Nothomb, Amélie - Igiene dell'assassino

velmez

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Al premio Nobel per la letteratura Prétextat Tach restano solo due mesi di vita. La stampa di tutto il mondo gli implora un'ultima intervista ma lo scrittore, feroce misantropo, si è chiuso da anni in un silenzio segreto. Solo cinque giornalisti riusciranno a incontrarlo. Dei primi quattro, il geniale romanziere si prenderà sadicamente gioco e con una dialettica in cui si mescolano logica e malafede riuscirà ad annientarli sia sul piano personale sia su quello professionale. Il quinto invece, una donna, riuscirà a tenergli testa e avere la meglio su di lui: l'intervista diventerà interrogatorio e poi duello senza respiro. Ne verrà fuori, poco a poco, un ritratto di Prétextat Tach del tutto inedito.

un libro arguto, scorrevolissimo, pieno di riferimenti, anche piuttosto simpatico. E' il primo libro dell'autrice, assolutamente consigliato!
Personalmente lo preferisco a Metafisica dei tubi (per ora ho letto solo questi due).
Avrei preferito un finale differente, ma... questione di gusti!
 

ayuthaya

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Premessa: ho trovato strana una sola recensione per un romanzo che credevo ben più famoso e conosciuto!

Faccio fatica a commentare questo romanzo, soprattutto dopo aver letto alcune recensioni (fatte bene) che lo hanno stroncato senza riserve. Questo non vuol dire che mi faccia condizionare a tal punto dalle opinioni degli altri (non l’ho mai fatto) ma alcune critiche hanno sollevato punti deboli che io stessa avevo rilevato durante la lettura. Risultato: non so più se questo libro sia un libro acuto, spiritoso, positivamente provocatorio, o semplicemente un libro “furbo”, che “sfrutta” alcune brillanti intuizioni per mettere un po’ di fumo negli occhi. Una via di mezzo no? Di solito non mi piacciono.
Aggiro quindi il problema e mi affido alle mie sensazioni, senza voler dire per forza qualcosa di “giusto”, affermando che questo libro mi ha sorpreso e divertito. È vero, alcuni passaggi li ho trovati piuttosto scadenti, sia dal punto di vista letterario che narrativo, e l’intera deriva del finale non mi è piaciuta, mi è sembrata assurda e di cattivo gusto.
Ma a ben vedere tutto il romanzo è assurdo, e persino di “cattivo gusto”, e non per questo il suo valore ne resta sminuito.
Perché tanto più odioso, presuntuoso, rivoltante è il protagonista, tanto più pungenti, efficaci e illuminanti sono le sue parole e le sue accuse. Nella vita non presterei un minimo di fiducia a chi “predica bene e razzola male”, a chi spara sentenze per nascondere la propria mediocrità, o persino a chi azzera un alto e innegabile valore intellettuale in dinamiche relazionali tanto povere. Insomma, un Prètextat Tach nella realtà provocherebbe il mio disgusto esattamente come il personaggio del libro nella finzione letteraria. Ma io-lettrice e Prètextat Tach-protagonista del romanzo apparteniamo a due mondi differenti, e così, per quanto ripugnante, questo personaggio mi è piaciuto, mi sono piaciuti il suo cinismo, la sua misantropia/misoginia, la sua grandezza intellettuale e la sua infinita piccolezza morale.
Mi è piaciuto infinitamente il brano sui “lettori-rana”… e perché non dovrebbe essere così? Può darsi che abbia ragione chi scrive che è solo fumo negli occhi, uno specchietto per le allodole, ma io l’ho trovato geniale! E come questo diverso altri passaggi, contenuti soprattutto all'interno della quarta intervista, quella immediatamente precedente l'ingresso in scena della giornalista che metterà sotto scacco il povero scrittore...
Sono i lettori-rana. Costituiscono la stragrande maggioranza dei lettori umani, e tuttavia ne ho scoperto l’esistenza molto tardi. Sono così ingenuo. Pensavo che tutti leggessero come me; io leggo come mangio: questo non significa solo che ne ho bisogno. Significa soprattutto che entra nelle mie componenti e che le modifica. Non si è gli stessi che si mangi sanguinaccio o caviale; allo stesso modo non si è gli stessi se si è appena letto Kant (Dio me ne scampi) o Queneau. In realtà, quando dico “si’, dovrei dire io e qualche altro”, perché la maggioranza della gente emerge da Proust o da Simeon in uno stato identico, senza aver perduto una briciola di ciò che erano e senza aver acquisito una briciola in più. Hanno letto, ecco tutto: nel migliore dei casi, sanno ‘di che cosa parla’. Non pensi che esagero. Quante volte ho domandato a persone intelligenti: “Questo libro vi ha cambiati?” E mi hanno guardato, con gli occhi sgranati, con l’aria di dire: “‘Perché avrebbe dovuto cambiarmi?”.
Magari questo libro non è di quelli che cambiano, ma in esso ho scoperto un’autrice interessante e penso che leggerò altro di suo, in futuro.
 
