Rigoni Stern, Mario - Il Poeta "dell'Altipiano"

bouvard

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(Asiago 1921- Asiago 2008)

Alcuni autori sono così legati ad un periodo storico, o ad un luogo geografico o ad una tematica al punto che tutta la loro produzione letteraria ne è pervasa. Mario Rigoni Stern è uno di questi.

Lui è infatti il Poeta dell’Altopiano d’Asiago. O “dell’Altipiano” come lo chiamò Emilio Lussu nel suo libro “Un anno sull’Altipiano”, considerato da Rigoni Stern il più bel libro sulla Prima Guerra Mondiale. Questa affermazione mi ha indotto a metterlo nella lista dei libri da leggere a breve perché io ho sempre considerato “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Remarque il più bel libro sulla Prima Guerra Mondiale. Devo vedere se almeno su una cosa io e Rigoni Stern abbiamo opinioni diverse.
Malafi in un altro 3d ha definito Rigoni Stern il più grande scrittore di montagna, più grande anche di Dino Buzzati. Sono perfettamente d’accordo con lui. Senza nulla togliere al grandissimo Buzzati (autore che amo al punto da considerare Il deserto dei Tartari il più bel libro mai scritto) Rigoni Stern è un paio di gradini più su (ovviamente si tratta di una mia considerazione personale che ognuno può mettere in discussione).

Buzzati era un “montanaro” che amava la montagna e vi scappava ogni volta che poteva. Rigoni Stern era un “montanaro” che viveva in montagna e viveva la montagna. Il suo Altopiano lui non lo ha mai abbandonato, se non durante gli anni della guerra. Ed anche in quegli anni seppure fisicamente il suo corpo era lontano la sua mente era sempre sull’Altopiano. Come lui stesso dice più volte nei suoi libri. Una volpe che scappava tra la neve in Russia, o una beccaccia che si levava in volo, o il fumo che usciva da qualche comignolo servivano solo a mantenergli vivo nella mente il ricordo di altre volpi, altre beccacce e altri comignoli. La memoria in fondo è anche un altro modo per sopravvivere.

Come ho scritto altrove leggere Rigoni Stern è come guardare uno di quei documentari ben fatti sulla Natura. Le sue descrizioni sono sempre precise, minuziose, ma mai pedanti. Amo quest’autore perché mi ricorda mio nonno. Stessa faccia mite, tranquilla, stessa pazienza. E stesso sistema nell’insegnarti qualcosa: la semplicità. Non usa mai infatti paroloni (anche quando magari inserisce i nomi scientifici di piante o di animali lo fa con una tale naturalezza da farli passare quasi inosservati, come se la cosa essenziale non fosse appunto quel parolone, ma tutto il resto).

Il suo amore per la Natura è a 360 gradi. E’ l’amore di chi non si limita a predicare la necessità di rispettarla, ma quello di chi quel rispetto lo mette in pratica. Anche non abbandonando la sua terra. Non sono poche le volte in cui infatti nei suoi libri descrive i danni derivati proprio dalla spopolarsi delle montagne. E’ l’amore di chi riesce a vedere anche i “danni” che la moda ecologista può creare. Ed è l’amore di chi pur amando la natura e gli animali non disdegnava la caccia. E qui ci sarebbe un lungo discorso da fare, ma sorvolo.

Purtroppo Rigoni Stern non è tra gli autori più letti e conosciuti e questo è un vero peccato, perché i suoi libri sono semplice poesia, nient’altro, solo semplice poesia.
 
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bouvard

Well-known member
Se avete un paio d'orette di tempo vuote guardate questo video (se non avete tanto tempo potete fare anche come me e guardarlo a spezzoni).
L'accoppiata Marco Paolini-Il sergente della neve (Mario Rigoni Stern) fa sì che siano due ore ben spese.
E sicuramente vi farà amare questo autore più delle mie parole.

 

malafi

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Leggere Rigoni Stern per me è come andare in giro con un amico che ti racconta.
Non storie disperate o maledette (come Corona), ma storie di vita quotidiana, di caccia e di agricoltura. E soprattutto immagini. La sua penna è leggera quanto efficace quando descrive la montagna, la sua vegetazione ed i suoi animali. Anche molto raffinata in alcuni passaggi.

Leggere Rigoni Stern è rilassante, quasi una coccola terapeutica per scalare una marcia nella nostra vita frenetica.

Ed è significativo imparare da un uomo che vive, ama e rispetta la natura, le basi del rispetto della natura medesima.

Con l’istituzione di una bandita di caccia che comprende anche la mia casa ed alcune centinaia di ettari di bosco e pascolo, con l’infittirsi degli alberi e l’abbandono delle terre un tempo coltivate a pascolo, i luoghi diventano sempre più selvaggi. Non si va più a raccogliere la legna e l’abbandono fa crescere il sottobosco, così aumentano le vipere che lì trovano in abbondanza il loro cibo preferito, i topi, ma aumentano anche le volpi, le donnole, le faine e gli uccelli rapaci. Luoghi così inselvatichiti non sono buoni nemmeno da funghi, i sentieri si inerbano e spariscono tra rovi e spini.
Anche ai piedi delle montagne, dove queste si raccordano con le colline prima della pianura, dilagano le robinie e così quei luoghi diventano sempre più impraticabili. I cinghiali, che qui, a memoria d’uomo non si sono mai visti, ma che qualche pseudo ambientalista ha voluto introdurre di nascosto portandolo dall’Appennino, di notte vanno sui pascoli delle malghe e con il grifo rovinano la cotica erbosa per cercare radici e larve.
Nei boschi alti sono tornati i cervi, che disturbano i caprioli i quali, a loro volta, allontanano i caprioli. Arriveranno anche i lupi, speriamo, che riporteranno equilibrio tra gli erbivori.
Tutto ciò è avvenuto nel giro di qualche decennio: i cervi nei boschi, i camosci sulle ultime praterie in quota, le marmotte sui pascoli delle malghe, e i caprioli sempre più vicini alle città. Come era un tempo. L’uomo propone, ma è poi la natura a decidere.

Per una specie di 'opera omnia' suggerisco 'Vite dell'Altipiano', raccolta di racconti bellissimi da assaporare uno per uno tratti da altre pubblicazioni.
Altrimenti 'Il bosco degli urogalli', 'Uomini, boschi e api', 'Stagioni', 'Arboreto selvatico'.

Altrimenti c'è il filone degli scritti di guerra, altrettanto belli ed anche questi pervasi di natura: IL sergente nella neve, tra tutti.
 
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