[Possibili spoiler]
Un professore universitario (il "bianco" Tommy Lee Jones) che aspetta di venire investito sui binari del Sunset Limited, il treno della metropolitana di New York, viene salvato da un ex carcerato di colore (il "nero" o "negro", come lui si definisce, Samuel L. Jackson).
Il film si svolge tutto in una stanza, presenti due soli personaggi che discutono su temi universali come la morte e il valore della vita. Ma non ci si annoia...
Nonostante non vi sia, praticamente, una trama, si sta con le orecchie tese a seguire il duello verbale dei due, a pensare "e adesso cosa gli risponderà?" ma non c'è problema, perché nessuno dei due resta senza risposte. Si ascolta e si partecipa alle ragioni di entrambi, che sembrano egualmente valide, un po' di più o un po' di meno a seconda dei nostri personali punti di vista, mentre ci si domanda come andrà a finire.
E' un film che fa riflettere a fondo sul significato della vita e, di riflesso, sull'idea della morte e del suicidio, del non voler più vivere, del collegamento tra il modo di vivere (o di morire) e la fede; è vero, come dice il "negro", che chi può aggrapparsi a quest'ultima supera più facilmente quel pericolosissimo punto di transizione tra la disperazione assoluta e il flebile ritorno della luce in fondo al tunnel. Ma è così difficile che le convinzioni del più devoto credente vacillino?
Il bianco sostiene di volersi uccidere per motivi esistenziali, e non riesce a trovare un punto in comune con gli altri aspiranti suicidi poiché loro, a suo dire, desiderano la morte per via delle loro vicende personali. Ma le due cose non vanno di pari passo? Il modo di affrontare le questioni personali, la maggiore o minore resistenza in questo mondo, non è forse strettamente legato a motivi esistenziali, alla più o meno accesa convinzione o consapevolezza dell'inutilità del vivere? E, a sua volta, questa consapevolezza non è essa stessa un "fatto personale"?
E' un film che fa riflettere anche sulla forza delle parole e dei diversi modi di esprimersi; il nero non conosce molti termini, ma parla in maniera convincente, vivace e colorita, mentre il bianco, più pacato, essendo colto ha un'enorme padronanza di linguaggio.
Mi ha lasciato con molte domande addosso e una certa confusione mentale, offre diversi spunti di riflessione sui grandi temi della vita e per questo vale, secondo me, la pena di vederlo.
Un professore universitario (il "bianco" Tommy Lee Jones) che aspetta di venire investito sui binari del Sunset Limited, il treno della metropolitana di New York, viene salvato da un ex carcerato di colore (il "nero" o "negro", come lui si definisce, Samuel L. Jackson).
Il film si svolge tutto in una stanza, presenti due soli personaggi che discutono su temi universali come la morte e il valore della vita. Ma non ci si annoia...
Nonostante non vi sia, praticamente, una trama, si sta con le orecchie tese a seguire il duello verbale dei due, a pensare "e adesso cosa gli risponderà?" ma non c'è problema, perché nessuno dei due resta senza risposte. Si ascolta e si partecipa alle ragioni di entrambi, che sembrano egualmente valide, un po' di più o un po' di meno a seconda dei nostri personali punti di vista, mentre ci si domanda come andrà a finire.
E' un film che fa riflettere a fondo sul significato della vita e, di riflesso, sull'idea della morte e del suicidio, del non voler più vivere, del collegamento tra il modo di vivere (o di morire) e la fede; è vero, come dice il "negro", che chi può aggrapparsi a quest'ultima supera più facilmente quel pericolosissimo punto di transizione tra la disperazione assoluta e il flebile ritorno della luce in fondo al tunnel. Ma è così difficile che le convinzioni del più devoto credente vacillino?
Il bianco sostiene di volersi uccidere per motivi esistenziali, e non riesce a trovare un punto in comune con gli altri aspiranti suicidi poiché loro, a suo dire, desiderano la morte per via delle loro vicende personali. Ma le due cose non vanno di pari passo? Il modo di affrontare le questioni personali, la maggiore o minore resistenza in questo mondo, non è forse strettamente legato a motivi esistenziali, alla più o meno accesa convinzione o consapevolezza dell'inutilità del vivere? E, a sua volta, questa consapevolezza non è essa stessa un "fatto personale"?
E' un film che fa riflettere anche sulla forza delle parole e dei diversi modi di esprimersi; il nero non conosce molti termini, ma parla in maniera convincente, vivace e colorita, mentre il bianco, più pacato, essendo colto ha un'enorme padronanza di linguaggio.
Mi ha lasciato con molte domande addosso e una certa confusione mentale, offre diversi spunti di riflessione sui grandi temi della vita e per questo vale, secondo me, la pena di vederlo.
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