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Minerva6

Monkey *MOD*
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Anche io ho trovato incredibile e divertente il protagonista, come lo definisce la giornalista che finalmente è riuscita ad intervistarlo.
Di certo la sua misoginia è esagerata, però essendo la scrittrice donna si riesce più facilmente ad accettarla. E poi lui è anche misantropo, quindi ce l'ha con tutto il genere umano :mrgreen:. Di certo alcune parti possono risultare disgustose però è anche questo senso di disgusto che fa venire voglia di proseguire nella lettura. Comunque lui è anche geniale, oltre che irriverente e le sue uscite sono sempre originali. Solo il finale me l'aspettavo diverso...

In fondo, la gente non legge; o, se legge, non comprende; o, se comprende, dimentica
Concordo. Io leggo, comprendo (almeno credo :mrgreen:) ma dimentico facilmente :W.

Come diavolo le viene in
mente che capirmi renda felici? Al
contrario!
La connivenza, anche nella dispe-
razione, non è gradevole?
Lei trova gradevole sapere di esse-
re disperato quanto il suo vicino? Io lo trovo ancora più triste.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Ho respirato in questo romanzo un desiderio da parte dell'autrice di liberarsi da un'oppressione, un significato terapeutico.
I termini usati per mezzo del protagonista sono forti, ossessivi, patologici, segno, secondo il mio modo di sentire, di una volontà da parte di Amelie di provocare, di rendere inaccettabile un personaggio avendo come fine quello di analizzare la psiche umana, cosa che la scrittrice fa intuire di conoscere molto bene. Ho letto che Amelie in adolescenza ha avuto un disturbo alimentare e quindi credo non sia a caso che il protagonista sia un uomo obeso, divenuto obeso per colmare il vuoto lasciato dalla perdita della cugina. Al di là del delitto commesso dallo scrittore da adolescente, la cui motivazione è naturalmente assurda, ho trovato affascinante l'uso del flashback, l'ambientazione gotica e il rimando a Ofelia e a Leopoldine Hugo, l'acqua come simbolo del liquido amniotico. La scena in cui Leopoldine perde sangue nell'acqua e per questo si condanna involontariamente a morte è molto potente nel suo significato simbolico.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
E va bene, ora ve lo dico tanto l'avete già capito: questo libro l'ho scritto io:geek::geek:.
Scherzi a parte, mi sono ritrovata in queste parole:
Pensavo che tutti leggessero come me; io leggo come mangio: questo non significa solo che ne ho bisogno. Significa soprattutto che entra nelle mie componenti e che le modifica. Non si è gli stessi che si mangi sanguinaccio o caviale; allo stesso modo non si è gli stessi se si è appena letto Kant (Dio me ne scampi) o Queneau. In realtà, quando dico “si’, dovrei dire io e qualche altro”, perché la maggioranza della gente emerge da Proust o da Simeon in uno stato identico, senza aver perduto una briciola di ciò che erano e senza aver acquisito una briciola in più. Hanno letto, ecco tutto: nel migliore dei casi, sanno ‘di che cosa parla’. Non pensi che esagero. Quante volte ho domandato a persone intelligenti: “Questo libro vi ha cambiati?” E mi hanno guardato, con gli occhi sgranati, con l’aria di dire: “‘Perché avrebbe dovuto cambiarmi?”.
Giuro, sono io! E come da manuale vado a vedere chi è questa Amélie che ha scritto e che ha pensato in un modo che sento mio.
Grazie alle commentatrici precedenti, mi avete aperto un mondo. 💃💃
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
È incredibile la capacità di questa scrittrice di fondere nelle storie che scrive elementi autobiografici, parti inverosimili della trama che rientrano a pieno titolo nell'assurdo, e allo stesso tempo aggiungere alla storia riflessioni personali che rendono la lettura ancora più interessante. E il tutto senza perdere quella naturalezza che un'opera deve avere.
Anche in questo caso sembra che il romanzo sia autobiografico, almeno in parte. Fra gli elementi autobiografici che ho notato ci sono l'obesità del protagonista (riferimento al periodo adolescenziale dell'autrice durante il quale ha sofferto di anoressia), il compleanno della cugina del protagonista che coincide con il "secondo" compleanno della scrittrice, il riferimento alla morte (presente anche in Metafisica dei tubi) e a linguaggio e comunicazione (qui sotto forma di scrittura). Altro punto di contatto con la scrittrice è il fatto di essere così prolifica, proprio come il protagonista di questa storia. È probabile che ce ne siano altri che non ho notato.
Penso che le parti più inverosimili delle storie che Amélie Nothomb racconta siano uno specchio del fatto che riesca, grazie alla scrittura, a entrare in contatto con la parte più nascosta e incoscia di sé. Per noi è impossibile capirne il significato ma resta il fatto che questi romanzi sono sì divertenti ma aprono anche la via a tutta una serie di riflessioni. Poi il lettore è libero di fermarsi a pensarci su o dimenticarle.

