Kazantzakis, Niko - Zorba il Greco

elisa

Motherator
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Un cuore forte come la montagna, calze color melanzana, un vecchio arcangelo ribelle, un clefta, brigante profeta dai riccioli grigi che raschia l'osso dell'agnello alla brace per leggere il domani, che puntella la sua baracca e se la ride della tormenta del nord. Perché un uomo vero sta a fronte alta davanti alla necessità, e perfino a Dio: tutto questo è, e sempre sarà, Zorba il greco, mani e gambe che diventano ali nella danza leggendaria sulla spiaggia. Zorba l'operaio insegna al giovane amico, l'intellettuale, a vedere le cose con ardore, come se fosse sempre la prima volta. Un uomo si forma con il ritmo che batte nel cuore del vino, da agnello a leone, da leone a drago: così la pensa Zorba, sullo sfondo di una Creta pietrosa senza tempo. E la passione del vivere che gli fermenta dentro ci contagia, ci travolge con l'ottimismo. Scintillante come sotto le cure di un restauratore d'arte, questa nuova versione del più famoso romanzo greco ci lega fatalmente a Zorba e al suo mondo. Sarà storia d'amicizia senza ma e senza se, come deve essere, rude e vergine, simile ai gesti, ai sogni, al ragionare del fiabesco greco. Prima traduzione integrale dal greco. (dalla quarta di copertina)

Questo è uno di quei romanzi che rimangono impressi in eterno nella mente per la forza vitale del protagonista, quasi un dio greco, pieno di passioni e di difetti, ma che riesce a regalare emozioni ad un giovane intellettuale alla ricerca di un senso nella propria vita, senso che Zorba nella sua nuda vitalità lascerà a lui come un dono prezioso. Romanzo imperfetto ma affascinante, sincero, toccante.
 

estersable88

dreamer member
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Chi può dire cosa siano veramente la passione, la spiritualità, la fede, la patria, la libertà…? Sono ideali o sentimenti nel nome dei quali ci immoliamo, o sono forse ulteriori catene con le quali rafforzare la nostra schiavitù? E chi è, poi, il nostro padrone? E' Dio o è forse il diavolo? E' il corpo o lo spirito?
Su queste dicotomie si fonda – e ci fa riflettere – questo romanzo meraviglioso, e lo fa mettendo a confronto due uomini, il padrone più incline alla rettitudine, alla spiritualità, alla lettura e alla meditazione, e Zorba che… beh Zorba non si può descrivere compiutamente: è un uomo saggio, scapestrato, beone, donnaiolo impenitente, irrequieto, passionale, mutevole, arguto, instancabile, irruento… è molto altro ancora.
Nella convivenza forzosa per ragioni di lavoro in un villaggio di Creta, queste due anime imparano a conoscersi e a comprendersi, prendendo l'una qualcosa dell'altra e dandosi molto a vicenda. Kazantzakis costruisce un protagonista memorabile e riesce a far riflettere ed interrogare le coscenze usando un'"arma infallibile": la leggerezza, la simpatia, l'umorismo. "Zorba il greco" è un libro stupendo che consiglio spassionatamente: non ve ne pentirete, è letteratura.
 

Trillo

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Ci ha messo un po' questo libro prima di cominciare a piacermi, forse perché ero partito con l'idea che la bellezza del libro dovesse essere tutta concentrata nella figura di Zorba.

Invece, dopo un bellissimo prologo che introduce ed esalta questo personaggio che dà il titolo al romanzo, quest'uomo ci appare subito in maniera brutale come un vecchio arrapato imbroglione mezzo matto. Ed in fondo è così, perché Zorba non è perfetto ma ha molti difetti. Solo andando avanti nella lettura ho cominciato a capire che il libro prendeva valore grazie all'osmosi che si stava realizzando fra Zorba e il protagonista-narratore, due persone completamente diverse ma che con il loro stare insieme, accettarsi, osservarsi e interrogarsi si ritrovano a vivere un'amicizia molto particolare, sincera e profonda, e cominciano a godere di una riscoperta felicità.

