il castello di carta sui forum, le ragazze deluse dalla scopata mancata erano andate a lamentarsi, si erano sentite prese in giro perché il gioco intimo nella loro testa presupponeva un coinvolgimento passionale reale.
Io me ne fregavo dei forum ero concentrato sulla nuova fase di riscoperta dei rapporti su messenger.
E volevo oltre creare solide amicizie femminili riuscirne a trovare una da amare e che a sua volta mi amasse.
Era l'inizio della fine, avevo iniziato una ricerca del sacro graal, una crociata sentimentale senza fine e scopo, ma non potevo immaginarlo.
Troppo ingenuo e immaturo, ora non ero più paraculo e falso, ora leale e trasparente su tutti i miei stati d'animo cercavo conforto, comprensione e affetto. Si parlava finalmente di cose di spessore interessanti, e io devo dire mi ero scelto il meglio del meglio. Ragazze di psicologia, sociologia, lettere, artiste, romantiche, filosofiche, drammatiche, umili e altruiste, moderatrici equilibrate, alternative punkettomane e dark-lady.
Ce ne era per ogni gusto e partito ed erano tutte da me a portata di un click.
All'inizio mi ero invaghito quasi di tutte, mi cercavano per avere pareri sulle loro vite private, se dovevano andare dietro ad un ragazzo o se era giusto mettere le corna al fidanzato pupazzo del momento. Io le aiutavo ma restavo sempre più allibito, la disinvoltura con cui mi regalavano totale complicità era per me motivo di vanto ma eticamente inconcepibile.
La rottura tra il sogno della ricerca e la dura triste realtà cominciava a scorgersi, potevo tangibilmente sentirla con mano, ma chiudevo gli occhi e andavo avanti, non avrei mai accettato di arrendermi e gettare la spugna.
Andò avanti così per mesi eppoi anni, nel frattempo crescevo e vivevo normalmente la mia vita per quel poco che era e valeva per la gente, mentre la vita virtuale su un binario parallelo attraversava momenti di crisi profonda e nuovi intensi slanci d'entusiasmo e il mio grado di partecipazione restava immutato e fedele.
Si presentò qualche volta l'occasione di conoscere finalmente quelle ragazze dal vivo, ma l'emozione era tanta, troppa.
Così rimandai più di qualche volta e non colsi l'attimo fuggente che ovviamente sfumò le possibilità che così duramente mi ero conquistato con ragazze d'aspetto notevolmente belle e alle volte pure intelligenti.
Ero però cambiato ancora, ora era finito il confronto mentale e culturale, la mia indagine sperimentale si era compiuta e finalmente mi scoprivo maturo, pronto per rapporti intensi amorosi.
Il grado d'alienazione dalla realtà era al suo apogeo, ma i miei occhi erano tutti per le ragazze, volevo trovare non più risposte ed amiche/trombamiche, ma una compagna
 
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alexyr

New member
Il cd dei black dub è rimasto in un angolo, abbandonato a se stesso, come il vuoto in libreria che dovrebbe essere occupato da Soffocare che invece mi immagino scientificamente impilato nella tua libreria.

Per il resto, sembra tutto assolutamente normale, agli occhi di un osservatore disattento.

Eppure, nella mia testa è come se fosse esplosa una bomba, e ovunque mi giro vedo oscure presenze, i resti della nostra amicizia scomparsa. Mi fa male la pelle, mentre ci penso, e bevo un sorso dello stesso vino dell’ultima volta. Quando mi hai detto che non potevi più parlarmi perché ho cominciato a piacerti. Una doccia fredda.

Lo stesso che è rimasto, quasi intonso, nel bicchiere, mentre mi sentivo dire la cosa più fastidiosa del mondo: “hai un solo difetto, sei stupenda”. E allora perché,perché non ci hai provato a venirmi a prendere?
Allungo le spalle e le braccia sul divano,abbraccio il cuscino e ci affondo il naso.

Una volta, avevo anche un amico virtuale a cui parlarne, ma ultimamente si è eclissato anche lui, non si è veramente capita la ragione. Forse ha trovato un’interlocutrice migliore, ma mi pare strano sono stata considerata sempre un’ottima conversatrice. Mai come sai essere tu, ma ciò non cancella la mia capacità.
Mi manchi. E per orgoglio non riesco a fare il passo,a venire a tuo citofono e dirti che si,ci voglio provare,ti rivoglio indietro, mi va bene un cambio di prospettiva.
E resto qui. Con il naso nel cuscino.
 

alexyr

New member
Una risata composta, discreta, ma nettamente udibile dal metro e mezzo di distanza tra i terrazzi.
Se non fosse che viene evidentemente da un pancino tondo e peloso, si potrebbe serenamente pensare che ci sia una dama settecentesca nascosta dietro la spalliera di gelsomino rampicante.

