Aleramo, Sibilla - Amo dunque sono

libraia978

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Questa la trama:

"La mia unica opera di getto": così Sibilla Aleramo definì questo romanzo epistolare, pubblicato nel 1927. Sono quarantatrè appassionate lettere al giovane amante lontano, scritte per divenire, al suo ritorno, il loro libro. Protagonisti Sibilla e Luciano, il bellissimo giovane che si sottrae al suo amore per un ritiro spirituale iniziatici. Luciano fu nella realtà Giulio Parise, giovane mago del cenacolo di Julius Evola, amato dalla scrittrice fra il 1924 e il 1926. Un romanzo quindi autobiografico che conserva tuttora la sua vivacità e sincerità e ricchezza, nel solco delle migliori prose della scrittrice, e mette a fuoco le perverse atmosfere della buona società romana del periodo fascista.
Come sempre, anche in queste lettere mai spedite, l'autrice si abbandona ai ricordi, soprattutto amorosi, e alla confessione delle più impercettibili sensazioni fisiche e psicologiche. Il libro, che anticipa la scrittura degli ultimi Diari, dà valore letterario alla quotidianità ed evoca i fantasmi della solitudine, della miseria, dell'isolamento del mondo culturale dei tempi. Sibilla Aleramo vi rivendica il diritto all'identità di donna e scrittrice in un mondo maschile e maschilista, mostrando la contraddittorietà insita nell'essere artefice e vittima della propria immagine pubblica.

Non è un vero e proprio romanzo, ma una storia raccontata tramite le lettere che l'autrice scrive al proprio innamorato. Proprio per questo il libro risulta molto scorrevole e di facile lettura, ma non è che lasci molto il segno. Certamente da segnalare la figura di questa donna, molto sopra le righe per l'epoca in cui vive, ma il libro non è uno di quelli che rimangono impressi.
 
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