È l'incontro e l'interazione fra loro due che fa acquistare ad entrambi, e al libro stesso, una luce diversa: il narratore con la sua mente aperta e raffinata, la sua pazienza e il suo animo umile fa risplendere Zorba delle sue reali qualità, facendoci apprezzare la sua saggezza, i suoi valori, la sua profondità e la sua capacità di meravigliarsi, riscattandolo dall'immagine dell'uomo rude, folle e strampalato che appare; e Zorba con il suo sguardo puro e primordiale alla vita e alla natura, la sua vitalità, il suo coraggio, il suo darsi con tutto se stesso in ogni cosa, la sua capacità di andare direttamente alla sostanza delle cose, a sua volta dà nuova luce al protagonista-narratore attraverso i pensieri e le sensazioni che gli smuove.

Da questo singolare sodalizio, che si sviluppa nella meravigliosa e suggestiva cornice naturale dell'isola di Creta, scaturiscono tante belle e profonde riflessioni, e preziosi insegnamenti di vita. Questi aspetti costituiscono proprio il cuore del romanzo che privilegia immagini e pensieri all'intreccio della storia, ma senza mai per questo annoiare.

L'unica cosa che mi ha lasciato perplesso fino alla fine è il modo in cui la donna viene dipinta in continuazione: una figura debole, lamentosa, senza cervello, facilmente manipolabile.
Per il resto, il libro mi è piaciuto: è un inno alla vita, al carpe diem, all'umanità, alla felicità fatta di cose semplici, un grande invito a fare di tutto per sublimare in istanti eterni il tempo inafferabile che scorre come sabbia fra le dita.
 

IreneElle

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Letto questa estate ed abbandonato quando mancavano soltanto 100 pagine, l'ho odiato profondamente. Lento e misogino. Vogliate scusarmi, ma è un libro che non è proprio nelle mie corde. :boh:
 

ayuthaya

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“Come fai a liberarti del diavolo, se non diventi un diavolo e mezzo?”

Non sarà forse un capolavoro, ma questo romanzo non mi ha deluso, nonostante le aspettative suscitate da tanti commenti entusiastici fossero molto alte.
Indubbiamente Zorba è un personaggio epico, che entra nel cuore. Un uomo di carne e di sangue, un uomo delle viscere, guardando il quale il narratore sentiva “che il mondo riacquistava la sua verginità”, che “tutte le cose sbiadite dalla consuetudine quotidiana riacquistavano lo splendore che avevano i primi giorni, appena uscite dalle mani di Dio.”
Ma che cos’ha di così speciale questo personaggio che non crede in nulla: nè in Dio, nè nella bontà degli uomini, ma solo in se stesso perchè è solo su di lui che ha potere? Credo che la potenza di Zorba, intendo proprio della sua rappresentazione letteraria, sia nel suo essere insieme una finzione e il ritratto di un uomo realmente esistito. Penso infatti che tutti i limiti di Zorba personaggio (il suo cinismo, ma soprattutto il suo rapporto ambiguo con le donne, venerate e disprezzate insieme) dipendano dal loro appartenere a un uomo in carne ed ossa, che non era nè un santo nè un eroe... d’altra parte, l’aver trasformato in “carta e inchiostro” “l’attimo effimero e insostituibile” che era il vero Zorba, per forza di cose ha prodotto un personaggio dalle tinte forti, un "mito", che nei suoi eccessi, forse, ha persino superato il suo ispiratore.

