Corona, Mauro - Storie del bosco antico

Sibyl_Vane

Fairy Member
Gli alberi raccontano storie, ma bisogna essere persone speciali per sentirne la voce. Persone speciali come Mauro Corona, arrampicatore fortissimo e grande scultore, che in questo libro ha raccolto i racconti più belli che ha "sentito" durante le sue lunghe camminate nel silenzio delle valli e delle cime innevate. Storie che raccontano di quando il mondo era giovane e gli animali molto diversi da quelli che conosciamo oggi. Scopriremo, così, perché l'aquila non possiede più il becco dritto che la rendeva una predatrice ancora più temibile, e di come siano state punite la superbia della puzzola e la crudeltà della talpa. Capiremo anche perché il ghiro dorme così tanto e l'allocco ha un'espressione stupida, ma forse tanto stupido non è...
44 fiabe per ragazzi e adulti, miti e leggende di un mondo semplice e affascinante create con fantasia inesauribile e amore per la natura da un vero sciamano dei nostri tempi. I racconti sono corredati da disegni inediti dell'autore.

Letto in un soffio, in meno di 24 ore. Sono raccontini molto brevi che parlano degli animali e dei motivi per i quali, al giorno d'oggi, essi abbiano determinate caratteristiche. Penso che questo libro sia l'ideale per le storie della buonanotte da raccontare ai figli prima di addormentarsi, una per sera. :) Nonostante io non sia molto amante dei racconti, ho apprezzato, come al solito, lo stile e la fantasia di Mauro Corona.
Vi copio qui sotto uno dei racconti che mi sono piaciuti di più, giusto per darvi un'idea di come sia il libro:


LA CIVETTA

La civetta prima di diventare civetta era una vecchia un po' tocca che andava a tutti i funerali del paese e nei villaggi vicini. Molti la consideravano completamente pazza ma non era vero. La donna viveva in un mondo tutto suo, ma sapeva quello che faceva. Ad esempio, durante i funerali cantava nenie allegre perché, diceva, i morti vanno accompagnati con dolore lieve. <<Sono andati a stare meglio>> ribadiva ogni volta. <<Bisogna cantare.>> Ma chi aveva avuto la disgrazia in famiglia non era molto d'accordo. E la cacciava, a volte in malo modo. La consideravano una disgraziata, una che invece di piangere ai funerali cantava, una pazza, o peggio ancora una strega. Finì che anche la povera vecchia morì. La trovò un boscaiolo in una radura a metà settembre, quando l'autunno dava appena i primi segni di presenza. La portarono in paese dentro una gerla perché era diventata minuta. Pareva che la terra della radura se la fosse risucchiata come una caramella.
<<Facciamole il funerale>> disse qualcuno. <<Vediamo se canta anche al suo.>>
<<No! La bruciamo. Niente funerale. Questa va bruciata a uso le streghe>> dissero altri.
Il prete cercò di opporsi ma fu costretto ad arrendersi. Fecero un cumulo di ramaglie, vi misero dentro la vecchia che pareva un cartoccio e gli dettero fuoco. Dalle fiamme salì un canto, il canto che la donna intonava ai funerali. Poi videro un uccello librarsi tra il fumo e sparire. Aveva occhi grandi e misteriosi: era una civetta. Da quel giorno la leggenda vuole che ogni volta che canta la civetta qualcuno debba morire. Ma è soltanto una stupida fandonia, il canto della civetta è bello e allegro, e soprattutto non fa morire nessuno.
 
Alto