L’interrogativo vero,quello che lo fa uscire sul balcone ogni santo giorno mandato in terra a guardarlo è perché quel gatto rida. E si sente sempre più vicino alla soluzione, pomeriggio dopo pomeriggio.

Innanzi tutto, lo irrita il fatto che nessun altro,nel suo palazzo o in quello dirimpetto, si sia mai accorto o interessato al caso.
Voglio dire, la sua padrona, una figura informe intravista ogni tanto dietro le tende, se ne sarà ben accorta! Non è certo il tipo di animale abbandonato a se stesso, è bello,è curato, è grassoccio, mangerà cibi ben più costosi di quelli che il suo stipendio da impiegato medio gli permette, non può pensare che quella donna non sappia della peculiarità della bestiola. E tutte le vicine? Ce ne sono una marea, anziane che non hanno nulla da fare.
Una volta le comari non stavano sulla porta a spiare gli altri? Che fine hanno fatto? Probabilmente sono chiuse in casa, ipnotizzate da mamma televisione.
Pietro si gratta la testa, mentre la cenere della sua sigaretta cade languida sulle foglie dei geranei. Non lo dirà a Paola. Come non le ha detto del gatto,in effetti. Ha paura che lei lo prenda per pazzo, e non avrebbe tutti i torti, anche lui non si sente del tutto sano, uscire ogni giorno sul balcone a vedere uno stupido animale che se la ride,pacioso non è certo segno di equilibrio mentale.
Intanto, il mostro è là, morbidamente spiaggiato sul cornicione, la coda che dondola appena, le vibrisse immobili, le zampette composte, e guarda sottecchi qualcosa. Uno sguardo di sfida attraversa gli oblunghi occhi verdi. Improvvisamente Pietro capisce. Ride di lui. Viene tutti i pomeriggi alle 6.30 a farsi una risata a spese di quel rappresentante della razza umana che vede sul balcone di fronte al suo.
Si vede attraverso il filtro della belva: un uomo basso, molliccio, con i piedi gonfi infilati in patetiche pantofole di feltro, la camicia da poco tutta stropicciata, il labbro sporco di fanta rappresa. Un uomo patetico, che ha abbandonato i suoi sogni di successo e di gloria senza una vera ragione. E Paola! Paola che per non dover sostenere una conversazione con lui quando arriva allestisce tutti i giorni quel teatrino di bibita più giornale, così per circa un’ora è al sicuro dalla tristezza e dalla noia che lui emana!
Oppure il gatto ride anche perché sa cosa succede a casa sua mentre lui non c’è? Eh beh, è probabile, dopotutto donne come Paola ce ne sono poche, quasi quarant’anni e il fisico di una ventenne, tutti i giorni in palestra, subito dopo il lavoro, neanche un muscolo fuori posto, dolce, simpatica, divertente, intrappolata in un matrimonio così infelice, è più che normale, anzi è necessario che abbia un altro, probabilmente uno che vada in palestra con lei, che la faccia divertire, che valorizzi le sue passioni, a differenza di quanto fa lui, ormai ridotto a un relitto umano.
Pietro spegne la sigaretta sul vaso di cotto dei fiori, gli occhi gonfi di lacrime. Con uno scatto atletico che non si riconosce in meno di un secondo è in piedi sul cornicione, gli occhi fissi in quelli del Persiano, colmi di sfida. Adesso glielo dimostra lui come si fa a uscire da questa impasse, da questo schifosissimo vicolo cieco in cui si è cacciato.
Poi, di colpo, una delle ciabatte felpate perde appiglio, e tutto il suo grosso corpo si trova sbilanciato verso l’esterno.
Pietro cade, verso il vuoto, finalmente leggero.
Il gatto, con una certa flemma, rientra in casa.
 

Lin89

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Lacrima

Giovani, prendo il coraggio a quattro mani e diciotto piedi e vi posto un raccontino.
Siate spietati, mi raccomando. E' il primo dopo anni che non scrivevo e qualcuno di voi l'ha già letto.
Mi farebbe piacere sapere dagli altri cosa ne pensano: cosa vi ha trasmesso, cosa dovrei migliorare ecc. ecc.
Grazie in anticipo per averlo letto.