Insomma credo che la bellezza di questo romanzo sia proprio nel mescolarsi di finzione e realtà, di grandezza e di limiti umani. E lo dimostra anche il rapporto speciale, osmotico, fra Zorba e il narratore, che in fin dei conti rappresentano proprio le due facce della medaglia: la verità dell'uomo, bellezza e crudeltà, e la sua sublimazione attraverso la trasposizione artistica.
Non sono d’accordo con un’interpretazione del tutto negativa del narratore: non solo perchè senza di lui non avremmo Zorba, che proprio in rapporto a un uomo così diverso da lui, fa risplendere la sua unicità. Non sono d’accordo perchè il narratore, molto più di Zorba, rappresenta il prototipo di noi uomini civilizzati e razionali, che hanno imparato a sublimare le proprie passioni allo scopo di addomesticarle, con risultati che non sono necessariamente negativi, poichè è grazie a questa forma di “addomesticamento”, di “intellettualizzazione” che siamo progrediti. La cultura, l’arte ci appartengono. Tutto questo ci ha reso più ricchi, ma ci ha anche impoverito; ci ha reso più liberi, ma anche ci ha messo un guinzaglio.
“No, non sei libero, disse: la corda a cui sei legato è un po’ più lunga di quella degli altri uomini; questo è tutto. Tu, padrone, hai una fune lunga, vai e vieni, credi di essere libero; ma la fune non la tagli. E se non tagli la fune...” “Un giorno la taglierò!” “Difficile, padrone, molto difficile. Per questo ci vuole follia; follia, hai capito? Rischiare tutto! Ma tu hai cervello, e questo sarà la tua rovina.”
A me il narratore è piaciuto, perchè almeno è un uomo che si interroga, che prende consapevolezza della trappola in cui è caduto, e non è cosa di poco conto; la verità è che la maggior parte degli uomini a questa consapevolezza nemmeno ci arriva. “Liberarti di una passione, obbedendo a un’altra passione superiore ... Ma anche questo non è forse una schiavitù? Sacrificarti per un’idea, per la tua stirpe, per Dio? O forse quanto più in alto sta il padrone, tanto più lunga è la fune della nostra schiavitù?
A me il narratore è piaciuto perchè probabilmente solo lui poteva amare un uomo carnale come Zorba e perchè, grazie alla sua capacità di astrazione, che ne ha fatto lo “scribacchino” tanto sbeffeggiato dall’amico, ha potuto restituirci un ritratto così meravigliosamente imperfetto e umano.
D’altra parte questa bellissima amicizia non si potrebbe spiegare altrimenti:
Per la prima volta notte precedente aveva avuto la conferma tangibile che l’anima è anch’essa carne, più diafana, più libera, che forse si muove più rapida; ma sempre anima. E la carne è anch’essa anima, un po’ insonnolita, estenuata dai lunghi viaggi, sovraccarica di gravi eredità; ma nei momenti cruciali si ridesta anch’essa, riprende vigore, agitando i cinque tentacoli come fossero ali.”
 
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francesca

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Come si fa a riassumere la trama di questo libro? E’ un libro che parla di due uomini, di un incontro, della vita, dei suoi contrasti, della lotta fra la vita pensata e quella vissuta, della Grecia, del sole, del carbone.
Un libro quasi senza trama, ma pieno di tutto, di eventi e pensieri profondi.
Un libro che è una specie di canto a due, in cui il protagonista-narratore fa la nota bassa e magari poco armoniosa, ma che nel complesso ci vuole per sostenere l'armonia vera e propria del suo co-protagonista, attorno a cui ruota la vera e propria storia.
Non si può non farsi incantare da Zorba, uno dei personaggi letterari più riusciti che abbia mai incontrato, forse nemmeno così tanto letterario, perché sembra che Kazantzakis si sia ispirato ad una persona realmente esistita.
Lo si adora anche quando dice cose terribili sulle donne o sugli operai, inascoltabili per i nostri orecchi abituati al rumore di anni di lotte per l’emancipazione femminile e di diritti sui lavori.
Non si può non adorare la sua meravigliosa capacità di vedere il mondo con gli occhi di un bambino come se fosse sempre qualcosa di completamente nuovo e inatteso, così come non si può adorare la sua necessità fanciulla di esprimersi attraverso il corpo, in balli sfrenati che gli consentono di abbattere le barriere del linguaggio e della riservatezza.
Infine non posso altro che sottolineare la meraviglia dell'ambientazione di questa storia, di questa Creta che prende vita sotto i nostri occhi, della capacità dell'autore di creare il "coro" come nelle vere tragedie greche con personaggi come Bubolina, Anaghnostis, le prefiche, la vedova, Manolakas, Mimithos e tutti gli altri.

Francesca
 

MonicaSo

Well-known member
Zorba è un saltimbanco, un originale, un semplice... l'alter ego del suo padrone/scrittore... il corpo e l'anima... carnalità e spiritualità...
Per mio carattere mi sento molto lontana da Zorba e dal suo modo di vedere la vita... ma comunque ho apprezzato questo libro, forse non un capolavoro ma sicuramente da leggere e scoprire.
 
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