Fra le tante possibili, scelgo una citazione sul tema della scrittura:
La scrittura comincia là dove si ferma la parola, ed è un grande mistero il passaggio dall'indicibile al dicibile. La parola e lo scritto si danno il cambio e non combaciano mai.

Voto: 4 stelle su 5
 

MonicaSo

Well-known member
Al termine della lettura non saprei cosa dire: mi è piaciuto? Ni
Mi ha stupito? Sì, molto... non mi aspettavo per niente un finale del genere. E penso che lo scopo di questo libro sia per lo più questo: stupire il lettore.
Mi ha cambiato? Troppo presto per dirlo, ma sicuramente da oggi mi porrò più spesso questa domanda, al termine di ogni libro letto.

Comunque, rispetto agli altri due che ho letto (Riccardin dal ciuffo e Colpisci il tuo cuore) ho trovato qui una grande voglia di stupire, stupire a ogni costo.
Preferisco un po' meno stupore e più letteratura.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Uno "spaventevole giochino geniale". Questo è, in estrema e perfetta sintesi, il primo libro scritto da Amelie Nothomb, che peraltro è anche il primo che mi sono ritrovata tra le mani. La scrittura dell'autrice è chiara, scattante, sibillina: con un uso preciso e sapiente delle parole, riesce, in modo assolutamente realistico, a caratterizzare i personaggi, descrivere le situazioni, tracciare contesti alla perfezione, così tanto che li immaginiamo vividi nella mente e, fidatevi, talvolta preferiremmo non farlo. Pretextat Tach, lo scrittore premio Nobel protagonista della storia, è un personaggio assolutamente disgustoso, con abitudini abominevoli e un senso del decoro e dell'ospitalità non pervenuto. Ma cosa nasconde, in realtà, questa sua sprezzante misantropia? Ci vorrà una donna, una scaltra ed arguta giornalista, per far venir fuori la vera faccia e l'anima nera di Pretextat Tach. E noi, che ci crediamo lettori scafati ed abituati a tutto, saremo pronti a scoprirla? E ci costringe a confrontarci anche su questo, la Nothomb: che tipo di lettori siamo, davvero, noi? Tra le tante invettive, fissazioni, manie, l'odioso ma pungente Tach riflette sulla lettura o la non-lettura e lo fa in un modo che metterebbe a disagio il lettore più attento, inducendolo a chiedersi: "Sarò per caso anch'io questo tipo di lettore?". Risposte la Nothomb non ne dà, sta a noi cercarle o decidere di non farlo. In ogni caso lei provoca, dissacra, punge e disturba, in ogni caso stupisce e tenta. A me questo suo modo di scrivere, stupire, pungere e tentare è piaciuto; più di tutto credo che mi resteranno dentro, inconsciamente, le provocazioni e l'ironia, perché so che saranno quelle a farmi riflettere anche quando avrò scordato tutto della trama. Perché certi libri hanno proprio questa funzione: colpire ad un livello più profondo della semplice lettura, così profondo che spesso ci scavano dentro e noi nemmeno ce ne accorgiamo. Un esempio di quel che voglio dire? Mi ha favorevolmente colpita il personaggio di Nina ed è da quando ho terminato la lettura che non smetto di pensare a lei… o meglio, a lei in relazione al mio modo di vivere e di pensare. Se siamo così diverse, perché mi è piaciuta così tanto? Mentre cerco una risposta che non troverò, voi fateci un pensierino: questo libro non piacerà a tutti, ma se un po' vi ho incuriositi, dategli una chance.
 
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