Virzì, Paolo- La pazza gioia

isola74

Lonely member
Beatrice Morandini Valdirana ha tutti i tratti della mitomane dalla loquela inarrestabile. Donatella Morelli è una giovane madre tatuata e psicologicamente fragile a cui è stato tolto il figlio per darlo in adozione. Sono entrambe pazienti della Villa Biondi, un istituto terapeutico per donne che sono state oggetto di sentenza da parte di un tribunale e che debbono sottostare a una terapia di recupero. È qui che si incontrano e fanno amicizia nonostante l'estrema diversità die loro caratteri. Fino a quando un giorno, approfittando di una falla nell'organizzazione, decidono di prendersi una vacanza e di darsi alla pazza gioia. (Mymovies)

Un film ambiguo, in cui si sorride e ci si commuove allo stesso tempo.
E' l'incontro tra due donne fragili, provenienti da ambienti lontanissimi eppure, come scopriranno alla fine, molto simili. La fragilità psicologica ( che non è per niente pazzia ma sofferenza) è descritta in maniera delicata eppure senza veli nè ipocrisie. E senza il perbenismo di un ..."e vissero tutti felici e contenti".
Le medicine sono necessarie, così come qualcuno che si prenda cura di loro e le guidi perchè da sole non sanno e non possono farlo.
E alla fine anche le protagoniste se ne rendono conto e, docili, ritornano al loro destino, con una consapevolezza in più, e -forse- con un progetto di vita.

E' un film che mi è piaciuto molto, la mano femminile della Archibugi, con cui Virzì ha scritto la sceneggiatura, si sente soprattutto nella parte di storia di Donatella (Micaela Ramazzotti), con la maternità negata e , in parte, poi ritrovata. Resti alla fine un po' rattristato, e con una domanda: ma se avessero avuto una famiglia diversa, più amorevole e attenta ai loro bisogni, come tutti i bambini dovrebbero avere, sarebbero state lo stesso così da grandi?

Bravissime le due protagoniste.
Consigliato.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Anch'io, alla fine, ho avuto lo stesso pensiero di isola; ho pensato che il regista in qualche modo, tra le altre cose, volesse dimostrare che la fragilità emotiva spesso nasce da situazioni familiari instabili o da genitori poco altruisti o empatici nei confronti dei figli.
Il film è, per me, uno dei più belli del regista (tra quelli che ho visto). Sebbene alcune scene o alcuni aspetti siano inverosimili, la psicologia delle due protagoniste è trattata con sensibilità e attenzione. Valeria Bruni Tedeschi, che spesso interpreta personaggi cupi, qui è fenomenale nella sua disagiata esuberanza (certe scene, nonostante tutto, sono esilaranti), mentre la Ramazzotti - che ne La prima cosa bella interpretava benissimo una donna vivace e irrequieta - in questo caso interpreta altrettanto bene una donna che soffre di depressione da quando era piccola e non conosce modo di arginare la malattia o di nasconderla agli altri. Sono due donne che soffrono più di quanto normalmente si riesca a sopportare con le sole proprie forze e che hanno, in apparenza, due modi opposti di vivere il loro malessere ma, in fondo, i loro malesseri si somigliano.
 
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