L'angoscia del salario e il significato della nostra realtà.

Dallolio

New member
Ciao forumlibrosi, ritorno dopo un periodo un po' lungo di inattività salutando tutti e ponendo un quesito:

Prendiamo la vita quotidiana di ognuno; chiunque ha dovuto affrontare problemi seri legata alla sfera lavorativa, come ad esempio la disoccupazione, la sotto occupazione o il rischio di licenziamento per le più varie ragioni... tutto ciò ha fatto parte della vita di quasi tutti gli uomini a partire dalle prime generazioni che vivevano alla mercè degli elementi naturali e rischiavano la fine di ogni loro sostentamento in ogni momento della vita.
La mia domanda è questa: quando si devono affrontare queste questioni lavorative (in senso lato) i problemi esistenziali (sul significato globale della vita, sul significato della morte, dell'amore ecc...) passano necessariamente in secondo piano o uno non esclude l'altro?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Innanzitutto: bentornato prof :D ! Ci sei mancato :wink:.

Interessante domanda... io credo che per dedicarsi interamente alle ricerche sui problemi esistenziali sia meglio avere la mente sgombra da altri problemi di tipo pratico e legati alla sopravvivenza, ma siccome sono davvero pochi quelli che se lo possono permettere l'ideale sarebbe cercare di trovare una giusta convivenza tra le due tipologie. Ovviamente quelli morali in parte passeranno in secondo piano se bisogna affrontare la ricerca di un lavoro, spesso non si avrà neppure il tempo e la voglia di dedicarcisi ma se un individuo è incline a queste elucubrazioni più o meno filosofiche prima o poi arriverà il momento adatto per svolgerle.
Anche se io credo che il risultato non è garantito, non arriveremo mai a qualcosa di definitivo, ma forse è meglio così, altrimenti la vita sarebbe ancora più noiosa. Alla fine in questo campo è la fase d'indagine quella che più conta, il potersi mettere a confronto con tematiche al di sopra di noi stessi e il provare a darci delle risposte, seppure parziali.

Spero di non aver scritto solo stupidaggini...
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Secondo me vita lavorativa e vita emotiva sono l'una il riflesso dell'altra.
Sono disoccupata e sono depressa, forse sarei depressa anche se lavorassi ma senza lavoro sto decisamente peggio di come starei se lavorassi.
Non so se sono stata chiara.
 

velvet

Well-known member
La mia domanda è questa: quando si devono affrontare queste questioni lavorative (in senso lato) i problemi esistenziali (sul significato globale della vita, sul significato della morte, dell'amore ecc...) passano necessariamente in secondo piano o uno non esclude l'altro?

Secondo me è il contrario.
Se per questioni lavorative intendiamo quelle da te descritte, quindi rischio del posto di lavoro e simili, queste ti faranno riflettere ancora di più sul significato della vita e su quello che per te è importante.
Viceversa sono gli impegni lavorativi quotidiani che ti ingombrano la quasi totalità della giornata, che non puoi mettere in discussione, che non ti lasciano il tempo di dedicarti ad altre riflessioni, e spesso senza che tu te ne accorga ti trovi a rincorrere l'esistenza invece che viverla.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Ciao forumlibrosi, ritorno dopo un periodo un po' lungo di inattività salutando tutti e ponendo un quesito:

Prendiamo la vita quotidiana di ognuno; chiunque ha dovuto affrontare problemi seri legata alla sfera lavorativa, come ad esempio la disoccupazione, la sotto occupazione o il rischio di licenziamento per le più varie ragioni... tutto ciò ha fatto parte della vita di quasi tutti gli uomini a partire dalle prime generazioni che vivevano alla mercè degli elementi naturali e rischiavano la fine di ogni loro sostentamento in ogni momento della vita.
La mia domanda è questa: quando si devono affrontare queste questioni lavorative (in senso lato) i problemi esistenziali (sul significato globale della vita, sul significato della morte, dell'amore ecc...) passano necessariamente in secondo piano o uno non esclude l'altro?

Io non ho capito bene il preambolo.

cosa vuoi dire con...

tutto ciò ha fatto parte della vita di quasi tutti gli uomini a partire dalle prime generazioni che vivevano alla mercè degli elementi naturali e rischiavano la fine di ogni loro sostentamento in ogni momento della vita.

...?

Credo che valga il contrario: quando l'uomo viveva alla mercé degli elementi naturali e ogni momento poteva essere quello della morte, non esisteva il lavoro salariato. E nemmeno esistevano le domande esistenziali, per lo meno non come le intendiamo oggi.

Sulla domanda. in generale direi di si, lo diceva Maslow traslandolo sui bisogni. Solitamente le domande esistenziali vengono oscurate da quelle fisiologiche, anche se la distinzione non è sempre netta.
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Secondo me vita lavorativa e vita emotiva sono l'una il riflesso dell'altra.
Sono disoccupata e sono depressa, forse sarei depressa anche se lavorassi ma senza lavoro sto decisamente peggio di come starei se lavorassi.
Non so se sono stata chiara.


Consolati, io sono depresso perché lavoro.

Ovviamente scherzo, vorrei poter fare qualcosa per alleggerire le tue pene, che mi sembrano non da poco. Forza e coraggio and kisses.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Rileggendomi mi sono accorta di non aver risposto alla domanda del thread in modo chiaro: secondo me le difficoltà lavorative provocano depressione e solitamente chi è depresso non si pone domande perché perde interesse verso qualsiasi cosa, il porsi domande esistenziali implica un interesse per la vita, un voler dare un senso alle cose, una progettualità, e c'è progettualità quando c'è una prospettiva futura, quando c'è una base che ti dà sicurezza.
Quindi le domande esistenziali, quando il lavoro è incerto, non è che passino in secondo piano, è che non vengono poste perché non c'è interesse nel porsi domande.
Sono stata un po' contorta ma la discussione mi interessa.
 

