Rumiz, Paolo - La cotogna di Istanbul

velmez

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Paolo Rumiz scommette sulla forza delle grandi storie e si affida al ritmo del verso, della ballata. Ne esce un romanzo-canzone singolare, fascinoso, avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco. Racconta di Max e Masa, e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell'inverno del '97. Un amico gli presenta la misteriosa Masa Dizdarevic´, "occhio tartaro e femori lunghi", austera e selvaggia, splendida e inaccessibile, vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Scatta qualcosa. Un'attrazione potente che però non ha il tempo di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava "La gialla cotogna di Istanbul", la canzone d'amore che Masa gli ha cantato. Masa ora è malata, ma l'amore finalmente si accende. Da lì in poi si leva un vento che muove le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Da lì in poi comincia un'avventura che porta Max nei luoghi magici di Masa, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.

Questo libro mi ha veramente sorpreso, molto semplice e scorrevole, è però ricco di esperienza e di cultura. E' uno di quei libri che consiglierei come libro di viaggio, pur non essendo un libro di viaggio... Insomma se siete di passaggio dall'est europa o dalla turchia portatevelo dietro non vi deluderà!
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Ho deciso di leggere Paolo Rumiz non per mia scelta, ma perché mi è capitato il suo nome partecipando al gioco "Adotta un autore". Oh no, Paolo Rumiz, chi ha voglia di leggere libri di viaggio, pieni di nozioni "colte", per carità, ne parlano tutti così bene, anche qui sul forum, deve essere bravissimo, ma chi ne ha voglia. Sì, certo, lo leggerò perché la mia testa mi dice che certamente merita, ma non adesso.
Inizio a sfogliare le trame, no, questo no, questo nemmeno, non ce la faccio, la mente deve essere sgombra per leggere queste cose, certamente bellissime e che arricchiscono, ma chi ne ha voglia.
E questo? La cotogna di Istanbul, una ballata in endecasillabi lunga 176 pagine, ma è uno scherzo? Complimenti, ma ...chi ne ha voglia.
E poi ho letto i primi versi, ed ecco che sono rimasta risucchiata, invischiata in un mondo di occhi di ciliegia e di frutti giallo oro, di luoghi esteriori e interiori di amore e morte. Questa non è poesia, così scrive Rumiz, bensì "un periodare irripetibile simile a un passo lungo di pianura": il tono con cui Max, il protagonista della storia, la raccontava a voce perché "scrivere è cosa fredda e senza cuore, un atto notarile miserabile", sperando però che "qualcuno" prima o poi la scrivesse. E così è stato.
Non so descrivere questo libro, ma è come se ne percepissi i colori, tutti i colori esistenti in tutte le loro sfumature, con una prevalenza di giallo e nero, felicità e morte, e ne sentissi gli odori, odori esotici di luoghi sconosciuti, miscugli di odori; ed è come se vedessi, se vivessi quei luoghi a me sconosciuti ed effettivamente, così come pensavo, descritti con minuzia, tanto da disorientare ma allo stesso tempo da affascinare chi non possiede neanche la centesima parte di quella cultura. E di sentirne la musica, il ritmo con cui Max ci narra la storia del suo amore che, raccontata da qualcun altro, potrebbe essere la storia più banale del mondo e invece così è la storia di un sentimento unico. E' un libro che sembra qualcosa di tangibile e palpabile, qualcosa di caldo, da abbracciare.
 

Grantenca

Well-known member
Strano libro a metà fra prosa e poesia. Direi che forse è una prosa “ritmata”.
Accattivante il motivo conduttore che è quello di una grande amore di un tecnico austriaco per una donna bosniaca, addirittura con coinvolgimento dei loro avi che sono stati nemici nell’ultima guerra mondiale. La protagonista è un donna eccezionale, non solo per la bellezza non comune (è definita la più bella donna della Bosnia), ma anche per le sue qualità di carattere ed intelligenza veramente fuori del comune. Una donna che è un privilegio solo conoscere.
Non entro nella storia, veramente affascinante e originale, ma vorrei parlare della prosa di questo scrittore, veramente ricca di aneddoti, paragoni, visioni poetiche, descrizione di luoghi, riferimenti storici, anche citazioni in altre lingue compreso purtroppo lo slavo per me indecifrabile, in definitiva lo scrittore vorrebbe assecondare il protagonista che afferma che storie di questo genere si devono solo “raccontare” perché, scrivendole, possono perdere parte del loro fascino.
Non sono d’accordo, ovviamente, perché dipende da chi le scrive e, in molti casi, la scrittura le rende ancor più interessanti.
Penso che sia anche il caso di questo libro, ambientato in una Bosnia con ancora le ferite aperte dei genocidi, una terra che lo scrittore conosce bene, come tutta la ex Jugoslavia e che sembra amare profondamente, terra ricchissima di storia dopo che per secoli, e almeno fino agli anni 90, sono in essa convissute, in modo civile, moltitudini di razze, etnie, religioni diversissime.
Poi è scoppiata, ad un tratto, la bomba etnica, fuoco, fiamme, devastazioni, persecuzioni e sterminio. Fatti di cui non riesco a farmi una ragione del tutto plausibile, non avendo sufficiente conoscenza di quei popoli, ma, per quel poco che mi sembra di aver capito, devo attribuire soprattutto all’ambizione smodata di alcuni grandi criminali, anche se, senza dubbio, ci saranno molte altre cause.
Non si può fare alcun appunto sul livello di scrittura di questo autore, è certamente una penna importante, questo sa veramente scrivere ad un livello riservato a pochi.
Certo non è una scrittura “distensiva”, un piacevole e rilassante passatempo, questo no, esige molta attenzione. Scrivo queste note immediatamente dopo aver ultimato il libro e forse non è il modo migliore per garantire una ragionevole obbiettività, ma, non so spiegarmi il perché, qualcosa mi sfugge, dal momento che ciò che mia ha meno “preso” in questo testo è proprio la descrizione della storia d’amore.
Forse sto veramente invecchiando troppo.
 
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