Rumiz, Paolo - Il ciclope

qweedy

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"Un'isola uncinata al cielo con le sue rocce plutoniche, attracco difficile, fuori dai tracciati turistici, dove buca il cielo un faro tuttora decisivo per le rotte che legano Oriente e Occidente. Paolo Rumiz, viandante senza pace, va a dividere lo spazio con l'uomo del faro, con i suoi animali domestici: si attiene alle consuetudini di tanta operosa solitudine, spia l'orizzonte, si arrende all'instabilità degli elementi, legge la volta celeste. Gli succede di ascoltare notizie dal mondo, e sono notizie che spogliano l'eremo dei suoi privilegi e fanno del mare, anche di quel mare apparentemente felice, una frontiera, una trincea. Il faro sembra fondersi con il passato mitologico, austero Ciclope si leva col suo unico occhio, veglia nella notte, agita l'intimità della memoria (come non leggere la presenza familiare della Lanterna di Trieste), richiama, sommando in sé il "gesto" comune delle lighthouse che in tutto il mondo hanno continuato a segnare la via, le dinastie dei guardiani e delle loro mogli (il governo dei mari è legato all'anima corsara delle donne), ma soprattutto apre le porte della percezione. Nell'isola del faro si impara a decrittare l'arrivo di una tempesta, ad ascoltare il vento, a convivere con gli uccelli, a discorrere di abissi, a riconoscere le mappe smemoranti del nuovo turismo da crociera e i segni che allarmano dei nuovi migranti, a trovare la fraternità silenziosa di un pasto frugale."

Mi credi? Non è mio questo racconto.
Me l'han dettato l'Ostro e la Nevera.

GIONA
"Era quella che si dice una nottataccia. Salivo per il sentiero a picco sul mare lottando con le raffiche, e nel buio dovevo badare a dove mettere i piedi. Da ovest arrivava il temporale, la folgore mitragliava un promontorio lontano simile a una testuggine. Ero sbarcato appena in tempo: con quel mare in tempesta non sarebbe arrivato più nessuno per chissà quanti giorni. Ero solo, non conoscevo la strada del faro e l'Isola era deserta. Miglia e miglia lontano, il resto dell'arcipelago era inghiottito dal buio e dalla spruzzaglia. Non una luce, niente."


Questo è l'inizio, ed è chiaro che la Natura ai massimi livelli è al centro di questo viaggio. Un viaggio immobile, tre settimane nel faro su una piccolissima isola del Mediterraneo, esposta a tutti i venti, il cui nome però Rumiz non ha voluto rivelare, per preservarla intatta.
Il re dell'isola è un asino guercio a cui piacciono i limoni e che Rumiz battezza Kyklops, Ciclope, perché come il faro ha un occhio solo.
Stare per tre settimane senza Internet, senza telefono, senza televisione, hanno dilatato il tempo, le giornate sembravano lunghe il doppio, come fosse rimasto lì tre mesi.
Anche i pensieri, la scrittura, sono diventati più ermetici, acquistavano forza per sottrazione, come gli oggetti levigati dal mare. Di fronte a una natura così potente, le parole non bastano, si sta in silenzio.

Mi rendo conto, leggendo i libri di Rumiz, che mi perdo molto, perché la sua cultura è troppo vasta e molto mi sfugge, citazioni e riflessioni su argomenti che non colgo.
Amo il suo modo di scrivere, le sue descrizioni molto ricche di dettagli, e le sue riflessioni. Il viaggio in corso richiama alla mente i suoi viaggi precedenti, ed è preparazione ai viaggi futuri. Non c'è una trama nei suoi romanzi, il viaggio diventa pretesto per immergersi nella natura, come in questo caso, oppure negli incontri con l'umanità più varia, con infiniti riferimenti alla storia, alla letteratura, all'arte, ai miti, alle favole. E' un racconta-storie, Rumiz, e le racconta con un linguaggio elaborato e riccamente descrittivo.

Consigliato, ma solo a chi ama il modo di scrivere di Rumiz.

"Mi dicevano "ti annoierai", e mi ritrovo a non avere un attimo di requie. "Che avrai da scrivere di un luogo in cui non succede nulla?" era l'altra obiezione che mi veniva fatta alla partenza. Ora scopro che i taccuini forse non mi basteranno."

EGO ADRIATICUS SUM
Mi piace molto la definizione che dà di Mare Nostrum. Che non significa "il mare di nostra proprietà" ma "il mare di tutti coloro che lo abitano e, a prescindere dalla lingua, sono affratellati da un sentire comune."

CASSANDRA
Curioso l'episodio dell'unica gallina rimasta, barricata in un pollaio grande e vuoto: Rumiz non capiva come mai ci fosse una sola gallina molto timorosa di mostrarsi. Ha capito poi che i gabbiani, non riuscendo a trovare abbastanza pesce in mare per sfamarsi, avevano decimato le galline.
"L'occhio della profetessa piumata grida al mondo che c'è un sistema che ci intontisce al preciso scopo di non farci capire che una cosca di predoni sta divorando il mondo. Dice che dietro alla guerra in Iraq, alla Siria, all'Ucraina, ai Balcani, dietro alle ondate dei profughi, agli -ismi e alle bandiere, alle nazioni e ai monoteismi, c'è quasi sempre quello svergognato accaparramento delle ultime risorse del Pianeta

 

nucraf83

New member
Io ho appena finito di leggere un altro suo libro, Come cavalli che dormono in piedi (trovato qui: https://iltuolibraio.altervista.org/) e l'ho trovato bellissimo, tanto che sto pensando di fare un viaggio simile a quelli che racconta lui nel libro. Volevo proprio con calma cercare altro da leggere dello steesso autore, e grazie a te ho già un titolo, grazie :)
 

qweedy

Well-known member
Io ho appena finito di leggere un altro suo libro, Come cavalli che dormono in piedi (trovato qui: https://iltuolibraio.altervista.org/) e l'ho trovato bellissimo, tanto che sto pensando di fare un viaggio simile a quelli che racconta lui nel libro. Volevo proprio con calma cercare altro da leggere dello stesso autore, e grazie a te ho già un titolo, grazie :)

Ciao, a me è piaciuto moltissimo anche "Trans Europa Express", il viaggio del 2008 sulla linea un po' a zig zag che divide l'Europa occidentale da quella Orientale, da Rovaniemi (Finlandia) a Odessa (Ucraina); l'Europa in verticale, attraversata con uno zaino leggero e utilizzando treni e autobus. Si legge tutto di un fiato, perdendosi nel ritmo claudicante del narratore che percorre 6000 km nel cuore pulsante dell'Europa per incontrare persone e attraversare frontiere.

"Europa era più Europa un secolo fa, quando mia nonna andava in treno in giornata da Trieste alla Transilvania”

"È stato un bagno di umanità questo viaggio a Est. Spesso mi è bastato dire "ciao" per essere sfamato e accolto come un re in casa di perfetti estranei. Nel mondo ortodosso la gente semplice non ha mai vissuto con derisione il mio sacco sulle spalle, e la mia barba bianca è stata spesso oggetto di commosso rispetto. Non sono stato io a fare il viaggio, ma le persone che ho incontrato."
 
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