Kiarostami, Abbas - Dov'è la casa del mio amico?

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Un film minimale del regista iraniano, racconta le peripezie di un bambino di otto anni che vuole portare al compagno di classe il quaderno che ha messo per sbaglio nella sua cartella memore del fatto che il maestro aveva minacciato di espellerlo se non avesse fatto i compiti.
Il ragazzino cerca la casa del suo amico di cui conosce solo il paese ma non dove si trova, inseguendo ogni indizio che gli sembra lo porti nella casa, tra l'indifferenza degli adulti che solo raramente lo aiutano o si accorgono di lui.
Il film ti coinvolge come un giallo, girato a costi bassissimi, ha momenti di pura poesia pur essendo molto ancorato alla realtà. Il piccolo attore protagonista è a dir poco commovente nella sua bravura, alternando determinazione, dolcezza, coraggio e paura, riesce a portare a termine l'impresa. Un bell'esempio di come i bambini vivano i valori ma anche gli obiettivi da raggiungere con molta più intelligenza e sentimeno degli adulti, troppo spesso distratti e assenti nelle mille incombenze e lontani dai bambini anni luce. Un film da vedere.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Il vero coraggio sta nello sconfiggere la paura e il piccolo protagonista, che appare più maturo degli adulti poiché è l'unico ad avere coscienza di ciò che è giusto fare, pur di raggiungere il suo obiettivo è disposto a superare qualsiasi ostacolo: l'ottusità della madre, la rigidità retrograda del nonno il quale ritiene che essere un bravo ragazzo significhi obbedire agli adulti che lo schiavizzano, gli ostacoli fisici, la distanza, il fatto di non sapere dove si trova la casa dell'amico. Il regista riesce a rendere credibile questa storia, che a tratti sembra un po' una piccola fiaba, e persino l'altruismo del bambino, che raggiunge vette (credo) poco frequenti anche nel mondo infantile. Gli adulti non ascoltano il ragazzino nonostante egli ripeta la stessa domanda centomila volte; le poche volte che lo ascoltano non gli rispondono o lo fanno nel modo sbagliato; lo comandano a bacchetta senza percepirlo come un essere pensante e dotato di volontà; sembra però che il regista, pur senza giustificarli e sottolineando il loro egoismo, mostri anche verso di loro una vaga comprensione, descrivendoli come il frutto di una società in cui la povertà e l'eccesso di lavoro non danno tregua e non permettono di soffermarsi sulle esigenze o sui desideri altrui, compresi quelli dei propri figli. Il film è molto bello anche per questo, perché permette di percepire appieno il contesto in cui il protagonista vive, in un villaggio iraniano negli anni '80. In tanti momenti mi sono innervosita, ma la soddisfazione finale paga. Un gioiellino.
 
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