SALLY

New member
Come già ho detto in altri post, il lavoro quello ad orario 9-18 per intenderci l'ho perso anni fa, da allora mi arrangio, ora guadagno la metà, ma le domande esistenziali me le facevo più allora....perchè il mio tempo era tutto li, dentro quell'ufficio e mi sembrava che fagocitasse la mia vita....forse perchè era un lavoro standard che non richiedeva particolari abilità, nessuna creatività, forse perchè dipendente, non so...spesso mi sono ritrovata ad invidiare quel barbone che incontravo tutte le mattine col suo cagnolone in braccio...capisco che quel che dico in questo momento storico può sembrare una bestemmia, forse perchè ho una certa età e di programmi non ne faccio, la mia vita lavorativa in qualche modo può dirsi conclusa, ora devo solo sopravvivere sino alla pensione, capisco benissimo che per i più giovani disoccupazione=depressione, ho vissuto anch'io un periodo così a 30 anni, penso che il segreto per lavorare tanto e non avere problemi esistenziali sia avere un lavoro che appassioni e stimoli.

Ben tornato Dallolio!!!
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Come già ho detto in altri post, il lavoro quello ad orario 9-18 per intenderci l'ho perso anni fa, da allora mi arrangio, ora guadagno la metà, ma le domande esistenziali me le facevo più allora....perchè il mio tempo era tutto li, dentro quell'ufficio e mi sembrava che fagocitasse la mia vita....forse perchè era un lavoro standard che non richiedeva particolari abilità, nessuna creatività, forse perchè dipendente, non so...spesso mi sono ritrovata ad invidiare quel barbone che incontravo tutte le mattine col suo cagnolone in braccio...capisco che quel che dico in questo momento storico può sembrare una bestemmia, forse perchè ho una certa età e di programmi non ne faccio, la mia vita lavorativa in qualche modo può dirsi conclusa, ora devo solo sopravvivere sino alla pensione, capisco benissimo che per i più giovani disoccupazione=depressione, ho vissuto anch'io un periodo così a 30 anni, penso che il segreto per lavorare tanto e non avere problemi esistenziali sia avere un lavoro che appassioni e stimoli.

Ben tornato Dallolio!!!

Mi trovo nelle tue stesse condizioni. O meglio nelle tue condizioni di quando lavoravi in ufficio. E' vero, sembra che non siamo mai contenti. Anch'io a volte mi vergogno a lamentarmi. Infatti non mi lamento mai, per lo meno non pubblicamente, perché immagino cosa significhi essere senza lavoro o fare la vita da barbone. Posso solo immaginarlo, perché grazie a Dio non mi sono mai trovato in quelle condizioni.

Ma quello che sento intimamente non posso reprimerlo, nemmeno se penso che, razionalmente, sono un uomo estremamente fortunato. Avere un lavoro a tempo determinato e per giunta discretamente retribuito sarebbe una cosa da baciarsi i gomiti. Eppure il lavoro è stato una delle cause della mia depressione. E quella roba lì, quando è vera, non si controlla e non si gestisce. Nemmeno con mille ragionamenti. Anzi, più ci ragioni peggio è.

Mi trovo in una condizione pessima: da una parte ho il senso di colpa di sentirmi così, dall'altra non ho il coraggio di fare ciò che hai fatto. Credo che la povera Ondine farebbe volentieri a cambio. Ma io no, io non farei cambio con la sua condizione, che è peggiore della mia, ma che sarà sicuramente passeggera. Il "tutto passa" è un roba matematica.

Spesso penso, a scanso di risultare banali, che se fossi nato in un paese dell'Africa nera il mio problema più grande sarebbe procurarmi il cibo e sopravvivere in condizioni incredibili. Quante persone farebbero cambio con la mia condizione.

Eppure io sto male e non so cosa farci.
 

Dallolio

New member
Per quanto riguarda me nei momenti di maggiore difficoltà lavorativa i problemi esistenziali tendevano a tacere ma in quei momenti io avrei desiderato invece che i grandi interrogativi sulla morte ecc... tornassero da me, perchè pur essendo angoscianti e senza soluzione costituiscono, come afferma Ondine, un tentativo di dare un senso all'esistenza (anche quando fallisce) e quindi nobilitano il soggetto, lo rendono forte, mentre la sensazione di essere l'anello debole del sistema sociale - professionale a mio avviso depotenzia il soggetto.

Si può combattere su due fronti? Si può cioè cercare di risolvere i problemi pratici, lavorativi, umani ma contemporaneamente continuare a ergersi contro la realtà analizzandola da un punto di vista superiore?
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Combattere su due fronti è soggettivo, io non ci riuscirei.
Parlando in generale sono più propensa a pensare che prima di porsi domande esistenziali l'uomo abbia bisogno di sentirsi, e non a caso ho scritto "bisogno", fisicamente sano, protetto, cioè soddisfatto nei suoi bisogni primari.
Ovviamente sto estremizzando, è pacifico che se hai un periodo lavorativo incerto, e parlo di un periodo e non di una condizione, puoi dedicarti alla filosofia, proprio in quanto hai la sicurezza di avere in qualche modo le spalle coperte.
 
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