Proust, Marcel - La fuggitiva o Albertine scomparsa

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Giudicato da Proust stesso "ciò che ho scritto di meglio", «La fuggitiva» o «Albertine scomparsa» (1925) chiude il dittico della ragazza di Balbec narrando il lutto del Narratore per la sua morte e il lento trascolorare della sofferenza nell'oblio, sullo sfondo di una Venezia insieme immaginata, rievocata e reale. Ispirato a un episodio autobiografico e permeato più di tutti di un potente erotismo, il penultimo libro della «Recherche» permette all'autore di approfondire il registro tragico dell'opera, indagando in profondità il dolore del mondo e dando il via a un percorso di autoanalisi che ha pochi pari nella storia della letteratura. (quarta di copertina)


Tra tutti quelli letti questo sesto tomo uscito postumo e anche non revisionato dall'autore è secondo me quello più complesso, quello meno letterario e più introspettivo, a volte così personale da intorcinarsi in frasi involute e contraddittorie. E' il romanzo della gelosia e dell'ossessione sulle tendenze sessuali di amici e amanti più che dell'amore come sentimento in sé ma anche della paura della solitudine. Solitudine legata anche alla memoria e all'oblio degli essere amati.

 

isola74

Lonely member
La lettura era cominciata molto bene, ma alla fine mi sono persa e ho faticato... un po' per i soliti aspetti esasperanti del carattere di Proust, un po' perchè alcune riflessioni le ho trovate un po' ostiche e troppo tirate per i capelli.
Forse, come dice Elisa, per colpa della mancata revisione dell'autore...
Comunque in compenso ci sono stati passi molto belli e introspettivi che rendono il bilancio sufficientemente positivo.
 

Spilla

Well-known member
Solo alcune considerazioni su questo sesto tomo della Recherche. Per altro, rimando ai commenti del nostro GdL:
La prima parte del libro, che analizza la "scomparsa" di Albertine, è unga, eccessiva, ridondante e faticosa. Proust sa entrare nei meandri dell'indicibile e gliene rendiamo merito, ma sa anche rendersi asfissiante quando poi dai meandri stessi non sa più uscire
Si nota che questo libro è "incompiuto" (Proust muore prima di completarne la stesura): nella seconda parte ha un che di frammentario, salta di palo in frasca, non ha la stessa compattezza dei precedenti. È come se fossero pronti i quadri ma non la galleria approntata per valorizzarli. Il che non toglie che i quadri siano poi belli lo stesso.
 

velvet

Well-known member
Indubbiamente un libro complesso. La prima parte è incentrata sulla descrizione del dolore e della sofferenza e poi della loro lenta trasformazione e scomparsa che di fatto fanno mutare anche la persona che ne soffriva. E' la parte più "da Proust" e sicuramente la meglio riuscita anche se la più pesante perchè come sa essere profondo e prolisso Proust nessuno mai. Anche io come voi ho rallentato tanto leggendo questa parte. Ho apprezzato anche il capitolo su Venezia, le descrizioni sono anche quelle nelle sue corde e questa vacanza mi ha rievocato un po' quella a Balbec, con la mamma che sostituisce la nonna. L'ultima parte invece come avete detto anche sotto è più affrettata ma riprende temi già affrontati, le tendenze omosessuali e i matrimoni come parte integrante di una società nobile che tanta parte ha avuto nei precedenti tomi.
Tirando le somme bello anche questo volume. Sono libri che ti lasciano tanto anche, o forse soprattutto, in quelle parti lente e prolisse che tanta voglia mi fanno venire di tagliuzzare qua e là. :mrgreen:
 
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