Pitzorno, Bianca - Il sogno della macchina da cucire

Nefertari

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Da Ibs: La nonna di Bianca Pitzorno le ha insegnato a ricamare, e vedendola ostinata a non usare il ditale pronosticava che sarebbe diventata una donna ingovernabile. Quella nipotina talentuosa e indisciplinata ha continuato così, cucendo le sue storie con anticonformismo e senza paura di pungersi con le spine dell'animo umano. In questo romanzo la voce narrante è quella di una sartina a giornata nata a fine Ottocento in una cittadina di provincia non lontano dal mare. Rimasta presto sola al mondo, difende quel lavoro che la rende autonoma anche se implica ore e ore spese nelle case dei signori, cavandosi gli occhi per cucire abiti e biancheria. Vorrebbe poter leggere i giornaletti di cui ogni tanto le fanno dono le sue padrone; ma imparerà presto che proprio nelle stanze del cucito giungono gli echi dei segreti inconfessabili di ogni famiglia, più appassionanti di ogni feuilleton. La sartina ascolta in disparte: ma un giorno la scatola di latta dove chiude i desideri più preziosi si aprirà, e anche a lei toccherà vivere da protagonista. La marchesina Ester, che veste come un maschio e ama andare a cavallo; miss Lily Rose, l'americana, e il suo corsetto imbottito di banconote; le sorelle Provera e lo scandalo dei tessuti francesi; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto pur di difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, la bimba selvatica... Una galleria di donne di ogni età, raccontate in tutte le loro sfaccettature.

Davvero bello!! E' il primo libro che leggo di questa autrice e a dire il vero ce l'avevo lì che aspettava il suo turno da un pò... Non so perchè ma non mi decidevo mai a leggerlo, poi l'ho iniziato e l'ho finito in pochi giorni.
 

Jessamine

Well-known member
L’ho già detto, credo, ma io faccio parte, come tante, di quell’esercito di bambine cresciute con le eroine di Bianca Pitzorno. Cresciuta davvero insieme a loro, perché da piccola io i libri li leggevo e rileggevo all’infinito, trovando ogni volta qualcosa di nuovo, entusiasmandomi quando scoprivo i significati più complessi, quelli che la me più piccola, durante i suoi primi approcci, non avrebbe mai potuto comprendere. E sono grata, immensamente grata alle bambine di Bianca Pitzorno per essere sempre state lì, pronte ad accogliermi e a guardarmi crescere, perché non sono certa che oggi sarei la stessa donna che sono ora, se non mi fossi nutrita con tanta naturalezza della loro voglia di esplorare, della loro caparbietà, della risolutezza con cui hanno sempre affrontato ogni ingiustizia.

Quando su Storytel ho visto il rosa pallido di questa copertina, mi sono gettata fra le sue parole senza nemmeno riflettere un istante. Senza nemmeno scoprire di che cosa avrebbe parlato questo romanzo.
E che bella esperienza è stata.
Che bello riconoscere una voce amica, un saper narrare così sicuro, così gentile, naturale come uno sbuffo di vento in primavera.

Credo non ci sia miglior modo di definire questa lettura che “confortante”: è stato confortante ascoltare la voce di questa piccola e tenace sartina, confortante vederla affrontare le difficoltà della vita accanto ai suoi ricchi datori di lavoro. La protagonista ha una voce sottile e attenta, non alza mai troppo la testa, non grida mai, non valica i confini della sua epoca, ma ha una voglia di indipendenza a cui si aggrappa con tutte le sue forze, scaldando il cuore al lettore.
Attraverso le sue dita abili e precise scivoliamo sotto le vesti di tutta la società, entriamo in case belle e grandi, raccogliamo tragedie, ridiamo di buffi scandali che nascondono un disagio inquietante, vediamo amori farsi e disfarsi, con una maestria mai troppo calcata, mai esibita apertamente.
Non tutto viene raccontato esplicitamente, ci sono cose che restano appena sotto la superficie (coperte da un velo di batista, mi verrebbe da dire), ma la Pitzorno dà al lettore tutti gli strumenti per vedere oltre lo sguardo ingenuo della protagonista (penso alle vicende di Miss Lily Rose, ad esempio).
È un romanzo buffo, che solleva le gonne ipocrite della parte più alta della società e racconta con dolcezza della solidarietà fra i più sfortunati, e lo fa seguendo i fili affascinantissimi di un lavoro ormai fuori dal tempo.

Io forse avrei preferito fermarmi un attimo prima dell’epilogo, con il lieto fine a portata di mano ma mai davvero affermato, ma in un certo senso capisco la necessità di accertarsi che ogni filo avesse trovato il suo posto, nel futuro.

Mi sono lasciata cullare e coccolare da questa lettura, dimenticando qualsiasi altra cosa e desiderando, semplicemente, che come una novella Penelope il lavoro della sartina non finisse mai.
 

Spilla

Well-known member
Un romanzo dallo stile antico, ottocentesco, dove brillano le virtù degli umili. Non saprei se definirlo un capolavoro, ma certamente è un libro delicato e ben scritto, che conforta.

edit: Jessamine, non avevo letto il tuo commento... anche tu hai usato il termine “confortante”:D... incredibile!😅
 
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