Vittorini, Elio - Sardegna come un'infanzia

bouvard

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Ho voluto leggere questo libro perché mi ricordava Diario d’Irlanda di H. Boll, libro che ho amato moltissimo e che considero uno dei miei libri dell’anima. Dico subito che per quanto non mi sia dispiaciuto leggerlo Sardegna come un’infanzia non è riuscito a diventare però un altro mio libro dell’anima. Mi viene difficile anche spiegare precisamente cosa non mi ha convinto del tutto nel libro. Io pensavo fosse il diario di un viaggio “turistico” fatto da Vittorini, invece ad un certo punto della lettura mi è sembrato che fosse più un viaggio “di lavoro”. Come se il viaggio fosse stato fatto per conoscere le reali condizioni della Sardegna e poterne poi scrivere. D’altronde il libro è stato scritto nel 1932 e non penso che all’epoca della Sardegna – ma del meridione in generale se ripenso a Cristo si è fermato ad Eboli – il resto d’Italia sapesse molto. Ho trovato molto belle alcune descrizioni, ad esempio quelle di Carloforte, o quelle delle donne avvolte nei loro lunghi scialli neri e nei loro silenzi, ecco forse non mi è piaciuto, o meglio mi è dispiaciuto, che talvolta l’autore si sia inutilmente perso in parole che nulla avevano a che fare con il paesaggio e con i suoi abitanti. In quanto a quest’ultimi poi mi sono mancati completamente i dialoghi, infatti questa mancanza di interazione tra il Vittorini e i sardi mi ha lasciato perplessa. A parte queste critiche comunque sono contenta di averlo letto, perché descrive un mondo (non solo sardo) ormai quasi del tutto scomparso verso il quale chi – come me - lo ha anche solo minimante conosciuto non può non provare la stessa nostalgia che prova verso la propria infanzia. Non bellissimo, ma sicuramente molto interessante.
 
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