Dal 2° numero del giornalino interno
Clint Eastwood de-costruisce una delle figure politiche più rilevanti della storia americana, Edgar Hoover, il padre della Federal Bureau of Investigation, quella che oggi conosciamo a livello mondiale come FBI. Un ordinary man che si è fatto superuomo, sacrificando nel percorso se stesso e i propri affetti, solo per perseguire un ideale di purificazione e pulizia della società dalle “forme” che in quel periodo assumeva a suo avviso il pericolo per la sicurezza nazionale (radicali, comunisti, agitatori politici, gangsters, e chi più ne ha più ne metta).
Difetti imputabili alla pellicola, nel complesso promossa e da vedere assolutamente (straordinaria la telefonata di Edgar al fratello di Kennedy per informarlo che il presidente era stato assassinato), sono l’eccessiva lentezza che inficia i primi 40 minuti, il trucco e il make-up per i personaggi invecchiati (si salva solo la “vecchia” Naomi Watts, Di Caprio e il suo braccio destro sono fatti malissimo) e forse la scena strappalacrime finale.
Sconsigliato a chi pretende il Clint di Million dollar baby o Gran Torino, ma comunque l’interpretazione di Leo e la mano del regista valgono da sole il prezzo del biglietto.