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Sdraiata su un prato verde, con un leggero vento a smuovere le foglie del vicino albero. La musica della natura tutt’intorno a solleticarle le orecchie, i fili d’erba a sfiorarle la pelle nuda. Il sole caldo a riscaldarle il viso e le membra, il cielo azzurro e le nuvole bianche a dipingerle la fantasia. Mise le mani dietro la nuca e poggiò una caviglia sul ginocchio piegato per sognare più comodamente. Le ritornò in mente una canzone del suo gruppo preferito. Alla fin fine quella promessa era stata mantenuta, sebbene solo da lei e non da colei a cui aveva chiesto di promettere. Ma si sa, che le cose nella vita non vanno mai come vorremmo. Meglio godersi questo attimo, pensò immaginando che quella bianca nuvola che stava guardando fosse un coniglio che scappava dal suo predatore. Iniziò a seguire con la voce quella melodia che aveva in testa e che conosceva così bene da farlo quasi inconsciamente. Era un vero e proprio sogno che si avverava. Sogno nato tanti anni fa, capace di darle lunghissime ore di conforto ma anche di tristezza e frustrazione. Che soddisfazione essere lì, ora, in quel preciso istante. Peccato che esserci arrivata le sia costato tantissimo, praticamente buona parte di se stessa. Ma che importa, pensò di nuovo guardando questa volta la forma di Zeus tra le nuvole, ne è valsa la pena dopotutto.

Rimase lì per chissà quanto tempo e neanche le importava. In quel luogo sconosciuto il tempo non contava, come non contava il prima, il dopo e tutto il resto. Conta solo il qui e l’ora nel mondo dei sogni, null’altro. Non voleva ritornare, ma sapeva di doverlo fare. Il suo viaggio era giunto al termine. La promessa mantenuta, il sogno concretizzato. Non rimaneva altro da fare che cercarsene un altro e ricominciare da capo. Dopotutto era quello che sapeva fare meglio, sognare e aspettare il momento giusto per farlo avverare. Peccato davvero però che le cose nella vita non vadano mai come vorremmo.

Si alzò da quel meraviglioso prato, si stiracchiò divaricando braccia e gambe come a formare la lettera X e sentì qualcosa di freddo conficcarsi nella schiena e trapassarle il cuore. Spalancò gli occhi e le labbra. Fu sorpresa, pensava non ci fosse nessuno nel raggio di chilometri e chilometri. Guardò verso il suo petto e vide una fontana di sangue sgorgarle dal cuore che ancora riusciva a dare gli ultimi segni di vita battendo ancora più forte, come a non volersi arrendere. Vide anche la punta della freccia insanguinata che fiera e maestosa la scherniva o così sembrò a lei. Stranamente non sentì dolore in quel momento, non aveva ancora capito.

Si voltò lentamente per capire chi l’avesse fatto e se ne pentì amaramente quasi subito. Quel viso lo conosceva fin troppo bene. Quegli occhi le avevano infestato i più bei sogni della sua vita. L’avevano confortata nei più infami e maligni incubi. Capì in quell’istante che non c’era più niente da fare, ma dopotutto anche lei aveva mantenuto la promessa. Che insolita ironia ha la vita. Niente più sogni da ora in poi.

E in quell’istante iniziò a sentire un atroce dolore insopportabile.

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Des Esseintes

Balivo di Averoigne
Visto che sei tu "cara" Lin mi permetto di muoverti un paio di critiche, spietatissime! :D Premetto che m'è piaciuto, si legge piacevolmente, detto questo: forse, ma ribadisco forse, hai usato una terminologia troppo "semplice", sono per periodi più "raffinati", ma parlo di gusto personale. Secondo piccolo appunto: quanti "che" hai usato? Rileggilo e contali, una marea :) :)
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
a parte l'editing di cui abbisogna, la costruzione della storia non è male col climax finale. L'unica cosa che non ho apprezzato è l'interferenza della voce narrante, devi lavorare un pochino per non farti "scappare" certi giudizi o interventi superflui che a mio parere possono finire per stonare nell'economia del racconto.
Ti faccio degli esempi: "
Peccato che esserci arrivata le sia costato tantissimo, praticamente buona parte di se stessa​
"
da quel meraviglioso prato​
sono se non superflui, a tratti anche fastidiosi per il lettore.
Per il resto brava, soprattutto per esserti "buttata" e aver seguito il mio consiglio di farti leggere.
 

Lin89

Active member
:mrgreen: Grazie Des, prima di tutto per la pazienza e "seconda di tutto" per le osservazioni.
Sulla semplicità: forse prima è meglio che scriva con mangio, piuttosto che vomitare tutto e fare schifo. XD Sono agli inizi di tutto, la semplicità credo sia necessaria almeno per me. :mrgreen:
Sui tanti "che": in effetti, dovrò stare più attenta. :)

Grazie anche a te Germano, farò tesoro dei consigli. :) Ma comunque a me piace quell'entrare nella storia così tanto per il gusto di farlo. :mrgreen:
 

Shoofly

Señora Memebr
A vampire's dream! Ma brava!! Ora se non partecipi al prossimo concorsino letterario di FL vengo a prenderti io, vampiretta :mrgreen: :mrgreen:

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